Dalla Russia con antieroismo di Stefano Reggiani

Dalla Russia con antieroismo A Locarno l'atteso film di Guerman, regista «scomodo» di Leningrado Dalla Russia con antieroismo Realismo minimo in «Il mio amico Ivan Lapchin», ambientato negli Anni 30; costruzione del socialismo e scapigliatura, DAL NOSTRO INVIATO LOCARNO — Il nuovo disgelo del cinema sovietico è come il Tango de l'Unità? Vale perché rovescia t modelli di casa o perché va più in là. verso un autentico rinnovamento? Intanto l'era Gorbaciov ha permesso di rovesciare i ruoli dentro l'Unione dei cineasti; cacciato il primo segretario Kuliglanov. estromesso dal direttivo l'accademico e nepotista Bondarciuk (proprio mentre era a Cannes col suo «Boris»), silurato persino l'ottimo Mikhalkov che lo difendeva, eletto alla maggiore responsabilità Eleni Klimov. che per -Agonia- subì anni di quarantena. A Venezia, con i due film accolti in concorso, si capirà meglio il nuovo clima sovietico, si valuterà il nulla osta dato alla circolazione internazionale di opere prima boicottate. A Locarno si può cominciare a riflettere con un regista scomodo come Alexei Guerman (Leningrado. 48 anni) che ha portato al festival, proprio in chiusura, un frutto importante della sua filmografia «antieroica», l'atteso e personalissimo -Moi droug Ivan Lapchin-, Il mio amico Ivan Lapchin. Il realismo socialista imponeva di affrontare i grandi temi e gli anni cruciali con un didascalismo rigoroso che tenesse conto degli scopi polìtici, la «riduzione» di Guerman porta il realismo alla sua fase minima, al tu¬ multo casuale e vitale dove le idee sono bagliori di avventura o di puntiglio individuali. In «Ivan Lapchinsono gli Anni Trenta in una città portuale, costruzione del socialismo e scapigliatura, soldati e attori in giro di recite edificanti, orchestrine e delinquenza. Ivan Lapchin è il Pinkerton rosso, un commissario senza compromessi per cui l'opera di polizia è anche opera di pulizia, ma gli sta stretta e poco per volta lo spegne la dissipazione provinciale, con la malinconica bohème dei suoi compagni intellettuali, l'indifferenza della gente. Prenderà il bandito Solovev. cui dà la caccia, ma in un modo crudele e paesano, senza ombra di eroismo. Un amico vuol uccidersi (s'è appena parlato di Maiakowski), compaiono i primi tram col ritratto di Stalin e le bandierine: tutto è in bianco e nero, variamente virato, rifacendo il verso alle vecchie illustrazioni, al vecchio cinema, bellissimi colori sporchi solo all'inizio e alla fine, nel controcanto del presente. Tutti si sono dati da fare, ma è successo poco e il passato è divenuto più pallido, subdolamente patetico. Si riparlerà di -Ivan Lapchin-, forse già oggi in sede di premiazione. Bisogna dire che i buoni film si son raccolti in ultimo. ■ Lami;, dell'inglese Colin Gregg (il quarantenne regista di ..Remembrance») ha avuto la ventura d'essere ritrasmesso, il giorno stesso della presentazione, dalla tv svizzera e dalla terza rete Rai: un'amplificazione della platea che magari diventerà usuale per i festival e per certi film. Follia e generosità si mescolano in -Lamb- in un'ambiguità che guida gli eventi: 11 giovane padre Lamb fugge col suo pupillo dal riformatorio religioso, in polemica col cinismo del suo superiore, sa di aver perduto la fede. Ma è la tortura della fede perduta che lo porta all'omicidio sacrificale del suo piccolo amico malato, per condannarsi del tutto o per sperare 11 miracolo. E' una storia d'estremismo ed assolutezza irlandesi, e bisogna tenerne conto. Un turco di studi tedeschi, Tevfik Baser. 35 anni, è l'autore di «40 m2 Deutschland-, Quaranta metri quadrati di Germania, opera prima e scommessa riuscita di filmai-chiuso, claustrofobico soliloquio di immagini e rumori. Un lavoratore turco in Germania chiede alla moglie di raggiungerlo, le ha preparato una prigione di quaranta metri quadrati. Non è cattivo, solo geloso e spaventato dalla corruzione dei costumi tedeschi: ha deciso che la donna stia segregata in un appartamentino, quasi sotto il tetto di un palazzo di città, con l'unico sfogo di una finestra sul cortile. E' vero, una volta le dice: «Vestiti e usciamo-, ma la trova cosi bella e desiderabile, che richiude subito la porta. Forse, se restasse incinta... Lei ci resta e lui promette: «Se sarà un maschio, ti porterò fuori-. Ma quando l'uomo muore per un violento attacco epilettico, la donna sola, incinta e spaventata deve uscire nella città che non conosce. Parabola etnologica, parabola femminista; comunque si sta chiusi in due stanze arrendendosi alle emozioni, alla repugnanza della solitudine forzata. Stefano Reggiani Ina scena del «Mio amico Ivan Lapchin». in bianco e nero

Luoghi citati: Cannes, Germania, Leningrado, Locarno, Russia, Venezia