Dietrofront della Libia Non usciamo dalla Fiat

Dietrofront della Libia Non «sciamo dalla Fiat Dietrofront della Libia Non «sciamo dalla Fiat L'ambasciatore di Trìpoli a Roma: «Potremmo anche aumentare la nostra quota» Allora, ambasciatore, lasciate la Fiat? .Nessuna uscita dalla Fiat. Ansi se ci fosse la possibilità saremmo disponibili ad accrescere ancora la nostra quota, fino al 20%*. Abdurrahman Shalgam, ambasciatore della Jamahiriya libica a Roma, si è affrettato ieri a smentire l'eventualità di una uscita della Lafico (la finanziaria libica per gli investimenti all'estero) dal capitale Fiat. -La nostra posizione — ha continuato Shalgam — è molto chiara: il primo agosto abbiamo pagato 95 milioni di dollari per coprire la nostra quota nell'ultimo aumento di capitale della società torinese. Non è certo un segnale che indichi la volontà di vendere-. Ma le dichiarazioni dell'altro ieri a un'agenzia di Mohammed Shetewi Naas. direttore dell'ufficio romano della Lafico. che sembravano indicare una volontà ben diversa? -Io ho solo sottolineato — replica Naas — che se è vero che la famiglia Agnelli si è sempre detta disposta ad acquistare la quota libica in caso di vendita, la Lafico non ha mai ricevuto un'offerta di acquisto concreta. Non ho mai detto che la Lafico sia disposta a vendere la quota Fiat né ho mai parlato di problemi di prezzo delle azioni-. Insomma, dicono i libici, Naas è stato frainteso dal giornalista. L'agenzia, però, insiste nella sua versione. Il confronto estivo tra libici e italiani in materia di crediti, insomma, si arricchisce anche di un episodio giallo che ha certo movimentato la vigilia del primo confronto giudiziario (in programma, su iniziativa delle banche italiane colpite dall'ordinanza del magistrato, stamane alla pretura di Milano) sul sequestro giudiziario dei conti correnti delle banche di Tripoli in Ita lia. Al di là delle valutazioni resta da sottolineare che la La fico, finanziaria statale (mentre secondo lambasciatore le banche e le aziende libiche avrebbero poco da spartire con il governo) è tornata a ribadire la linea più volte confermata: non c'è alcuna volontà di cedere la partecipazione libica nella Fiat. E' questa la realtà, insomma, con cui si deve confrontare la Borsa che ieri, frettolosamente, aveva puntato su un divorzio a tempi ravvicinati tra la Fiat e la finanziaria di Gheddafi. Dall'Ifi e dalla Fiat, intanto, non sono giunte reazioni ufficiali. La situazione, del resto, è quella nota: Tifi dispone (come ha dichiarato il 5 aprile scorso l'amministratore delegato Gianluigi Gabetti) di un diritto di prelazione in caso di cessione delle azioni in mano alla Lafico. Anzi, aggiunse Gabetti in quell'occasione, l'If i. se la Lafico decidesse di uscire dalla Fiat, «potrebbe esercitare l'opzione alle condizioni già concordate-. Accantonato (almeno per il momento) il capitolo Fiat, resta la delicata questione dei debiti libici nei confronti delle aziende italiane, definita dall'ambasciatore «quasi insignificante-, -Mettiamo pure — afferma Shalgam — che i debiti della Libia ammontino a 500 milioni di dollari, ovvero a 700 miliardi di lire circa. Questa cifra è del tutto fisiologica nel quadro dell'interscambio tra Italia e Libia'. Va rilevato che, da parte italiana, si fa una valutazione un po' maggiore dei debiti di Tripoli (circa 800 milioni di dollari) e che, soprattutto per molte medie e piccole aziende, l'insolvenza libica appare tutt'altro che insignificante. • Afa ci sono — ribatte Shalgam — anche ditte italiane debitrici nei confronti della Libia-. L'ambasciatore, poi, ribadisce il giudizio ufficiale di fronte al sequestro conservativo disposto dalla magistratura italiana a vantaggio dell'imprenditore lombardo Sergio Buzzi per un importo di sette miliardi di lire. -Si tratta — sottolinea senza dubbi — di una montatura politica contro il governo di Tripoli-. Del resto, i legami tra l'Italia e Tripoli restano assai stretti. «Do febbraio a luglio — ricorda l'ambasciatore — le aziende libiche hanno rimborsato ben 120 milioni di dollari di debiti nei confronti delle aziende italiane. E' un po' strano che improvvisamente ad agosto tutti scoprano di avere crediti con noi. Ma ogni settimana arrivano a Roma i soldi delle aziende libiche. Per cercare di ristabilire i termini della vicenda sto anzi cercando di stilare una mappa delle aziende italiane e sono molte che sono state già saldate-. Infine, l'appello alla buona volontà: -Passato questo momento di crisi i rapporti di scambio economici e commerciali proseguiranno proficuamente. In Libia vogliamo an cora investire se troveremo progetti validi e interessantU Intanto, per valutare l'importanza dell'Italia per la Libia basti questo dato: nel secondo trimestre '86 il nostro Paese ha assorbito da Tripoli 400 mi^a barili di petrolio al giorno;; Ugo Bertone La grande corsa in Piazza Affari 15000 QUOTAZIONI IN LIRE , Gen. Feb. Mar. Apr. Mag. Giù. Lug. Ago. 1986 Salgono gli utili, cadono i debiti MILIARDI 10000 1981 1982 19B3 1984 1985 1982 1983 1984 1985