Mosca Beach, l'altra estate di Emanuele Novazio

Mescti Beoch, l'altra estate Scartati Baltico e Mar Nero (avere i visti è un'odissea) i cittadini «colonizzano» le rive della Moscova Mescti Beoch, l'altra estate Alla «spiaggia Puskin» sarebbe vietato entrare in acqua, visto l'inquinamento, ma i miliziani chiudono un occhio - Picnic in bikini, bagni di sole, un tuffo, poi serata al Parco Gorki, con sfide quiz per tutti - Viaggio nella giungla dei buoni-vacanza DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA — La «spiaggia» è uno stretto nastro d'acciottolato e asfalto: ripido, subito inghiottito dalle acque della Moscova. Alle spalle, una striscia d'erba, un po' più larga ma ancora un po' in pendenza; poi di nuovo asfalto e. dietro, prato: ombreggiato, questa volta, da pioppi giovani e da querce. Per arrivare alla .spiaggia Puskin.., come molti moscoviti chiamano questo tratto di lungofiume a pochi minuti di metrò dalla Piazza Rossa e dal Cremlino, bisogna scendere, a piedi, i ripidi sentieri delle colline Lenin, alle spalle dell'Università. Attraversare il bosco accanto al trampolino olimpionico (che molti ragazzi usano anche adesso, con gli sci da erba). Seguire il ponte della metropolitana, inoltrarsi per un ultimo sentiero che taglia il sottobosco e circonda lievi dune d'arbusti. Non è possibile smarrirsi, perdere la via della «spiaggia» : ogni sabato e domenica d'estate, finché c'è sole e l'aria è tiepida, sui sentieri che dalla sommità della collina scendono al fiume, con percorsi spesso intrecciati e sovrapposti, si snoda una processione ininterrotta. Famiglie intere, ragazzi a gruppi, gente che arriva sola sperando forse in qualche incontro. Nelle sacche di plastica o nel- le borse della spesa portano quel che serve per una giornata al sole: filoni di pane bianco, barattoli di cetrioli in composta, salame ungherese a fette, cartocci di formaggio morbido, bottiglie d'acqua o di Pepsi locale, più dolce e densa di quella originale. I due miliziani di guardia restano seduti, su una panchina all'inizio del bosco, a osservare chi arriva, ad aspettare improbabili richiami, un'occasione d'intervento; davanti a loro, nella baracca in legno del pronto soccorso, due infermiere in camice sonnecchiano. Aspettano anche loro, accanto a una lettiga. Gli uni e le altre non hanno molto da fare. Sulla «spiaggia», la gente è composta, ordinata, sta stesa al sole senza la protezione di creme abbronzanti, che qui scarseggiano, ma con giudizio. Ogni tanto arretra sul prato, all'ombra dei pioppi e delle querce; ogni tanto entra in acqua. Sono scomparsi da anni, ormai, i cartelli che spiegavano come bagnarsi (-Quando entri in acqua fermati, bagna un poco il petto, metti un fazzoletto in testa» e cosi via). Il decalogo del bagnante è stato sostituito da una sola prescrizione: vietato fare il bagno, per via dell'inquinamento e del traffico di barconi merci e battelli da turisti. Ma l'imperativo saprescenie, interdetto, proibito, qui come altrove lungo la Moscova o i laghetti tutto intorno alla capitale è ignorato senza imbarazzi. Il popolo sovietico è immerso nelle norme, accompagnato dappertutto da cartelli che consentono o più di frequente vietano, disciplinano e spronano. Ma il fitto sistema di regole è insidiato da una anarchia latente, da un'indifferente ostentazione di rilassatezza: nessuno si chiede mai perché una certa cosa è nielzà, è vietata; lo è e basta. Ma molti ignorano, semplicemente, il divieto. I miliziani all'ingresso della spiaggia, del resto, non intervengono mai; come fosse in vigore un patto tacito ma reciproco di «non aggressione»: i bagnanti stanno attenti alle barche in transito, soprattutto non entrano in acqua .poco sobri» (come vietano i cartelli a Serebrianny Bor. poco fuori Mosca, dove fare il bagno è permesso). E in cambio i miliziani chiudono un occhio. Il compromesso sembra funzionare: pare non siano mai successi incidenti, in questo tratto di fiume. Certo, di quell'igienismo un po' datato, ottocentesco — che altrove nell'Urss è rimasto una specie di cultura del socialismo — sulla «spiaggia Puskin» non c'è traccia. I moscoviti stesi l'uno accanto all'altro sulla striscia d'erba — costumi interi e bikini hanno sostituito da tempo la biancheria intima, come prendisole — o seduti a gruppi all'ombra dei pioppi, ricordano piuttosto le folle domenicali d'altri tempi, in una qualunque città fluviale del Nord Italia. Le sole differenze, for¬ se, sono il silenzio, o meglio il brusio cortese che si leva (le uniche voci un po' sonore vengono dallo spiazzo sul quale una ventina di ragazzi giocano a pallavolo). E il desiderio di caldo e sole, che s'intuisce forte e tenace, come solo un popolo abituato a inverni freddissimi e lunghi può avere. I bagnanti della «spiaggia Puskin» finiranno la giornata, forse, al parco Gorki: magari seduti in uno dei teatri all'aperto, a giocare al quiz dei numeri (vince chi ricorda, al presentatore, più film con uqpt•vnPrBsnap un numero nel titolo: «Ctquanta combattenti», .Urto per uno-, .Sette elementi», .11 trentaquattresimo rapido». • Domani è il tre aprile» e cosi via). Ma per molti, la corsa al riposo e alle vacanze continuerà l'indomani, qui o su una spiaggia uguale a questa. Perché lasciare Mosca, partire per una località di villeggiatura del Mar Nero o del Baltico (più alla moda, quest'ultimo) è arduo e macchinoso: significa avere accesso alla Putiovka, il lasciapassare per le vacanze di Stato, sov¬ venzionate e sorvegliate, negli alberghi, nelle case di riposo e nei convalescenziari dei sindacati e delle varie organizzazioni pubbliche. E fare i conti con i suol trabocchetti, i suoi regolamenti macchinosi, ì suoi discussi vantaggi. Come per ogni aspetto della vita organizzata, nell'Urss. sulle ferie (ventiquattro giorni l'anno), sulle vacanze e la Putiovka si spargono storie, si narrano episodi (li si tramanda da un'estate all'altra), che hanno la consistenza e il sapore del romanzo a puntate; o meglio ancora della fiaba sempre uguale e sempre diversa: perché sul nucleo «storico», autentico, si innestano varianti, versioni; episodi a mezzo, forse, tra la realtà e la fantasia che nasce dall'insoddisfazione e dall'insofferenza. C'è. ad esempio, la variante «famiglia». Ogni anno i giornali ricevono sacchi di lettere: gente che protesta perché il buono-vacanze distribuito in fabbrica (costa da quaranta a novanta rubli, tra le ottanta e le centottantamila lire, per tre settimane, a seconda del tipo di albergo o di casa di cura; il resto della spesa è a carico dei sindacati) è individuale e non cumularle. Accade perciò che alla moglie tocchi la Putiovka per un albergo di Soci, e al marito quella per un pensionato nel Caucaso. Nello stesso periodo, o in tempi anche lontani: fabbriche e uffici qui non chiudono mai, e i turni di ferie sono regolati da un temutissimo grafik. Inutili proteste e reclami, insegna la variante «priorità»: la precedenza, nella distribuzione dei buoni-vacanza, ce l'hanno i funzionari, gli invalidi, i lavoratori emeriti e quelli dalla salute cagionevole: sono loro a scegliere per primi il periodo e la località, dice la legge. Ma al primo posto, precisa la variante «pri vilegi», molto diffusa dal tam tam popolare, stanno i furbi. Quanti riescono sempre a partire d'estate, nelle settimane e nei posti migliori; e insieme al resto della famiglia. C'è infine la variante «qualità». Le Putiovka non sono tutte uguali, il riposo organizzato conosce, anche nell'Urss. graduatorie e sfumature che incidono pesantemente sull'esito della vacanza, e sono influenzate dal censo. I membri delle corporazioni (dai musicisti agli scrittori, dai giornalisti agli artisti di teatro), i grandi burocrati e i funzionari di rango, ad esempio, hanno diritto ad alberghi tutti per sé. di ottima qualità, e a spiagge riservate. Agli altri, toccano spesso sistemazioni più modeste. Il lasciapassare per la vacanza di Stato è tutto questo, un groviglio di ansie e di attese, di speranze (rinnovate ogni anno) e delusioni. E per chi vuol far da sé è anche peggio: i dikari, i «selvaggi» del riposo marino o montano individuale, hanno difficoltà alle volte insormontabili a trovare un albergo: spesso, scendendo dal treno o dall'aereo, affidano le loro speranze di relax ad affittacamere (autorizzate e non) che tirano sul prezzo, vantano la qualità della propria casa, ma sistemano magari cinque o sei persone insieme per cifre esose (fino ai dieci rubli il giorno: una famiglia di quattro persone ci lascia un paio di stipendi buoni). Un comico molto famoso a Mosca, Gennadi Khazanov ha grande successo con una storiella, in teatro: .Un ingegnere qualsiasi decide di passare le vacanze al mare. Telefona a una compagnia di viaggi e prenota un biglietto aereo; trova subito anche una stanza in un buon albergo con vista sul mare. La sera stessa gli arrivano a casa i biglietti e il buono che conferma la sua prenotazione» Ogni volta, in sala qualcuno grida a Gennadi: «JVon succede cosi, questa è una favola» E il comico si corregge: «Ho dimenticato una sola parola Dunque, ripeto: un ingegnere inglese...». Emanuele Novazio Mosca. La spiaggia in riva alla Moskova: la gente prende il sole e ogni tanto entra in acqua anche se è vietato fare il bagno

Persone citate: Gennadi Khazanov, Lenin, Puskin

Luoghi citati: Mosca, Nord Italia, Urss