Dietro Metropolis la Vienna rossa

Dietro Metropolis la Vienna rossa LA CITTA' DOVE ABITO' NELL'INFANZIA HA ISPIRATO FRITZ LANG Dietro Metropolis la Vienna rossa VIENNA — «So/io nato il 5 dicembre 1890 a Vienna, in Austria». Così comincia, icasticamente, l'autobiografia di Fritz Lang, rimasta incompiuta, che prosegue: «Mio padre Anton Lang era architetto ed esercitava la professione di Stadtbaumeister (architetto comunale), mia madre si chiamava Paula, nata Schlesinger. Mio padre voleva che anch'io diventassi architetto. Io però avevo sentito troppo spesso le sue lamentele sugli svantaggi della professione per provare un grande entusiasmo all'idea di una carriera come Stadtbaumeister, che mi avrebbe costretto a passare tutta la vita a Vienna». Cosi il giovane Fritz, all'anagrafe Friedrich Christian Anton, dopo avere seguito per qualche mese i corsi di inge gneria alla Technische Hoch schule di Vienna, si diede ben presto alla vita mondana, negli accoglienti e complici caffè viennesi, non trascurando tuttavia gli studi di pittura alla Wiener Akademie der Graphi schen Kùnste. Voleva infatti diventare pittore, perché, come ebbe a scrivere: «Io sono una persona che guarda. Recepisco le esperienze solo attraverso gli occhi». E sarà la pittura a portarlo prima a Monaco, poi a Parigi, dove vivrà per un paio d'anni facendo il pittore di cartoline e il caricaturista. Siamo nel biennio 1913-1914, subito prima dello scoppio della Grande Guerra (e prima del suo ritorno in patria, chiamato sotto le armi). Fritz Lang, a Parigi | scopre anche il cinema, il grande cinema di Max Linder e di Louis Feuillade, la serie affascinante e straordinariamente «cinematografica» di Fantòmas. E' probabilmente nella capitale francese che il suo gusto per i film d'avventura, d'appendice, fantastici e realistici al tempo stesso, si va formando: un gusto che lo porterà ai risultati personalissimi del Dottor Mabuse, di Metropolis, di M, dei capolavori realizzati a Hollywood. Ma se la Parigi di Feuillade ha certamente influenzato il primo Lang, e la Berlino in cui visse e lavorò a partire dal 1918 è la città che fa da sfondo, indiretto, alla maggior parte dei suoi drammi sociali di quegli anni, quanto della Vienna della sua infanzia e prima giovinezza è passato nel suo cinema? Quali immagini della sua città compaiono nelle inquadrature, straordinariamente geometriche e architettoniche, dei suoi film? E' una domanda che può rimanere senza risposta, o avere una risposta negativa, non avendo egli mai ambientato a Vienna un suo film; ma è una domanda che può stimolare la fantasia, e forse contribuire a una migliore conoscenza della sua opera In ogni caso è una domanda che viene spontaneo porsi a Vienna, passeggiando per la Josefstadt o visitando gli enormi agglomerati urbani costruiti negli Anni Venti, quelli della Rote Wien, leggendo magari la più recente biografia critica di Lang (Michael Tòteberg, Fritz Lang, ed. Rowohlt) o ricordando il grande regista nel decimo anniversario della sua morte, avvenuta a Beverly Hills il 2 agosto 1976. Tòteberg ci dice che i Lang vissero fino al 1900 nel I Distretto di Vienna, il centro storico, per trasferirsi poi nella Josefstadt, nei pressi della Piaristenkirche. Ma le sue informazioni sono troppo scarse. Dell'abitazione di Fritz Lang nel vecchio centro della città — che ricorda il quartiere medioevale, sopravvissuto, della fantascientifica Metropolis — non ci sono tracce. Di quella dell'VIII Distretto, cioè di Josefstadt, c'è solo un'indicazione, probabilmente imprecisa: una lapide murata sulla faccia¬ ta laterale di un edificio borghese all'angolo tra la Piaristengasse e la Zeltgasse indica che Fritz Lang abitò quella casa dal 1909 al 1919. Da solo? Con la famiglia? Ma non si era trasferito definitivamente a Berlino nel 1918? Certo, il quartiere è quello residenziale della piccola e media borghesia viennese; la casa potrebbe averla costruita il padre Anton nel gusto di fine secolo. Non lontano ci sono la chiesa e il collegio dei Piaristi, sulla cui piazzetta forse il bambino Fritz partecipava ogni anno al Christkindlmarkt («/'/ ricordo più importante della mia infanzia, scrisse Lang, è il Christkindlmarkt, il mercato del Bambino Gesù. Questo mercato era straordinario. Una bassa pedana di legno, appena qualche gradino sopra l'acciottolato della strada, ospitava rustiche bancarelle di legno cariche di paccottiglie natalizie'/). E non lontano c'è il Theater in der Josefstadt, di cui Fritz era abituale frequentatore («Già da giovane ero un appassionato del teatro: i biglietti per il loggione o per i posti in piedi costavano poco»). Ma non è certamente questa la Vienna di cui si ricordò nei suoi film: non queste case ottocentesche o del primo Novecento; non questi sopravvissuti palazzetti barocchi; non queste piazze. Semmai, come si è detto, è la Vienna del I Distretto: le stradine buie, gli androni scuri, il groviglio delle viuzze medievali. Una città inquietante e misteriosa, che non è soltanto il risvolto della medaglia di Metropolis, ma anche l'immagine deformata degli incubi e delle paure che avvolgono i personaggi della maggior parte dei film di Lang, immersi in una realtà urbana sconosciuta e spesso ostile. Quanto a Metropolis, un film che in questi ultimi anni è stato al centro d'un interesse critico e mondano per molti aspetti spropositato, certe sue prospettive urbane, certi suoi agglomerati abitativi, li ritroviamo — come modelli — più a Vienna che a Berlino, che fu la ('metropoli» per eccellenza degli Anni Venti in Europa e a cui pure Lang si ispirò. Naturalmente parliamo della Rote Wien. della grande urbanizzazione socialista del primo dopoguerra, delle mastodontiche case di abitazione per migliaia di famiglie operaie: il Metzleinstalerhof (1919-25). il Siedlung Hcuberg (1921-24), il Jakob Reumann-Hof (192426) e molte altre, sino al notissimo Karl Marx-Hof in Heiligenstadterstrasse, la cui costruzione fu iniziata proprio nel 1927, l'anno in cui Metropolis fu presentato in prima mondiale a Berlino. E' una Vienna, questa, molto «langhiana», carica al tempo stesso di conflitti sociali e di tensioni ideali, in cui il singolo pare smarrirsi nell'anonimità del tutto, ma anche riscattarsi nella sua dignità di uomo. Una Vienna che Lang ha probabilmente solo intravisto, che certamente non ha «vissuto», ma che pure traspare, quasi come modello inconscio e drammatico, nelle sue straordinarie architetture cinematografiche. In ogni caso è una Vienna del tutto diversa da quella che fa da sfondo all'unico soggetto cinematografico, d'argomento viennese, scritto da Lang nel 1933 e mai realizzato. La leggenda dell'ultima carrozza viennese. Qui c'è la Vienna della sua infanzia, a cavallo del secolo, con le vecchie carrozze e le prime automobili. Ma è una Vienna di sogno, fantastica e irreale. Il vero Lang viennese lo si trova nei vicoli attorno alla Cattedrale di Santo Stefano o davanti all'ingresso del Karl Marx-Hof. Gianni Bondolino Le fantastiche architetture di Metropolis in una scena del film