Gheddarfi non paga le ditte italiane il giudice gli blocca i conti in banca

Gheddcrfi non paga le ditte italiane il giudice gli biacca i conti in banca Iniziativa di 2 aziende a Milano e Piacenza (altre stanno per imitarle) Gheddcrfi non paga le ditte italiane il giudice gli biacca i conti in banca MILANO — L'annosa vertenza dei debiti della Libia verso le aziende italiane (in tutto circa 800 milioni di dollari, poco meno di 1500 miliardi, divisi tra centinaia di imprese) ha varcato la soglia delle aule giudiziarie. Il presidente della sezione feriale del tribunale di Milano, Diego Curtò, ha infatti accolto la richiesta di un'azienda milanese, la Co.Fa., e ha posto sotto sequestro conservativo per un importo complessivo di 5 miliardi i beni mobili (quindi conti correnti, azioni, titoli di credito) della Libia e di sei banche controllate dal governo di Tripoli depositati presso cinque istituti di credito italiani. La decisione del giudice milanese è datata 24 luglio; pochi giorni prima il magistrato di Piacenza, Massimo Bonati, aveva adottato un provvedimento analogo (stavolta il sequestro consentito ammontava a 2 miliardi) a vantaggio della C.F., una società di Calendasco. nel Piacentino, che fa parte dello stesso gruppo della Co.Fa. Forte di queste due ingiunzioni l'avvocato Enzo Marazzi ha organizzato a tempo di primato un piccolo blitz. Nella mattinata del 30 luglio gli ufficiali giudiziari si sono presentati a Milano nella sede della Comit e del Credito Italiano e a Roma in quelle di Bnl, Banco di Roma e Ubae (la banca araba con sede a Roma ma di diritto italiano) e hanno messo sotto sequestro 1 conti intestati a sei banche interamente possedute dallo Stato libico: la Central Bank of Lybia, la National Commercial Bank, la Jamahiriya Bank, la Wahda Bank, la Umm Bank e la Lybian Arab Foreign Bank. Il motivo? Il colonnello Gheddafi è stato citato presso i Fori competenti di Milano e Piacenza (le cause di merito sono state fissate per il 27 e 28 maggio 1987 e saranno precedute da due udienze all'inizio di maggio a Milano e a Roma in cui verrà fatto l'inventario dei beni sequestrati) per rispondere del mancato pagamento di forniture di macchinari effettuate tra l'80 e 1*81 dalle due aziende a società libiche. I crediti della Co.Fa. ammontano a 1 miliardo e 769 milioni di lire (il sequestro, come si è detto, è stato concesso per un ammontare di 5 miliardi), quelli della OF. a 968 milioni (sequestro per 2 miliardi). Poca roba, ma sufficiente però a mandare in rovina le due piccole aziende. La C.F.. infatti. vantava all'inizio degli Anni Ottanta una sessantina di dipendenti: ora ne restano una decina, sotto l'incubo del fallimento. Il mancato pagamento da parte libica ha trascinato l'azienda all'amministrazione controllata con poche prospettive di evitare il fallimento se non si risolverà la partita libica. Dì qui la decisione del commissario Giancarlo Lelli di tentare di salvare il salvabile con questa prova di forza dopo aver tentato, in anni di trattative attraverso i ministeri e direttamente con le autorità libiche, di venire a capo della vicenda. La Co.Fa. (una società commerciale in pratica in disarmo) è In condizioni solo di poco migliori. «Afa il problema ha dimensioni ben superiori — sottolinea l'avvocato Marazzi —. Almeno una ventina dì aziende, tra cui la Fratelli Dieci di Cesena, stanno aspettando l'esito di questa iniziativa giudiziaria per avviare procedure simili». La società di Cesena vanta circa tre miliardi di crediti. La Farnesina ha subito tentato di ridimensionare le iniziative dei giudici di Milano e Piacenza. «Si trotta di una normale vertenza privata — ha detto un alto funziona¬ rio — senza conseguenze diplomatiche, politiche o economiche*. Eppure, benché da parte libica non siano giunte reazioni salvo un rigido «no comment» dell'ambasciata, conseguenze potrebbero essercene. Innanzitutto, il mondo bancario non ha certo gradito l'intervento giudiziario. «La Questione rischia di diventare complicata, ha affermato uno dei banchieri interessati; ha aggiunto un funzionario: 'Finora le vere danneggiate sono le aziende italiane che non possono riscuotere, nonostante i benestare libici, le cifre accreditate perché i depositi sono sotto sequestro*. Le cinque banche, intanto, hanno preannunciato un'istanza in tribunale per avere chiarimenti sulla ingiunzione di sequestro che. in questi giorni, viene applicata nella forma più rigida. Ma i veri problemi sorgono sul versante industriale. Una parte del contenzioso (legato agli anni del boom delle esportazioni in Libia. nell'80-81, quando le imprese non si erano ancora cautelate con il meccanismo delle lettere di credito che ha riUgo Bertone (Continua a pagina 2 in quarta colonna)

Persone citate: Arab, Diego Curtò, Enzo Marazzi, Gheddafi, Giancarlo Lelli, Marazzi, Massimo Bonati, Piacentino