Il terribile virus dell'automobilista di Ezio Minetto
Il terribile virus dell'automobilista Una malattia contagiosa che non risparmia nessuno, e fa molte vittime Il terribile virus dell'automobilista Sono già 644 i morti — per non parlare dei dodicimila e più feriti — sulle nostre vie delle vacanze, solo tra metà luglio e i primi d'agosto. Anche se, Dio volendo, ferragosto non aggiungesse altre vittime, saremmo al punto che si muore più di incidenti, in un mese di esodo estivo, sulle strade italiane, che di Aids, in un quadrimestre, in tutto il mondo. Che cosa non pretenderemmo, a gran voce, in cure e prevenzioni e vaccini, se Invece di scontri frontali in velocità, si trattasse di malattia epidemica? In effetti è malattia, quella da virus stradale — strana, illogica e assurda se considerata a freddo — subito eccitatoria e contagiosa quando c'è asfalto da bruciare in fretta, in nome di una vacanza che è nostra e quindi chiede precedenza su tutto. E' virus che ci lavora dentro, quando, tutti insieme come tanti crociati — ciascuno nella sua armatura di lamiera — ci buttiamo, appena dato il via, nella gran rete del carosello; e non importa se — tra vetture, vetturette, moto di grossa cilindrata e «bisonti» di enorme e infrenabile tonnellaggio — la tenzone è visibilmente sproporzionata. E' vacanza e «Rombo» abbassa la celata e innesta la marcia. I prodromi dell'ebbrezza da virus stradale — con produzione di tante «cateco- lamine d'allarme» da far saltare il cuore in gola e la rabbia più pallida in corpo — cominciano subito, già agli ultimi semafori fuori città: l'angoscia del «serpente rosso», la stizza per gli altri — evidentemente daltonici — che fanno del giallo e del rosso un tutt'uno col verde, l'ira viscerale per quelli del più indifferente e derisorio sorpasso a destra. E' contagioso, il virus: e in un quarto d'ora hai già la febbre addosso. A vederle di fuori, alla partenza, son tutte facce normali e controllate che sembrati di famiglia: ma è subito dopo che le cose e le facce si stravolgono, che lo zelo è subito antagonismo, che per un nonnulla vien fuori — a suon di trombe e sterzate e Intere famiglie che, per linguaggio inter-auto, adoperano dita e braccia — l'atavico odio per la carovana degli altri. Gli altri che vanno più forte o più piano; gli altri perché ti guardano o nemmeno ti guardano; gli altri — sicuramente diversi da te — tutti col trucco, la bravata o con l'occhio solo alla malizia. Uno per uno siamo tutti nostalgici, forse, a parole, dell'antico fair play dei gentiluomini della strada (quelli che si fermavano se ti vedevano in «panne»): ma nessuno che rinunci alla sua protervia: e se tu ci provi, ti guardano come un arteriosclerotico. Come va a finire questo spasimo? Ad aggiunger complicazioni c'è poi il caldo, lo spazio angusto, i nonni e i figli e le cose; e le sigarette ad ogni illusione-delusione stradale; e quel tanto di vino in più ai pasti che — assieme all'ossido di carbonio — va alla testa. Siamo partiti, già stanchi ma col sorriso, poche ore prima e subito ci troviamo in malattia — fisica, psicologica e persino un po' tossicologica — da «casello», da «gallerìa» o da » ingorgo, o da cumuli di «ingiustizie» Sono un'enormità, solo tra fine luglio e i primi d'agosto. I quattordicimila e più incidenti stradali, con dodicimila e più feriti e 557 morti (tra cui 67 ds. scontri con 1 Tir). Penalità, repressione e propaganda dell'ultimo minuto non sono mai minimamente serviti. E se provassimo tutti Insieme — un po' alla Walt Disney — a guardare la nostra vacanziera frenesia stradale con quel gran bel farmaco (raro) che è il senso dell'umorismo? Oppure a immaginare di servirci di quei giudici inglesi che. i più «malati», te li mandano una settimana a far da tremebondi osservatori in un qualunque pronto soccorso, a veder di persona come ci si può malamente ridurre? O come i giapponesi, che hanno persino inventato un carcere per la mentale e tecnica riabilitazione degli psicopatici da strada? Ezio Minetto
Persone citate: Walt Disney
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