Cattivi Pensieri di Luigi Firpo

r Cattivi Pensieri di Luigi Firpo r Cattivi Pensieri di Luigi Firpo Della crisi di governo avrei voluto non parlare più, dimenticare. Alla chiusura dei conti, con il voto di fiducia di icr l'altro alla Camera, il governo ha acquisito la pienezza dell'investitura e la totalità del potere di cui pare avesse bisogno per andare subito in vacanza. L'aula di Montecitorio, sulla quale hanno indugiato le telecamere con meticolosità impietosa, è stata a lungo semideserta. Cili onorevoli designati dai partiti a illustrare le dichiarazioni di voto hanno parlato davanti a scranni vuoti: persino la presidente Jotti latitava, sostituita da un vice annoiato e burocratico. Poi. con grandi scalpiccii, soste sulle scalette, saluti, pacche e commenti privati, nonché con bella indifferenza per quanto declamavano gli oratori, i deputati sono affluiti sempre più numerosi per adempiere alla formalità scontata del voto. Il totale di ben 579 presenze mostra che le cartoline precetto avevano funzionato: mancavano solo gli ospedalizzati e l'on. De Mita che trascorreva l'onomastico di S. Ciriaco in famiglia. Appena chiuse le urne, il palazzo si è svuotalo per incanto, come se tutti già indossassero sotto i pantaloni il costumino da bagno Commenti e valutazioni, spesso sconsolati, occupano da settimane le pagine dei quotidiani. Ciò che e accaduto nel mese della crisi e la sua conclusione non sono esaltanti: regole costituzionali ignorate o aggirate, Presidenza della Repubblica censurala o strumentalizzata, ulteriore mortificazione del Parlamento, patti illeciti di spartizione firmati sotto banco ma sbandierati ovunque, ambiguità che continua fra il pattuito governo di sei mesi e quello programmato per venti, una convivenza difficile fra alleati che si guardano con reciproca e giustificata diffidenza. Con l'usata franchezza lievemente impudica, l'on. De Michclis ha già detto che l'alternanza di marzo è stata sancita con un patto che è appeso a un filo: non è affatto detto che debba venire rispettato. C'era più lealtà, sembra, nella caverna dei ladroni. Un solo punto, nel rimpasto ministeriale, sembrava aprire uno spiraglio di speranza: la sostituzione del ministro Degan, passato dalla Sanità alla Marina mercantile. Dato che abbiamo più ammalati che piroscafi, c'era da aspettarsi un danno minore, visto che i cantieri ormai sono fermi e sul mercato dei noli ci ridono in faccia. Invece, dato che al peggio non c'è mai limite, al posto di Degan è ricomparso Donat-Cattin. Per quali ragioni di spartizione si sia tornati a riesumazioni di questo genere resta un mistero indecifrabile. Al Congresso de il Carlo inaffondabile era stato il più aggressivo avversario di De Mila: adesso lo si premia. Se avesse sparato al segretario, sarebbe ora vicepresidente del Consiglio? Già i suoi elettori lo avevano clamorosamente trombato, escludendolo dal Parlamento, e il suo ricupero — sul quale e carità di patria tacere — avvenne attraverso dimissioni compiacenti e non gratuite di uno che lo precedeva in graduatoria. Adesso, appena tornato a galla, già imperversa con alzate d'ingegno ispirate al vecchio populismo di comodo, convinte com'è che per risolvere i problemi enormi di un settore disastrato e asfittico come quello delle Usi e dintorni basti mettersi in maniche di camicia c bretelle e atteggiarsi a clcrical-sinistro. Secondo il Carlo revenant il numero chiuso nelle Facoltà di Medicina è da escludere. Non si chiede perché le ondate di giovani in cerca di impiego sicuro e redditizio abbiano ingorgato quel settore, provocando un as¬ surdo rapporto tra laureati e popolazione e scatenando lotte di accaparramento dei mutuati, disoccupazione e frustrazioni. Ripetere il luogo comune, che il figlio del portiere sarà sfavorito all'esame di ammissione, è una sciocchezza, visto che tutti gli aspiranti avranno pur dovuto conseguire il diploma delle medie superiori e che. a quel punto, i figli dei poveri saranno, in media, più seri, motivati e studiosi dei figli dei ricchi, certi fin dall'infanzia di trovare il posto, li o altrove, comunque. Una selezione severa è invece necessaria e urgente, se vogliamo dare ai giovani medici una preparazione intensiva, adeguata ai folgoranti progressi del sapere. Ma la trovata da baraccone è quella di sfoltire il campo mandando i nostri neolaureati a lavorare, all'inizio della loro carriera, nel Terzo Mondo. Una visione colonialistica — come bene scriveva Massimo Riva sulla Repubblica di ieri — che considera i Paesi in via di sviluppo terreni da esperimento per giovani esordienti, discariche di spurgo per il surplus dei laureati di massa, dove se ammazzi il negro per inesperienza, per impreparazione alla cura delle malattie tropicali, per i limiti di un'antiquata medicina generica, non cascherà il mondo. E poi. spera forse l'on. ministro che una congrua aliquota di questi giovani medici precettati all'espatrio trovi una morte provvidenziale per febbre giaila o mosca tze-tze? Sennò l'ondata del rimpatrio non farebbe che sostituire disoccupati di mezza età, tantomeno assimilabili, ai disoccupati freschi di laurea. Il problema è che sforniamo troppi medici, e non abbastanza preparati. Bisogna chiudere il rubinetto. Che ne direbbe l'on. Falcucci dell'idea di esportare coattivamente giuristi in Urss e geometri in Guatemala? Smetta dunque il calamitoso Carlo di pasticciare in cose che non capisce. Lasci stare i figli dei portieri e si occupi dei casi suoi. La gestione della Sanità in Italia ha accumulato scompensi, deficit e vergogne senza fine: sarebbe ora di chiamare a raddrizzarla una persona seria e competente. Medici tipo export

Persone citate: De Mila, De Mita, Degan, Donat-cattin, Falcucci, Jotti, Massimo Riva

Luoghi citati: Guatemala, Italia, Urss