I nuovissimi trovatori del rock di Furio Colombo

 / nuovissimi trovatori delrock USA, LA MUSICA PER GIOVANI E' LA PIÙ' VITALE FORMA DI CULTURA / nuovissimi trovatori delrock I /ultimo disco di Bob Dylan è stato una sorpresa, per la bellezza delle parole - Le ha scritte Sam Shepard, premio Pulitzer per la drammaturgia - Ora si discute se sia grande arte - Certamente la musica popolare sembra capace di tenere il filo di ciò che anima e tormenta la gente, mentre cinema, tv, la stessa università si sclerotizzano - Il caso esemplare di «Papa don't preach» NEW YORK — Parla di Martin Luther King, parla di Gandhi, in un momento in cui non verrebbe in mente a nessuno. Parla della Libia, un riferimento che non sembra di moda. La sua musica è spinta avanti dal ritmo che chiamano «segno vitale», un cuore che batte sema fatica. Ma melodia e canto si sfibrano da un genere all'altro, il suono «cajun» si fa strada fra reggae e «southern accenti., si sente la furia del jazz e l'esaltazione del gospel. Partiture che non esistono segnano il tempo di vita di una Nazione che non si identifica e non si conosce, ma è una parte importante d'America, la Nazione giovane. Lo spunto del discorso è Bob Dylan, che col suo ultimo disco, Knocked out loaded, ha sorpreso per la beilessa di alcuni testi e per la vitalità che c'è in tutta la musica di questo ragazzo di quarantatre anni. Qui il vecchio sodalizio Bob DylanSam Shepard è venuto allo scoperto. Il drammaturgo più celebrato d'America, che in passato si era unito quasi clandestinamente ai -tours» di Bob Dylan, adesso è autore del testo di una delle canzoni, Brownsville girl, e la t>oce di Dylan, la spinta «cardiaca» della sua musica, e poi la riflessione musicale della sua chitarra, fanno sorgere dalla pagina il testo, lo fanno venir fuori come uno strano messaggio che è quasi recital, quasi concerto, quasi teatro. E' cultura? La discussione si è accesa fra un gruppo di poeti a New York, una sera d'estate (John Ashbery, Kenneth Koeh, Alien Cinsberg, Arnold Weinstein). Il gruppo si è posto questa domanda: si può ancora dividere la cultura in •alta, bassa e media», come nei dibattiti che erano di moda ai tempi di Dwight McDonald tra gli Anni Cinquanta e la fine degli Anni Sessanta? Come definire la musica popolare giovane che sembra capace di tenere il filo di ciò che anima e tormenta la gente, di creare felicità e narrare desolazione, mentre il giornalismo non raggiunge la massa, la televisione sì esprime per frasi fatte e gli scienziati sono preoccupati di usare solo gerghi selezionati? Il problema è importante perché mancano ormai da tempo ricercatori sociali di questi fenomeni (se ne incontrava uno ogni due passi, ventanni fa) e anche perché lo stretto legame musicagente giovane spinge a leggere la sequenza a rovescio: musica giovane, dunque rozza e immatura. Ma, a confronto, l'irrilevante superficialità di ogni altro genere di comunicazione popolare è agghiacciante, tolto uno o due testi teatrali, uno o due teledrammi, uno o due romanzi, uno o due film ogni anno. Certo, stiamo parlando del dieci per cento della musica giovane, in un mare di volgarità e di rumore. Ma quel dieci per cento che va moltiplicato per decine di milioni di persone che ascoltando è il gruppo che conduce la corsa e segna il gusto della Nazione giovane. Riprendo in mano, con il mio gruppo di discussione, la copertina del disco Knocked out loaded di Bob Dylan. Vi è la lista delle persone che l'autore ringrazia, ed è un Chi è chi della prima fila creativa in America, da Jackson Browne a Tom Petty (forse, con Ry Cooder, la più straordinaria chitarra di questi anni) e Benmont Tench, Stan Lynch (erano, con Tom Petty, i leggendari «heartbreakers» di «southern accent»A da Kris Kristofferson ^«Country western», ma anche Rhodes Scholar) a Ron Wood, dei Rolling Stones. da Al Cooper a Harry Dean Stanton. In America oggi (e in parte minore in Inghilterra) un fermento di creatività, un nuovo modo di esprimere, si sta verificando in una fascia della musica popolare seguita soprattutto dai giovani. L'area è intensamente popolata di talento e questo è certo un segnale. Noi parliamo del grande cinema italiano degli Anni Sessanta perché c'erano, insieme, Rossellini e De Sica, Antonioni e Fellini, Rosi e Visconti. La forza creativa era di ciascuno ma la vitalità raggiungeva il pubblico come un grande fatto complessivo. Era «ii ci- nema». Adesso, in America, è •da musica«. Il problema, mi dice Kenneth Koch, non è di domandarsi quanto sia poeta Bob Dylan e se questa sua poesia sia o no inferiore alla poesia formalmente accettata dai critici e dalle scuole. La prima qualità di Bob Dylan sta nel legare le parole e le invenzioni sonore, il rapporto tra creazione e memoria, il districarsi fra gospel, jazz, o a o o a a e e i country, rock, boogie, in quel suo essere collezionista mai soddisfatto dei migliori talenti che lo circondano, con una ricerca ossessiva di altro e di meglio. La seconda qualità è di vivere, da leader e da avanguardia, in un mondo musicale che è straordinariamente ricco di vita e di idee, che si trasforma sempre, che si fa, di anno in anno, più raffinato e creativo. E' il periodo in cui le industrie irrigidite del cinema, della televisione e della cultura dì massa hanno espulso con decisione ogni sospetto di innovazione, le università hanno alzato mura altissime di specializzazione, le case editrici si sono lanciate nella corsa impossibile dietro il supposto gusto di massa. Diamo un'occhiata alla piccola folla di comprimari che in questo periodo circonda il mondo in cui Bob Dylan fa da avanguardia, tocca i giovani con la cuffia, i campioni di baseball in allenamento, i poeti come Koch e Ashbery, gli autori come Sam Shepard, C'è Sade, la giovanissima donna africana che da sola ha riportato il suono del jazz, nella sua versione più delicata, nel mainstream del rock popolare, e che con due soli dischi ha creato decine di milioni di seguaci fedeli. C'è il gruppo «Dire straits» che con Brothers in arms e Love over gold ha cambiato radicalmente la strumentazione del rock, spingendolo a un grado estremo di eleganza, ma restando al centro di un'immensa folla di giovanissimi. C'è Ry Cooder, un chitarrista della qualità di Segovia (lo ha detto Léonard Bernsteìn) che ha raccolto, con un uso delicato e raffinatissimo della chitarra elettrica e acustica, le voci del Sud-Ovest americano e riesce a trasformare qualcosa di infinitamente conosciuto, nostalgico, struggente, carico di evocazioni e di citazioni, in un suo nuovo racconto d'avventura, da Paris, Texas (è sua l'indimenticabile colonna sonora del film) a quest'ultimo Borderline. C'è David Lee Roth, che nei videoclips gli adulti giudicano con orrore a causa del suo gusto per il grottesco, che invece è musicalmente colto e accorto e sa come stare a un millimetro di distanza dal mondo distorto che rappresenta con l'intenzione di distruggerlo o almeno di denigrarlo. E' esplosa in America, con un furore che i giornali non raccontano in pieno, la battaglia anti-aborto, e io non trovo il riflesso di questo tormento in nessun racconto. Nessuna donna al cinema, in televisione, a teatro nell'ultimo anno ha vissuto il dramma del decidere se abortire. Madonna, la popolarissima Madonna che è forse la meno colta, la meno innovatrice del gruppo di punta, ha inserito nel suo ultimo disco una ballata, Papa don't preach. dialogo di un'adolescente incinta col padre, che ha sconvolto l'America giovane e attratto più attenzione di valanghe di dibattiti e articoli. Bonnie Raitt ha occupato con notevole autorità il posto lascialo vuoto per la voce femminile, e il genere fra rock e folk, da Joan Baez, Judy Collins, Carly Simon. E Suzanne Vega. fredda, intellettuale, fresca di memorie universitarie, fa da ponte verso lo sperimentalismo di frontiera, ai limiti de'.'.a musica popolare, di Laurie Anderson. Poi. sempre in prima fila, ci sono Pat Metheny e Bob James, che stanno aprendo, nel gusto di rnassa, un passaggio lungo il quale il jazz e il rock, con la chitarra di Metheny e il sassofono di James, si incontrano e generano un ramo nuovo della musica popolare americana. Non bisogna dimenticare, mi ricorda Arnold Weinstein, che in questo Paese il più colto e il più celebre fra i direttori d'orchestra, Léonard Bernsteìn, ha scritto il più popolare dei musical. West Side Story. Non bisogna dimenticare, mi ricorda Kenneth Koch, che i poeti popolari d'America erano, venfanni fa. William Carlos Williams e Cari Sandburg, poeti impastati della loro terra, dei suoni, degli echi e dei gerghi della lingua parlata, a cui sapevano far fare il salto dal luogo comune alla poesia. Non bisogna dimenticare, racconta Alien Ginsberg, che quando lui e Ferlinghetti e Gregory Corso viaggiavano per il Paese, nomadi e sema bagagli, proprio come suonatori di jazz, e si fermavano a leggere poesie nei «coffee shops» e nei ristoranti, «c'era sempre quest'ansia di creare musica, o di avere musica intorno». Bob Dylan ha raccontato che era nell'angolo di un caffè di Minneapolis, la sua chitarra sulle spalle, ad ascoltare Ferlingìietti. Corso e Alien Gin¬ sberg, il giorno in cui si era messo in viaggio per scappare da casa e quel caffè era la sua prima tappa. Lo facevano dormire nel retro e lui in cambio suonava per attirare clienti. Le sere buone arrivavano i poeti e leggevano i loro testi. Questo «leggere i testi- è restato nella musica trobadoristica di Bob Dylan. Ma dentro gli è esplosa una musica che genera continuamente altra musica, che accoglie altri generi e ne produce di nuovi, in un duello sema tregua. La musica popolare giovane. carica di talento e circondata di folle grandissime, è un fenomeno nuovo della vita sociale americana che sta scardinando le divisioni che esistevano prima, le illusioni sulla classificazione dei generi. L'aggancio che sta avvenendo fra Sam Shepard, forse il miglior narratore con temporamo, secondo il giudizio della critica ^regolare-, e Bob Dylan. certo il più bravo degli autori di musica popolare in America, è forse il segnale di questo trasferimento di forze e talenti da un campo all'altro. E' la musica popolare che infetta lo stile di scrittura di giovani come Mclnerney (e a momenti di David Leavitt) e non il contrario. Persino i deserti di Sam Sliepard sono coetanei della chitarra di Ry Cooder e delle ballate di Bob Dylan, ma non le hanno generate. La musica popolare in passato era un genere affettuoso e secondario che faceva il verso alla poesia per piacere alla gente e far provare a tanti un senso di armonie, parente lontana di letteratura e musica colta. Adesso è un genere trainante che assorbe i talenti, contamina il visivo (quale film ormai non ha un «taglio rock», un ritmo «country», una sequema «alla Sade»./, cambia i media (un buon documentario televisivo è tutto scandito e sorretto dalla musica popolare), invade il cuore del genere più parlato, il teatro. I testi di Povod fCuba e il suo cucciolo;, di Mamet fGlengarry Glen Ross;, di David Rabe fStreamers;, di Di Fusco fTracersJ sono profondamente segnati dal linguaggio e dal ritmo della musica rock, fino alla gestualità degli attori. C'è il genere Judith Kranz nella musica popolare? Certo che c'è. Sta in qualche punto fra Julio Iglesias e Tony Bennet. Ma il fenomeno unico e strano è che la folla giovane prontamente si sposta verso i migliori, verso i più colti e i più creativi. Accadeva una volta nella letteratura. Accadei>a nel cinema Adesso, in America, la cultura popolare è la musica. Furio Colombo Boh Dylan (qui con Tom Petty, a sin.) all'apertura della sua prima «tournée» in America dal I9S1 Sam Shepard, oggi forse lo scrittore più celebrato d'America