E Gheddafi chiede i danni per diffamazione

E Gheddafi chiede i danni per diffamazione L'ambasciatore libico a Roma annuncia una contro-azione giudiziaria E Gheddafi chiede i danni per diffamazione ROMA — Gheddafi paisà al contrattacco sulla vicenda dei beni libici sequestrati dalla magistratura in cinque banche italiane su richiesta di due ditte creditrici: non solo si opporrà, attraverso l'ambasciata della Jamahiriya a Roma, al provvedimento di sequestro cautelativo, ma annuncia anche la presentazione della richiesta di «un forte risarcimento per danni morali e materiali- subiti dalla Libia in questa storia. Lo ha dichiarato in un'intervista all'Agenzia Italia l'ambasciatore libico a Roma. Abdulrahman Shalgam. -Abbiamo dato stamane incarico ad uno studio legale, di Roma di presentare ricorso avverso un provvedimento ingiusto e sbagliato che chiama in causa lo Stato libino in una vertenza tra privati — dice il diplomatico — e di chiedere un forte risarcimento per danni morali e materiali subiti dallo Stato libico in questa vicenda-. -Dopo decine di anni di collaborazione e decine di miliardi riscossi da ditte italiane in Libia, il nostro Paese viene diffamato ed esposto alla gogna per un caso di dimensioni minime, quasi ridicole-, prosegue l'ambasciatore, minimizzando l'entità dell'episodio rispetto al quadro globale dell'interscambio tra i due Paesi ma invitando anche a considerare che 'piccole questioni economi¬ che possono far esplodere, specie quando sono strumentalizzate dalla stampa, cose più grandi e possono costituire un precedente pericoloso-. Shalgam conferma comunque che alla vicenda Tripoli non ha alcuna intenzione di attribuire un significato politico 'tanto è vero che non abbiamo neanche pensato a presentare una protesta alla Farnesina-. 'Ha parte nostra — continua il rappresentante di Tripoli — c'è l'effettiva disponibilità a risolvere ogni problema e rafforzare i rapporti. Specie dopo l'intervento di Crari siamo fiduciosi che le intenzioni del governo italiano sono dirette verso un miglioramento delle relazioni perché non esiste problema, tra due Paesi come i nostri, che non sia risolvibile-. Ribadendo i tre motivi del ricorso (qualsiasi vertenza tra aziende italiane e libiche va discussa in un tribunale della Jamahiriya o in un tribunale neutro; trattandosi di una vertenza tra privati lo Stato libico e Gheddafi non c'entrano per nulla; il provvedimento è stato notificato in ritardo), l'ambasciatore allarga il discorso al rapporti politici tra la Libia e l'Occidente: .La disponibilità che abbiamo dimostrato ad un giudizio internazionale per provare i nostri presunti coinvolgimenti con il terrorismo. l'inesistenza di uno straccio di pròva a nostro carico e l'assenza di qualsiasi cittadino o passaporto libico dalle inchieste sugli attentati che gli Stati Uniti ci attribuiscono, dimostrano la validità della nostra sfida, che è una sfida politica e morale: la palla è ora nel campo degli americani e degli europei. Noi accettiamo un giudizio imparziale e siamo pronti ad assumerci le nostre responsabilità morali e materiali se venisse provato un nostro coinvolgimento; ma se ciò non avvenisse sarebbe allora l'Ame-\ rica di Reagan a dover pagare per i suoi attacchi e l'Europa dei Dodici ad essere costretta a rivedere le posizioni assunte recentemente nei nostri confronti-. Quanto a quella che alcuni giornali hanno interpretato come una «minaccia, e cioè la libertà che la Libia si riserva di -cercare altri partners- per l'attuazione del suo piano di sviluppo che prevede l'impiego di un miliardo di dollari nei prossimi anni, il diplomatico chiarisce che 'Se di minaccia si deve parlare, questa viene da parte italiana non dalla Libia, che è un Paese libero di impiegare i suoi soidi come e con chi vuole-. Ma. conclude l'ambasciatore con una battuta, -quando si fanno affari per miliardi e poi si viene diffamati per poche lire, se la Libia non si fa i suoi conti passa anche per sciocca:

Persone citate: Abdulrahman Shalgam, Gheddafi, Reagan, Shalgam