Otto Dix, splendente pennello dell'horror

Otto Dix, splendente pennello dell'horror GENOVA: DUECENTO OPERE DELL'ESPRESSIONISTA TEDESCO A VILLA CROCE Otto Dix, splendente pennello dell'horror La rassegna è anche una pagina di storia: l'implacabile persecuzione dei nazisti contro ."«arte degenerata» GENOVA — E' difficile immaginare un più significativo e sconvolgente contrasto di quello che scaturisce dall'incontro fra le bianche, placide delizie borghesi ottocentesche di Villa Croce, immersa da una parte nel grande parco alberato e roseto fra gli isolati altrettanto solidi e placidi di uno dei quartieri bene di Genova, alta dall'altra sulla Piera del Mare e sull'estremità del porto, e l'incubo colorato e ghignante, «giudeo-bolscevico., dei 41 olii, 96 acquerelli e disegni (più una cinquantina di fogli grafici) di Otto Dix (fino al 14 settembre; catalogo dell'ormai ben collaudata ditta Mazzotta-Sabarsky). Che poi il tedeschissimo Dix, nato nel 1891 nel cuore dell'Impero di Guglielmo n, in Turingia, mitragliere volontario nella prima guerra mondiale, già professore accademico nel 1922 (a Dusseldorf; poi a Dresda, fino alla cacciata da parte dei nazisti nel 1933; poco dopo il presidente nazista della Sassonia, von Killlnger, scriveva a margine della sua pratica: «E' ancora vivo il porco?»), non fosse né ebreo né bolscevico, poco importava ai teorizzatori dell'«arte degenerata». Importava da un lato che egli fosse il raffiguratore a li vello mostruoso del soldato tedesco come «assassino» o «vittima incosciente-, in modo che «il popolo fosse di stolto dal rispetto profondamente radicato nei confronti della virtù, valore, coraggio, prontezza morale dello spirito militare-: sono parole della guida popolare e didattica alla mostra «Arte degenerata», inaugurata a Monaco il 19 luglio 1937 alla presenza di Hitler e Goebbels, riferite alla sezione («Sabotaggio di guerra-) in cui Dix aveva un «posto d'onore-. E importava dall'altro che lo stesso Dix, come Grosz, come Bcckmann, fosse specchio fedele ed esponente del «meticciato- che «avanzava la pretesa di rappresentare i suol parti bastardi, generati dalla sifilide dello spirito e dall'infantilismo pittorico, come espressione dell'anima-; e che in tal modo illustrava «l'imbastardimento cadaverico di una Berlino divenuta siriaca (giudaica)-. Questa volta sono parole del Grande Inquisitore della razza, Rosenberg (Il mito del XX secolo, 1930), che prosegue: -Noi individuiamo il bolscevismo culturale, assieme alla subumanità della Kollivitz, di Zille, di Barlach, di Nolde, Schmidt-Rottluff, Ciiagall, nel nichilismo di Dix, Hofer e Grosz-. La coppia Dlx-Grosz (In realtà abbastanza difforme, al di sotto delle analogie tematiche) fu protagonista nella stagione d'inferno Iniziata con la mostra monacense, proseguita con il rogo, nel marzo 1939 nella caserma centrale dei pompieri a Berlino, di 1004 quadri e 3825 disegni e incisioni, e terminata il 30 giugno 1939 con l'asta al Grand Hotel National di Lucerna, che impinguò di capo¬ lavori «degenerati- collezioni pubbliche e private europee e americane e di valuta pregiata le fabbriche d'armi tedesche. Le loro opere espulse dalle collezioni pubbliche tedesche (260 Dix, 285 Grosz) non raggiunsero — ma semplicemente per più giovane età e minore presenza — i tetri primati di Nolde (1052), della prima generazione espressionista, Heckel, Kirchner, Schmidt-Rottluff (6/100 per ciascuno), di Beckmann (509): certamente però rappresentarono al meglio per i nazisti il vertice della «congiura, (fra artisti, critici, mercanti, direttori di pubbliche raccolte tedesche dopo il 1918) per inquinare e pervertire, moralmente, fisicamente, politicamente la nobile purezza ariana della razza tedesca. La «congiura giudaica» del «bolscevismo culturale-. Bellezza fisica (virile nell'uomo, feconda nella donna) e morale (l'eroe in guerra) come prova visibile della purezza razziale. Donde la caccia e il rogo per lo stregone pittorico della deformità e della vecchiaia come esibizione oscena, dell'assassinio urbano come macello sessuale, dell'«intero mondo come unico grande bordello- (è l'apposita sezione 5 della mostra del 1937; ancora una volta Dix, Grosz, Beckmann protagonisti), della trincea come impasto di rottami, viscere, scheletri e spettri. E certo le immagini di Dix e Grosz (un'accoppiata divulgata in Italia lungo gli Anni 50 sull'onda di un'altra accoppiata, Brecht-Strehler) contengono e sono tutto questo. Donde appunto, e certamente, il particolare imbestlamento dei nazisti nei loro confronti, in quanto pubblico specchio profetico delle loro, dei nazisti, deformità e subumanità interiori, delle loro eccitazioni e droghe e follie di potere sterminatore e schiavizzante. Occorre distinguere e scindere l'accoppiata. Di fronte alla fredda, logica, chirurgica secchezza delle origini cubodadaiste di Grosz, prima grafico e poi pittore, prima politico e poi moralista, e molto più coinvolgente, eccitato ed eccitante l'espressionismo originario di Dix, la sua inquietante fiducia nella materia pittorica di base. Questa è cupamente magmatica nella fase originaria 1910-14, che è l'indubbia rivelazione della mostra genovese, anche come chiaro modello di molti «selvaggi» tedeschi attuali. Diventa suggerimento in bianco-nero-bruno (o in colori «sporchi» a fini di disarticolazione plastica, fra Boccioni e 1 cubofuturisti slavi e russi) nella sperimentazione prevalentemente grafica degli anni di guerra, cui è dedicata una sala, fitta e violentissima. Si distende nei «giochi» autenticamente rr.orbosi (morbidi, anche) della fase centrale e più nota, fra determinazione lineare, goticocontemporanea, dell'orrido, dell'animalesco, e preziosità di effusioni e vibrazioni cromatiche, culminante in uno dei quadri più sublimemente «mostruosi» della tradizione contemporanea, la Sdraiata su pelle di leopardo dalla statunitense Cornell University. Uso volutamente il termine di tradizione. Dopo aver dibattuto alla pari con tutte le ricche proposte espressloniste e post-espressioniste della Germania prima che essa esprimesse dalle sue viscere la Gran Bestia hitleriana e i suoi roghi, da Koltoschka alla «Nuova Oggettività», Dix sceglie una sua personale rivisitazione della grande arte tedesca del primo '500. Scomparse durante il Nazismo le grandi «pale», espressionisticamente laiche.' dedicate al martirio del fante in guerra nell'esplicito ricordo di Grtlnewald (lo «psicopatico» Grtlnewald secondo i nazisti), qui a Genova si possono contemplare fra ammirazione e brivido le due immagini, di chirurgica nettezza dllreriana e di splendente colore gotico, del figlio Ursus appena nato. Marco Rosei