Solo Nitti non voleva l'oro di Mosca
Solo Nitti non voleva Toro di Mosca G0RBACI0V PAGA I DEBITI DEGLI ZAR, CHE SCATENARONO RISSE DIPLOMATICHE Solo Nitti non voleva Toro di Mosca L'accordo concluso a Londra, il mese scorso, tra l'Urss e la Gran Bretagna per il rimborso del debiti contratti dalla Russia zarista con il governo e con privati inglesi, è un fatto certamente straordinario e degno della massima attenzione. Esso infatti contraddice la politica sin qui seguita dal governo sovietico, che era quella di non riconoscere gli impegni finanziari della Russia zarista, come ha già messo in evidenza Lia Wainstein su queste colonne. Si è fatta sentire, di conseguenza, la voce dell'Associazione dei detentori dei titoli russi, che vanta in Francia numerosi aderenti, e che reclama un analogo accordo con Mosca per i titoli e le obbligazioni a suo tempo acquistati dal risparmiatori francesi. Sarebbe questo il debito russo più grande di tutti: secondo notizie non controllabili ammonterebbe ad una ventina di miliardi di franchi-oro dell'epoca! Queste vicende Interessano, sotto molti aspetti, gli storici non meno dei professionisti della finanza. Non solo per il modo ed i tempi in cui questi prestiti vennero accesi, ma anche per le loro implicarne politiche. L'Italia ad esempio ne fu coinvolta, sia pure Indirettamente. Infatti la sua appartenenza all'alleanza con la Germania e con l'AustriaUngheria la rese sempre invisa agli ambienti finanziari francesi. Il governo di Parigi, con l'appoggio di questi ultimi, mosse contro l'Italia una vera e propria «puerra tariffarla e finanziaria» con l'in¬ tento di costringere il nostro Paese ad uscire dalla Triplice Alleanza. Ha scritto lo storico francese Pierre Milza: «A partire dal 18SS le banche francesi s'interessarono molto Ai più a diffondere i prestiti russi e giudicarono d'interesse assai scarso gli affari con l'Italia». Una tendenza che s'intensificò dopo l'annuncio, dato nel 1894, dell'esistenza di un'alleanza militare tra la Francia e la Russia. Acquistare le obbligazioni russe, soprattutto quelle delle ferrovie e dell'industria pesante, a parte gli allettanti interessi, diventò un fatto patriottico, in vista della sospirata «revanche» contro la Germania. Con la conseguenza che le quotazioni alla Borsa di Parigi del Consolidato e degli altri valori italiani precipitarono con grave danno per l'economia del nostro Paese. Crispi, che era al potere, fece allora ricorso alla Germania, e venne creato un consorzio italo-tedesco di banche allo scopo di sostenere il corso della rendita italiana sul mercato francese, acquistandola non appena fosse scesa al di sotto di una determinata quotazione di sicurezza. Ciò non bastò; ed allora Crispi si fece promotore della nascita a Milano, nel 1894, della Banca Commerciale Italiana, con capitali tedeschi, svizzeri, austriaci ed italiani, banca che doveva rivelarsi un utile strumento per finanziare l'industrializzazione del Paese, in particolare di quella dell'Italia settentrionale. Benché i rapporti italo- francesi migliorassero in seguito, specie dopo la conclusióne di un accordo commerciale nel 1898, la Francia continuò a privilegiare i prestiti russi a danno di quelli di un'Italia amica si ma pur sempre alleata della Germania La situazione precipitò durante la rivoluzione sovietica del 1917, quando alcuni Paesi, tra cui la Francia e la Gran Bretagna, intervennero mili¬ tarmente per aiutare le armate bianche. L'Italia si limitò ad inviare qualche centinaio di militari, per mantenere i collegamenti con i comandi alleati e per rimpatriare 1 soldati italiani fatti prigionieri dai russi; per lo più ex militari dell'esercito austro-ungarico, appartenenti alle province «redente» 'cioè all'Alto Adige e alla Venezia Giulia. Francesco Saverio Nitti, quando assunse la presidenza del Consiglio nel giugno del 1919, abbandonò subito la politica del «cordone sanitario» nei confronti dell'Urss voluta dal presidente francese Clemenceau, e annullò tra l'altro una irresponsabile spedizione militare italiana per l'occupazione temporanea del Caucaso, decisa dal suo predecessore, V. E. Orlando. «L'Urss — egli affermò — è un Paese alleato caduto sotto uno sforzo superiore alle sue capacità», e che, a causa di ciò, era finito in preda alla guerra civile. Non essendo riuscito a ristabilire le relazioni diplomatiche con Mosca a causa dell'opposizione francese, ottenne quanto meno che gli alleati iniziassero dei rapporti commerciali, che Nitti riteneva indispensabili alla ricostruzione europea. Si deve riconoscere che nessun altro statista dell'epoca ebbe, come lui, il senso dell'Europa. Un accordo commerciale venne concluso a Copenaghen tra Litvinov, in rappresentanza delle cooperative russe, e l'on. Cabrini per conto della Lega nazionale delle cooperative italiane. H governo sovietico informò i Paesi occidentali di essere pronto a pagare in oro l'acquisto delle merci di cui aveva bisogno. Ed a questo punto ritornò in discussione il problema del rimborso' dei prestiti fatti alla Russia zarista. Mentre Londra chiese, in un modo invero possibilista, il preventivo riconoscimento da parte dell'Urss dei crediti alleati, la Francia assunse un atteggiamento assai più radi- cale. Il 4 giugno del 1920 il governo di Parigi fece pervenire a quelli di Roma e di Londra un memorandum in cui, tra l'altro, si affermava che i sovietici non avevano alcun diritto di disporre dei «beni» russi, che dovevano essere considerati come un pegno da parte della Russia dei prestiti ottenuti. Inoltre la Francia vantava un diritto di prelazione sull'oro russo e perciò «awebbe preso tutte le misure per farlo sequestrare in giudizio o per "le trapper d'opposition" negli istituti di credito in cui venisse depositato». Nitti montò su tutte le furie e replicò con un documento in cui si legge: «L'oro che il governo di Mosca possiede è libera proprietà del popolo russo, e non si può ammettere in nessuna guisa la pretesa d'impedirne, limitarne o regolarne comunque la disposizione, chiedendo che esso resti a garanzia dei debiti contratti sotto regimi che hanno preceduto quello sovietico... In conclusione, il governo italiano stima che le relazioni commerciali debbano essere riprese senza indugio nell'interesse della pacificazione della Russia e dell'Europa tutta». Egli era quanto mai deciso a continuare su questa strada. Aveva, tra l'altro, ottenuto il richiamo dell'ambasciatore francese Barrère perché si opponeva alla sua politica. Il suo governo però cadde pochi giorni dopo. Ma la politica di Nitti continuò, ed il 26 dicembre 1921 venne sottoscritto a Roma il primo trattato commerciale italo-sovietico. Enrico Serra Gne zioVeImtreverarcnucamneUSotosEto siripscS Sanremo, 1919. Nitti (a sinistra) posa per i fotografi con il presidente francese Millerand alla Conferenza per la pace
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