Il levriero degli 8000 di Enrico Benedetto

Il levriero degli 8000 Il levriero degli 8000 Chamoux, che fu uno dei protagonisti delle ascensioni sul Bianco, ora si dedica esclusivamente alle vette himalayane Paris Match la prossima settimana gli dedicherà un ampio servizio, ma Benolt Chamoux. 25 anni, savoiardo di La Roche sur Soron, non è ancora un «nome» per l'Italia. Eppure, un mese fa, è salito in 23 ore dal campo base alla vetta del K2, una montagna che solo quest'anno ha già ucciso sei volte. Ventitré ore senza chiodi, corde, moschettoni. Il record precedente era tre giorni. Sul Monte Bianco ha arrampicato una cinquantina di volte prima di convertirsi all'Himalaya. Non è un pentito delle Alpi, forse solo un dissociato Esperienza di vita e «filosofia» lo pongono agli antipodi di Walter Bonatti, ma ambedue difendono, in qualche modo, il Grande Vecchio, e anche l'himalayano Chamoux azzarda alcune ricette contro la più insidiosa malattia del Bianco, la routine. — Signor Chamoux, lei ha detto che più va in Himalaya e meno ha voglia di salire sul Bianco. Perché? -Il Monte Bianco ha perso il fascino che aveva per i pionieri. Quello spirito è caduto, appartiene ad un altra generazione. Il futuro sta nell'Himalaya, dove dobbiamo inventare tutto». — Vuol dire che il tetto d'Europa è ormai una palestra di nostalgie? 'No, esistono ancora spani per l'avventura, versanti o vie poco frequentate, e sotto questo aspetto è il lato italiano a essere favorito. Ma l'affollamento o i tanti show imbastiti sul Bianco nuocciono alla sua immagine. In giro ci sono più lazzaroni (in italiano) che qualche anno fa. Vorrei dire qualcosa anche sui rifiuti. Si parla tanto dell'Himalaya trasformato in immondezzaio, ma fa pena vedere la Vallèe Bianche costellata di pattume. Altro punto dolente, gli incidenti, folle di gente impreparata. E' uno dei prezzi da pagare alla massificazione: magari vedono in tv o dal vivo uno come me che va su rapido, con apparente facilità, lo imitano e si ammazzano». — Una grossa responsabilità. «Se devo essere sincero, anch'io sul Bianco ritengo più sicuro procedere legati, tradizionalmente. In Himalaya il primo obiettivo è diminuire al massimo l'esposizione a rischi tipo valanghe o il distacco di seracchi: la velocità diventa una protezione. Ma nel caso del Monte Bianco i pericoli naturali sono molto inferiori, meglio assicurarsi. Inoltre ondare slegati come me sul K2, con soli picozza e ramponi, tuta, uno zaino da cinque chili, vuole dire conoscersi perfettamente. Non è cosa da tutti. Se cadi, è finita: la corda, invece, ti lascia sbagliare». — II «suo» Bianco? -Avevo sedici anni, ricordo un grande vento e una grande luce, quella die avrei trovato qualche anno più tardi sull'Himalaya. E' una montagna che fa sognare». — Lei, con gli altri di Quota 8000. ha rivoluzionato lo spirito dell'alpinismo povero e volontarista. Pino alla conquista dell'ultimo Ottomila riceverete infatti dall'organizzazione un rimborso, diciamo uno stipendio. «/o vivo l'alpinismo, e vivo sull'alpinismo. Mi esprimo in montagna come un artista si esprime dipingendo un quadro. Se un artista vende una sua opera, qualcuno si scandalizza? Ha forse tradito l'arte? Neppure io credo di avere tradito l'alpinismo. Lo Stato, gli Stati sovvenzionano ogni campione sportivo salvo chi va in montagna: dobbiamo arrangiarci da noi. Quanto alla rapidità di ascesa, è solo un modo per vedere fin dove si possono spingere le nostre possibilità». — Giovedì, su La Stampa, Walter Bonatti ha messo sotto accusa la caccia ai record in parete e le contaminazioni pubblicitarie dei «giovani». Come si difende? • Bonatti ha fatto grandissime cose ma adesso è normale die noi, gli attori del nuovo alpinismo, imbocchiamo vie diverse. Vero, ho alcuni sponsor ma non condizionano le mie imprese, le mie decisioni e sopra tutto la mia passione: la gioia che provo oggi in Himalaya credo sia molto simile alla sua di ventanni fa sul Bianco». — Balmat e Paccard vinsero il Bianco con un'attrezzatura spartana. Poi tutto è cresciuto a dismisura. Lei. e altri, percorrete la strada in senso inverso. «Si, occorre un ritorno all'alpinismo umano, sema tecnologie, e un dialogo fra i diversi stili. Il mio è semplice: partire e provare ad andare in vetta senza soste, nell'arco di 24 ore, ovunque sia la vetta». Enrico Benedetto

Persone citate: Balmat, Bonatti, Roche, Walter Bonatti

Luoghi citati: Europa, Italia