Spuntano a decine le aziende che aspettano soldi da Trìpoli

Spuntano a decine le aziende che aspettano soldi da Trìpoli Nasce una coalizione di creditori per un'azione giudiziaria Spuntano a decine le aziende che aspettano soldi da Trìpoli Le banche ricorrono per sapere a quanto ammontano le somme poste sotto sequestro MILANO — Fioccano i ricorsi sul caso Libia. In attesa del preannunciato ricorso di Tripoli (il passo presso la magistratura è previsto per martedì) sono state le banche italiane coinvolte nel sequestro conservativo dei beni libici a muoversi. Di fronte al pretore di Milano Francesco Pisani le parti, ovvero i legali dell'imprenditore meneghino Sergio Buzzi e quelli della Banca Commerciale e del Credito Italiano, si incontreranno il 13 agosto mentre nella capitale non pare sia stata fissata una data di convocazione. A Milano e a Roma i legali di Credit e Comit (per Milano) e di Bnl, Banco Roma e Ubae (la banca che vanta i depositi più cospicui da parte libica) per la capitale hanno infatti presentato ricorso ai sensi degli articoli 610 e 611 del co¬ dice di procedura civile per ottenere chiarimenti sulla procedura. In sostanza le banche chiedono di sapere se il sequestro (globalmente la richiesta delle due aziende Co.Fa. e C.F. è di 7 miliardi) è teso a bloccare in tutto 35 miliardi, ovvero l'importo globale presso ogni istituto, oppure, se è possibile, ripartire l'impegno. Fonti bancarie lasciano intendere che solo l'Ubae (banca di diritto italiano ma con una forte partecipazione libica) dispone di depositi largamente superiori all'entità del sequestro. Le altre quattro banche possono contare su beni intestati alle banche di Stato libiche per un importo che si aggira in tutto su una quindicina di miliardi. Ma al di là delle schermaglie legali la miccia innescata dall'Intervento del piccolo imprenditore lombardo continua a restare accesa. Innanzitutto, è ancora da verificare l'intenzione delle numerose ditte italiane che si trovano nella stessa condizione delle due aziende: crediti riconosciuti ma non soddisfatti da almeno 4-5 anni. La cordata della ventina di aziende che si riconoscono sotto la guida legale dell'avvocato Enzo Marazzi (tra le altre la Fratelli Dieci, la Vibrotecnica, la Rostroton, la Socem mentre la Lombardini resta in una posizione più attendista) deve ancora stabilire il da farsi. Una riunione plenaria si terrà senz'altro nei prossimi giorni. Probabilmente già oggi i rappresentanti del piccolo pool (in tutto fanno più di duemila dipendenti e il credito complessivo raggiunge alcune decine di miliardi rispetto ai clienti di Tripoli) si vedranno tra Milano e l'Emilia per stabilire il da farsi. -Spero — spiega l'avvocato Marazzi — che prevalga una linea di attesa perché sarebbe assai arrischiato un gesto non meditato a sufficienza dei nostri imprenditori o di altri-. Ma il clima? -Qualcuno è timoroso, qualcun altro è fin troppo euforico-; l'obiettivo, se si calmano le acque, potrebbe essere di raggiungere un accomodamento collettivo o con Tripoli o, magari, con gli enti italiani per le esportazioni. Insomma, non sono pochi i campioni del made in Italy che vorrebbero spingere agli estremi la via giudiziaria contro il debitore di Tripoli. La vicenda è circoscritta ma potrebbe ampliarsi con esiti, sul fronte politico, tutti da verificare. u. b.

Persone citate: Enzo Marazzi, Francesco Pisani, Lombardini, Marazzi, Sergio Buzzi