Prati e siepi in piazza Vittorio

Prati e siepi in piazza Vittorio Allo studio due progetti per strapparla al progressivo degrado Prati e siepi in piazza Vittorio Si cerca un nuovo volto per la più bella scenografia torinese - Prima ipotesi (architetti Ronchetta, Job e De Ferrari): «isole» chiuse da cespugli di bosso con dehors e orchestrine; 300 posti auto a spina di pesce (ora sono 1200) - Seconda (ingegneri Manfredi e Cappato): asse centrale ridotto a 18 metri, come via Po, e molto verde Pur avvilita da una lunga sugione di guasti e di degrado, la più bella scenografia neoclassica di Torino scommette sul proprio domani. Piazza Vittorio Veneto vuole scrollarsi di dosso le etichette ilella squalifica e recuperare la veste di splendido ingresso al cuore della città ponendosi come «segno forte- della riqualificazione del centro storico: un*operazlone di chirurgia architettonica che poirebbe iniziarsi in tempi brevi e che. in 6-8 mesi, ridiseunerebbe il volto d'un angolo cui Nietzsche, non trovando aggettivi per sostanziare la propria ammirazione, regalò la definizione di paesaggio ul dì là del bene e del male-. Sarà, questo, il primo atto del vasto programma di «bonifica» della parte di Torino che corre lungo l'asse piazza Cartello-piazza Gran Madre ,.: Melalo dal Comune agli architetti Ronchetta. Job e De Ferrari e agli ingegneri Màniredi e Cappato. Sul tavolo dell'assessore all'Urbanistica e arredo urbano. Dondona. è arrivato, in queste ore. un primo progetto di massima per la rivalutazione di piazza Vii torio Veneto: un altro giungerà entro line mese. Si traila di proposte che presentano soluzioni diverse, pur partendo da un'uguale considerazione: la piazza, per riacquistare vita, deve liberarsi di certe «l'oca^oni spu rie- come il Carnevale e le Giostre, il mercato delle auto usate, il parcheggio selvaggio. 1 modi per restituire quesi angolo -al comodo dei citladini e al decoro della città\ ariano da progetto a progetto e. come osserva l'assessore Dundona. -dovranno essere occasione di costruttivo di battito da parte della città, in tulle le sue componenti ani ministrative e culturali-. Queste, a grandi linee, le soluzioni urbanistico-architettoniche elaborate dai professionisti. Primo progetto — E' frutto, soprattutto, del lavoro dei tre architetti e si basa su un'idea della piazza come spazio per l'aggregazione. Le grandi -isole-, un po' ridimensionate rispetto alle attuali superfici. sono circondate da una bassa siepe di bosso e ospitano dehors e angoli per manifestazioni, performances, piccole orchestre. I parcheggi spariscono dalle vie lungo i portici e sono portati, a spina di pesce, nella carreggiata centrale. Dovrebbero essere, in tutto. 300 posti auto (quanti, più o meno, è stato calcolato, servono alle esigenze dei residenti) contro i 1200 attuali. Altri posteggi sono previsti nell'area di via S. Ottavio accanto al palazzo delle Facoltà Umanistiche. Le -isole- hanno una pavimentazione in pietra di Luserna. porfido e sienite e la liberazione delle vie perimetrali consentirebbe quello che Dondona definisce -un legame stretto fra i portici e il resto della piazza-. I lampioni passano da 8 a 16. Secondo progetto — Nasce, in particolare, dallo studio dei due ingegneri e propone una soluzione che si potrebbe definire «più bloccata- e che identifica nella piazza «uno spazio da vedere e da gustare-. L'asse centrale viene ri¬ stretto e portato alle dimensioni di via Po (18 metri). Le -isole-, oltre ad una bassa siepe (60 cm d'altezza per 150 di larghezza), sono arricchite da «campi a prato rasato- tagliati da un tracciato, probabilmente a croce, in pietra di Luserna per consentire il passeggio. -Una soluzione — osserva l'ing. Manfredi — studiata anche per correggere il "microclima" d'una piazza che il sole, in estate, rende invivibile». Cambia radicalmente l'illuminazione: gli alti lampioni vengono sostituiti da lampade dallo stelo più basso: i marciapiedi sono ampliati a 5 metri e i parcheggi (230 posti) vengono ricavati lungo l'esterno delle «isole», più vicini a portici e negozi rispetto a quanto immagina l'altro progetto. Si tratta di ipotesi che, probabilmente, susciteranno dibattito e qualche polemica. Come nel 1860 quando il giardiniere capo del Bois de Boulogne sognò inutilmente per piazza Vittorio una coreografia di aiuole: o come a metà degli anni '70 quando qualcuno lanciò la proposta di crearvi un giardino con prati all'inglese e panchine. -Non ci sono preclusioni a nessun contributo — chiarisce Dondona —. Una cosa è certa: questa piazza non sarà più degradata a squallido contenitore di rumori e caos, ma riconquisterà il posto die merita nella scena dell'architettura torinese». Renato Rizzo Piazza Vittorio è, con i suoi 34.850 metri quadrati di superficie, una delle più vaste d'Europa. Fu costruita sotto il regno di Carlo Felice tra il 1825 e il 1830 su disegno dell'architetto Carlo Frizzi, che riusci, con un'attenta realizzazione dei portici, a «nascondere» la pendenza del terreno: circa 7 metri di dislivello dall'imboccatura di via Po (la secente¬ sca Porta della città costruita dal Guarino al fiume. Il ponte Vittorio Emanuele I, che la collega alla Gran Madre, è il più vecchio, in muratura, della città. Voluto da Napoleone nel 1807, fu costruito fra il 1810 e il 1815. Problema ancora irrisolto di questa piazza, che nacque per ospitare parate militari, un colore unitario: i suoi palazzi presenta- no, oggi, un rincorrersi di sfumature che hanno fatto coniare a qualcuno l'i ronica definizione di «stile Missoni». La tinteggiatura prescritta dal Consiglio degli edili per queste case, escluse quelle che s'affacciano sul rondeau a ridosso di via Po, era: molassa (4/5 di bianco e 1/5 d'ocra gialla) per i fondi; verdastro per cornici, fasce, cornicioni

Luoghi citati: Europa, Luserna, Torino