Alti abbronzati e colpevoli di Furio Colombo

 A lfj ahhronzati e COÌDevoH 9 M. *%JTM. A.4L^«L-W m/JL Jt*^ USA, LO SCANDALO DEI GIOVANI LEONI DEL MONDO FINANZIARIO A lfj ahhronzati e COÌDevoH 9 M. *%JTM. A.4L^«L-W m/JL Jt*^ Brillanti, ricchissimi prima dei trenf anni, insaziabili: uno dopo l'altro finiscono in galera - Come consulenti di fusioni e compravendite di aziende vengono a conoscenza di segreti e li sfruttano, vendendoli o giocando in Borsa - L'America si interroga: avevano già tutto, che cosa li ha spinti? - «E' come per le 400 paia di scarpe di Imelda Marcos: quando è questione di quantità, dov'è il limite?» NEW YORK — Ci sono in Park Aventie alcuni appartamenti abbandonati. «Cosi eleganti, scrive il Daily News, che stavano per essere fotografati per Architectural Digest», la rivista specializzata nel pubblicare le foto di belle case. A South Hampton, il celebre luogo di vacanza vicino a New York, almeno una decina di ville, con barca e piscina, sono chiuse per questa estate. «E' tutto pagato, scrive il Wall Street Journal, tanto che l'uomo delle rose viene puntualmente ogni mattina». Ma nessuno ha avuto il tempo di sedersi sul bordo di queste piscine. Prima c'era troppo lavoro. Dopo è arrivata la polista. Se prendete uno dei nomi a cui queste case sono intestate, e andate a cercare sul Chi è chi in America trovate che l'età è sempre sotto i trentacinque anni. Trovate una lista di buone scuole, da Harvard a Columbia, e, in rapida successione, una carriera che porta subito al posto più ambito, •managing partner* o •managing director» di una banca d'affari. I nomi delle banche sono i più prestigiosi: Lehman, Lazard o Drexel. n Chi è non riporta gli stipendi annuali ma li apprendete facilmente dai colleghi e, ormai, dai giornali: tra i cinquecentomila e il milione e mezzo di dollari l'anno. Anche i risparmi di questi giovani managers di successo da qualche tempo non sono un segreto. Nel caso più clamoroso, dieci milioni di dollari, in un conto segreto alle Bahamas. Descrizione degli amici: .Casa e lavoro. Anzi, quasi solo lavoro». Giudizio dei colleghi e di coloro che li hanno avuti come dipendenti: «Intelligenti, infaticabili». Voci che si raccolgono nei •giri* che frequentavano, dalle case alle barche: «Andava in palestra, era in forma. Se c'era da fare la notte a una festa non si tirava indietro. Era elegante e teneva su la conversazione». Accumulazione Che cosa manca allora per collegare questi giudizi (e lo straordinario successo) ai rapporti della polizia, ai verbali dei giudici, al timbro sul pezzo dì carta che tiene alcuni di loro in prigione? Manca la descrizione di una visione del mondo che si deve essere formata nella mente di questi nuovi professional tra la brillante conclusione degli studi e l'accesso all'ambita carriera di finanza e di banca. Manca il racconto di come può persuadersi, un giovane di grande talento, che accumulare subito, e in quantità sbalorditiva, sia l'unica posta del gioco. A quanto pare è venuto meno un legame che è di natura morale ma anche psichica, tra se stessi e il lavoro, tra il proprio io e quel team collettivo che è l'ambiente in cui una persona professionalmente funziona. E' stato detto di loro che «manca la lealtà» e che, dunque, almeno nei confronti delle loro banche, sono stati dei mercenari». Sarebbe più giusto dire che si è spezzata l'immagine di qualunque forma di cooperazione, che si è creato un senso di solitudine assoluta, la persuasione che ciascuno gioca contro tutti. E' un danno psicologico prima ancora che una alterazione del comportamento professionale. Il caso clamoroso, e il capofila della vicenda, è Dennis Levine, 33 anni, che, dopo aver brevemente toccato posizioni di prestigio nelle maggiori banche d'investimento d'America, era con •Drexel, Burnham, Lambert* a uno dei livelli più alti prima dì finire in prigione. La battuta crudele che circola ora a Wall Street è che «Dennis Levine è stato arrestato per avere guadagnato "solo" dodici milioni e mezzo di dollari», in tre anni di lavoro come specialista di •merger and acquisitions*. Si noti che questa cifra non ha niente che fare con il conto segreto che ha irritato la polizia. Si tratta della parte legittima della più ambita delle nuove professioni a Wall Street, favorire la fusione fra imprese o l'acquisto di aziende da parte di altre aziende. Ma la nuova professione ha creato una criminalità inedita, ed è di questa criminalità che Dennis Levine appare ora il campione, ispiratore di una rete di giovani di talento che sono andati o stanno per andare in prigione. Il reato è la vendita di segreti, è il profittare personalmente dei dati confidenziali che apprendi assistendo una azienda che sta per perdere o per vincere nel controllo di un'altra impresa, o il permettere dietro compenso che altri si avvantaggino di questi dati. Si può fare comprando o vendendo azioni quando ancora nessuno sospetta quello che sta per accadere, utilizzando sul mercato la conoscenza di decisioni che sono segrete e che cambieranno drasticamente la desiderabilità di un titolo, di un prodotto, o la reputazione di un management. Ogni giorno quotidiani e set- timanali (e non solo quelli economici) pubblicano le fotografie dei nuovi protagonisti di questo tipo di crimine. Sono giovani, sorridenti, hanno eccellenti posizioni (o le avevano) e spesso in quelle fotografie compaiono accanto a qualcuno che, appena pochi anni fa, quando erano alla Business School di Columbia o di Harvard, sarebbe stato il sogno e lideale della loro vita. Carriere deragliate, intitola il Wall Street Journal. £ torna sull'argomento con tanta insistenza, quasi ogni giorno, che sembra stia per creare una rubrica fissa, come avviene per •trasferimenti* e •nomine*. In parte queste facce sorridenti ■del giovane mondo finanziario americano erano legate a Dennis Levine e sono ora implicate a causa delle sue confessioni. Serie di foto Ma nella serie di foto e di nomi che si allunga ogni giorno si trovano storie indipendenti, destini e incriminazioni separate, però sempre uguali. Gente che ha guadagnato presto, in misura non confrontabile con qualunque altro lavoro, e ha cominciato subito a prolungare una linea illegale di altri profitti molte volte più grandi, imposta da un bisogno di ingigantire oltre ogni limite il successo già clamoroso. Stranamente, sono reati compiuti da esperti che conoscono con estrema esattezza il rischio e le trappole. «Si comportano, ha detto Felix Rohatvn, banchiere di un'altra generazione, come se fossero stati storditi da qualche misterioso segnale, come le balene che all'improvviso si suicidano sulle spiagge». Due domande tormentano il mondo americano e non solo la comunità finanziaria, data la notorietà dei personaggi e il clamore esemplare delle storie di cui sono protagonisti. La prima è: sono stati presi tutti i colpevoli, oppure siamo solo all'inizio di una catena molto più lunga? La seconda è la più inquietante. Le «carriere deragliate» sono to patologia marginale di un nuovo modo di lavorare, di inesplorate funzioni, o sono un fenomeno che da queste nuove. Junzioni non è separabile, l'aspetto non gradevole ma inevitabile di una nuova epoco finanziaria? C'è chi risponde affidandosi agli aspetti tecnici di questo modo diverso di fare finanza e chi si affida al percorso psicologico e al giudizio morale. Ci sono sempre stati, si dice, professionisti disonesti tentati dalla strada più facile, è vero, ma il disonesto balzachiano rubava per farsi la villa, per godersi (e trasmettere ai figli) un prestigio sociale molto diverso da quello che avrebbe potuto accumulare col suo lavoro. Qui la lista degli accusati si affolla di gente che appare già nel pieno del successo professionale, con l'enorme margine di vantaggio della giovane età. In molti casi, come per Dennis Levine, i giudici non hanno neppure considerato la libertà su cauzione perché qualunque cauzione avrebbe potuto essere pagata da questi imputati. Il fatto è che mai prima d'ora persone estranee alle aziende, alla loro proprietà e al management hanno avuto accesso alle decisioni più riservate. A mano a mano che il destino di una impresa si separa dal suo prodotto (e dunque dal progettare, fabbricare, vendere e amministrare) e dipende sempre più dalla esistenza della sua immagine e del suo titolo sul mercato, si allenta il potere dei dirigenti e cresce quello dei tecnici estranei. Tocca a questi tecnici stabilire le condizioni alle quali conviene vendere o comprare, dividere o aggregare i settori e le specialità di una impresa. Interpreti lontani decidono, in base a convenienze che si giocano su tavoli separati, la vendita di una divisione di ricerche che è stata creata per promuovere tutta la produzione, o lo scorporo di un settore chiave che però in quel momento è vantaggioso offrire a una impresa diversa per ragioni che si leggono in Borsa e si misurano nella convenienza di chi guida la transazione. La forza dei •mediatori* gratificata da eleganti definizioni, dal rango di •specialisti*, da un'aura di infallibilità quasi mistica, diventa più grande della forza dei managers, più grande del potere degli azionisti. Cresce il numero di coloro che, da fuori, conducono il gioco delle imprese. E cresce il numero di coloro che hanno accesso ai segreti. Il danno che questi nuovi protagonisti possono fare mettendo, da fuori e dal punto di vista di altri interessi, le mani sull'impresa, non comparirà nei verbali di polizia. Vi compare invece la violazione del segreto professionale, come vuole in America il duro codice della -Securitv Exchange Commission*. Fare e avere Ma mentre cresce la paura che il numero dei colpevoli di lusso sia molto più grande di quello che si conosce, cresce anche il sospetto che il nuovo lavoro sìa fatalmente impastato di tradimento e di malafede. «E' una visione apocalittica, tipica di ogni svolta, di ogni nuovo mestiere», avverte il decano dei docenti dì legge di Harvard, professor Miller. Il punto delicato, nell interpretazione dello psichiatra Daniel Friedman, è la confusione evidente «fra l'orgoglio di fare (che tradizionalmente definisce l'Identità personale e professionale di chi lavora) e l'orgoglio di avere», che invece è soggetto al modello e alla pressione dei media. Per seguire la spinta di un'epoca che premia solo Ut quantità, hanno distrutto se stessi. Forse non erano gli eroi forti, il personale nuovo che ci eravamo immaginati e che ci avevano annunciato. Forse non sono che le «avanguardie fragili». Ha detto uno degli avvocati che difendono Dennis Levine: «E' come la storia delle 400 paia di scarpe trovate nell'armadio di Imelda Marcos. Una volta che ti metti nel gioco della quantità, dove trovi il limite?» Furio Colombo New York. Dennis Levine, protagonista del caso più clamoroso

Luoghi citati: America, Bahamas, Columbia, New York