Per Ray Lovelock è già Natale di Simonetta Robiony

Per Rqy Lovelock è già Natale Parla il protagonista di «Mino», che andrà in onda il 25 dicembre in 4 Paesi Per Rqy Lovelock è già Natale Tratto dal «Piccolo alpino» di Gotta, il film sarà sul video in Italia, Germania, Austria e Svizzera in contemporanea L'attore è il padre del bimbo travolto da una valanga, impersonato da Guido Cella - La Piccolo e Cosso nel cast ROMA — Tra una pausa e l'altra del film che sta girando in questi mesi, Ray Lovelock si riposa a Roma. Maggio e giugno li ha passati sul set di Mino, il film per la televisione di Gianfranco Albano tratto dal romanzo di Salvator Gotta II piccolo alpino, in luglio è stato a casa sua, a Roma, ora è di nuovo sul set per completare le scene che lo riguardano. Nato come una coproduzione tra la televisione italiana e quella tedesca, Mino sarà proiettato a Natale contemporaneamente in Germania, Austria, Svizzera tedesca, Italia, destinato a un pubblico di famiglie anche se l'Italia, per esempio, ha scelto la programmazione serale mentre la Germania quella pomeridiana. Ray Lovelock, nel film, è il padre di Mino, un uomo dolorosamente provato dalla vita. La prima guerra mondiale, con il suo carico di inutili, poveri morti, gli ha tolto ogni illusione di speranza; suo figlio, trascinato via da una valanga, sembra essere scomparso nel nulla, tanto da far supporre che sia morto; sua moglie, per la quale il dolore è stato troppo forte, si è rifugiata nella follia. Un personaggio drammatico, quindi. Ray Lovelock sostiene che. per interpretarlo più che all'introspezione, ha dovuto far ricorso al mestiere. «Sono soprattutto scene d'azione le mie, scene in cui avvengono fatti e si vedono cose. Solo alla fine nell'ultimo incontro tra il figlio e il padre ho dovuto mostrare, non soltanto nelle parole, che dentro di me ero cambiato. Io ero un uomo vinto dalla vita, mio figlio era un ragazzo maturato in fretta: né io né lui potevamo dire di essere ancora gli stessi». A fianco di Ray Lovelock la coproduzione italo-tedesca ha voluto Ottavia Piccolo nel ruolo della madre e Pierre Cosso in quello del contrabbandiere che salva la vita al bambino. Ma il protagonista assoluto di questo film di quasi sei ore è Guido Cella, un ragazzino milanese scelto dal regista tra quattrocento aspiranti piccoli attori che non ha però alcuna intenzione di continuare in questa carriera. Il piccolo alpino di Gotta ha la fama di romanzo lacrimoso e antiquato, un libro che le giovani generazioni ignorano e che quindi assai difficilmente avrebbe potuto trasformarsi in un film tele- visivo, popolare. «Invece — dice Ray Love lock — credo che il regista Albano ne abbia fatto una storia capace di rivolgersi anche al pubblico di oggi. La storia di una generazione sconfitta da eventi troppo grandi, una generazione che comincia a capire come la guerra sia la più. grande stupidità inventata dagli uomini». Proprio per dare al film una sua consistenza formalmente ineccepibile, Albano ha voluto che nelle riprese lo assistesse il colonnello Giancarlo Sperindè, un militare degli alpini che ha messo a disposizione della troupe la sua esperienza personale e i suoi soldati di leva che, in questo caso, hanno lavorato come supporto indispensabile nelle scene di massa. «La mia impressione è che anche se. a differenza di quanto è avvenuto per A voi to coperto, il progetto non è nato da un'idea di Albano Silvana Buzzo e mia, il film dovrebbe averne la stessa com pattezza e la stessa densità emozionale». Attore televisivo per eccel lenza, votato alla televisione per poter mantenere la sua dignità professionale, Ray Lovelock resta convinto che per uno come lui non c'è niente di meglio che interpretare un film al quale abbia potuto partecipare fin dalla sua stesura. «Ho scelto di lasciare il cinema perchè non accettavo di lavorare in pellicole scadenti e superfi ciali, faccio la televisione perette mi concede di preservare la mia professionalità, ma la cosa più. bella per uno come me è lavorare intorno a un personaggio che si è visto nascere e nel quale si è riversata una parte della propria personalità». Simonetta Robiony "li W Pierre Cosso in una scena di «Mino», e il biondo Rsy Lovelock: «Ho lasciato il cinema»