Ghirlande di ortiche per il delfino di Igor Man

Ghirlande di ortiche perii delfino IN TUNISIA ORIENTE E OCCIDENTE S'INCONTRANO E SI SCONTRANO Ghirlande di ortiche perii delfino E' il generale Ben Ali, ministro dell'Interno: eminenza grigia (con Saida, nipote di Burghiba) a Tunisi -1 libici hanno messo una taglia sulla sua testa, gli integralisti lo vogliono morto, gli oppositori lo chiamano «un computer su uno schiacciasassi» - Ma controlla con pugno di ferro i potenziali focolai di rivolta, università e moschea - E Burghiba sembra non poter fare a meno di lui DAL NOSTRO INVIATO TUNI8I — I «salotti, di Trinisi non somigliano certo al manzoniano Condorcet e nemmeno a quello di Marta Marsotto; perloppiii ci si annoia ma le ville che li ospitano, soprattutto a Cartagine e a La Marsa, sono architettonicamente garbate e il patio offre impagabile frescura. I tunisini hanno uno spiccato senso dell'umorismo e le loro storielle fotografano, tutto sommato, la realtà della cosiddetta «Tunisia dei paradossi, che, a furia di accumulare contraddizioni, è diventata la patria delle incertezze. Un diplomatico iberico racconta, suscitando sorrisi e ammiccamenti, che in questi ultimi tempi i tunisini amano divertirsi con un giuoco di parole legato ai convenevoli d'uso. Al mattino dicono «Naharak, Zine» (Buongiorno, Zine) e quand'è buio si congedano dicendo «Liltek, Salda. (Buonanotte, Saida), per riferirsi, spiega il diplomatico, alla situazione del paese in genere e al Palazzo, in particolare. Zine è il generale Zine El Abidine Ben Ali (cinquantanni il prossimo 3 settembre), ministro dell'Interno dal 28 aprile. Saida, Saida Sassi, è la nipote del presidente Burghiba, una animosa signora non più nel fiore degli anni e tuttavia piacente. Da quando, in aprile, la seconda moglie del «Combattente supremo', Wasilla Bent Mohammed Ben Ammar, è stata costretta a trasferirsi negli Stati Uniti dove, lunedi scorso, l'ha raggiunta il .ripudio. dell'illustre marito (il divorzio sancisce la colpa di lei), questa premurosa nipote s'è assunta il ruolo, invero spinoso, di Majda. ossia la gloriosa primadonna della Repubblica. Burghiba occupa il Palazzo da oltre mezzo secofo, deciso a rimanervi ad oltranza a dispetto dei suoi 83 anni, del resto portati assai bene. Con marcata ironia, al termine del dodicesimo congresso del psd (partito socialista destouriano), il 22 giugno, il Combattente supremo ha detto a un suo amico: «Questa storia del dopoBurghiba... son quindici anni che ne sento parlare, mi piacerebbe proprio sapere di cosa si tratta.. Il quotidiano L'Action, organo del psd, pubblica diligentemente ogni mattina una bella fotografia di Burghiba, seduto al suo tavolo di lavoro, mentre impartisce precise direttive ai suoi più stretti collaboratori. Meno di un mese fa costoro erano il primo ministro Mzali e Burghiba junior, Bibi per gli amici, figlio di primo letto del presidente, e Mansur Skhiri, ministro-direttore del Gabinetto presidenziale. Adesso sono Skhiri, il nuovo primo ministro Rachid Sfar e il generale Ben Ali. Tecnocrate Nei «salotti» si dicono convinti che Rachid Sfar, nominato primo ministro l'S luglio contestualmente al rude sfratto di Mzali, sia un uomo di transizione. Questo tecnocrate rigoroso, onesto, freddo e distaccato come un dignitario inglese, capelli grigi, occhiali cerchiati di metallo, è il figlio unico d'un protagonista della Tunisia moderna: Tahar Sfar, fondatore, con Burghiba, del Neo-Destour da cui nacque il psd. Ha fatto bene all'Industria e alle Finanze e ora dovrebbe rimettere in sesto la sfasciata economia tunisina ma in fretta: a novembre Burghiba vuole andare alle elezioni legislative con almeno il bilancio in ordine e meno disoccupati in giro. Tutti, ovviamente, si augurano che Sfar riesca nella difficile impresa, in ogni caso: «A 53 anni Rachid sarà quel che vorrà Burghiba, niente affatto disposto a regnare, più che mai deciso a governare». Sicché gli occhi della gente e degli osservatori stranieri sono puntati sul generale Ben Ali. In un paese in cui gli uomini politici si definiscono in rapporto al clan al quale appartengono, osserva Jeune Afrique, Ben Ali figura come* un* cavaliere solitario entrato nella camera dei bottoni per una via finora insolita: l'esercito. All'alba dell'indipendenza, Burghiba aveva affermato: «Il posto dei militari è in caserma, debbono ubbidire non fare politica». Il golpe tentato contro il presidente nel 1962, nel quale erano implicati non pochi ufficiali, non ìia certo modificato il pensiero di Burghiba, epperò tutte le regole non sfuggono all'eccezione. Si vuole che i libici abbiano messo sulla testa di Ben Ali una taglia di due milioni dì dollari. Gli integralisti islamici han giurato di eliminarlo, gli uomini dell'opposizione laica «intrecciano per lui ghirlande di ortiche», i suoi colleghi lo temono. Al contrario, Burghiba, che lo riceve ogni mattina alle 8,30, sembra non poter fare a meno di quest'uomo schivo, che non concede interviste, che ha trasformato la sede del suo ministero in un bunker dove lavora diciotto ore filate al giorno. A Saint-Cyr Sposato, tre figli, non pratica sport alcuno, ha un solo hobby: l'elettronica. Primo del suo corso a Saint-Cyr, già addetto militare a Rabat e a Varsavia, in buoni rapporti con la Cia, implacabile direttore per lunghi anni della Sùreté (stroncò in cinque ore i moti sanguinosi del 26 gennaio 1976), ora ch'è ministro dell'Interno cura le cariche di capo della Polizia e della Guardia nazionale, continua a dirigere la Sa¬ rete. Non esistono, pertanto, diaframmi tra di lui e il presidente: «Ben Ali espone, suggerisce, ispira. Burghiba decide. Ben Ali esegue». / problemi non mancano: l'integralismo islamico, l'università, l'opposizione, i sindacati... Ma su ogni dossier il generale ha idee ben precise; ad esempio: non è moltiplicando le moschee e intensificando l'insegnamento religioso che si può pensare di contenere il dilagare dei fondamentalisti. Occorre isolarli senza misericordia. Per contro, mano leggera con gli oppositori laici. L'università? Anche qui pugno di ferro: un posto di polizia in ogni facoltà e quando, come è accaduto il 21 e il 22 aprile, gli studenti scendono in piazza per protestare contro il bombardamento americano su Tripoli, calci nel sedere, arresti, rinvìi a giudizio. «Prevenire» ecco il motto dell'implacabile generale Ben Ali; di conseguenza il ritiro del passaporto ed estenuanti interrogatori di persone «sospette- son diventati routine. «E' un computer montato su di uno schiacciasassi», dicono di lui nei «salotti-, «Non riflette, agisce». Giudizio, quest'ultimo, forse troppo riduttivo al pari di quello che lo vuole «l'edificatore di uno Stato di polizia secondo il modulo sudamericano». Senz'altro è un duro che ha fatto del ministero dell'Interno e della Pubblica sicurezza un meccanismo senza eguali in Africa e in Medio Oriente ma, paradossalmente, Ben Ali è antimilitarista e, pur rispettando gli americani, non ama vederli mischiarsi, col pretesto della cooperazione tecnica, negli affari del suo paese. Memoria di ferro, capace di digerire sei dossier smiultaneamente, padrone dell'arabo, dell'inglese e del francese, i suoi nemici lo accusano d'essere manicheo, rosso, tuttavia riconoscono ch'egli non è un meschino. Sempre Jeune Afrique scrive che Burghiba per la prima volta nella sua vita ha a che fare con un ministro dell'Interno «niente affatto politico, più o meno integrato in un clan con il quale bisogna fare i conti ovvero manovrare, bensì con un soldato — o ex soldato? — che parla senza circonlocuzioni, impermeabile alle dimensioni psicologiche del problema. E' un fatto nuovo e funziona». Non fosse altro perché i problemi economici, sociali e politici della Tunisia non sono mai stati così gravi e il loro ingigantirsi rischia di mettere in pericolo il regime; e Burghiba lo sa. Sia come che sia, la parabola di Zine EI Abidine Ben Ali appare destinata a confondersi con quella del regime e, forse, con quella della Tunisia stessa. Dice il Corano che «ogni uomo, ogni paese ha il suo giorno. Quando il momento sarà venuto, nessuno potrà sfuggire al suo destino». Un braccio di mare, ha scritto Nigrizia, separa le coste tunisine dalla Sicilia. E Palermo è geograficamente più vicina a Tunisi die a Roma. «Ma se la Tunisia è cosi vicina, al tempo stesso è tanto lontana». Nonostante la sua vocazione mediterranea, rimane in fatto una terra africana e araba dove Cartesio e l'Islam si incontrano ma potrebbero anche scontrarsi. Irreparabilmente. Igor Man (Fine - I precedenti servizi sulla Tunisia sono stati pubblicati il 6 e il 12 agosto). Burghiba a una festa di donne musulmane, con la moglie Wasilla (a sinistra) ora «ripudiata», allora prima signora della Repubblica