Al Walhalla come al caffè con Brunilde di Massimo Mila

Al Walhaìla come al caffè con Brunilde «Crepuscolo degli dei» e «Maestri cantori» di Wagner hanno chiuso il Festival di Bayreuth Al Walhaìla come al caffè con Brunilde La mitica eroina è stata interpretata da una Hildegard Behrens invasata e disperata: assolutamente grande - Successo irresistibile per i «Cantori» DAL NOSTRO INVIATO BAYREUTH — La Tetralogia «inglese», cioè con le scene di William Dudley e con la regia dedotta da quella di Peter Hall, si conclude con un Crepuscolo degli dei più soddisfacente dal punto di vista dello spettacolo che le precedenti Giornate. Certamente l'abitazione di Brunilde e Sigfrido, invece di essere tra rocce selvagge, è sempre in mezzo a quel rustico e calvo circolo di legno dove l'eroe aveva destato tra le fiamme (inesistenti) la sua nobile sposa. Ora 1 due hanno scavato nel legno e si sono procurati un piccolo monolocale sotterraneo. Quando Brunilde, rimasta sola dopo la partenza di Sigfrido per il fatale viaggio sul Reno, riceve la visita della collega Waltraute, che d'incarico di Wotan viene a scongiurarla di far ritorno al Walhaìla, la fa scendere nell'interrato con l'aria di chi dice: «Vieni giù, che prendiamo un caffè». Ma una volta che Sigfrido è sceso nel mondo degli uomini e la poesia della natura lussurreggiante cede il posto alla regolarità architettonica della reggia dei Ghibicunghi, la scena si fa accettabile e si presta allo svolgimento del l'azione. Assolutamente tradizionale la scena per la morte di Siegfried, che segue di proposito un cliché ormai consacrato, e abbastanza mosso, drammatico il gran pandemonio finale dove il fuoco e le acque del Reno si alleano per la distruzione del vecchio mondo, cioè dell'ordine borghese, e la palingenesi d'uno sperabile mondo nuovo. (Ultima opera del ciclo, il Crepuscolo è quella che reca più forti le tracce della con cezione originaria per La morte di Siegfried, quando Wagner faceva il rivoluzionario e non aveva ancora letto Schopenhauer). Dal punto di vista musicale, ferma restando l'ottima qualità dell'orchestra condotta da Peter Schneider e facendo la sua decorosa apparizione il coro, svetta in tutta la sua grandezza la Brunilde di Hildegard Behrens : ispirata, invasata e disperata, l'ammirevole sicurezza vocale le consente di sbilanciarsi verso lgdpmnSzdpR le punte più deliranti di tragicità. Il suo partner (per modo di dire, che qui la tradisce nel più vergognoso e turpe dei modi) non è all'altezza. Stranamente, ma di proposito, Sigfrido non è il tenore Toni Kramer che aveva abbastanza soddisfatto nella precedente Giornata. E' il tenore Manired Jung, che aveva impersonato Loge nell'Oro del Reno. Basta richiamarsi alla mente la voce stridula, volutamente ingrata che si richiede per quella parte, per comprendere che quella non sarà mai una voce eroica, da Sigfrido. Perché quella sostituzione? Per puri motivi di alternanza, di riposo? Forse si sarà voluto tener conto della tessitura un po' diversa che a Sigfrido si richiede nella Gàtterdammerung per quella scena quasi ripugnante in cui egli ritorna da Brunilde sotto le vesti del re Gunther per conquistargliela, le strappa l'anello, letteralmente la violenta e la possiede per tutta una notte, e per mettere in atto questa bella impresa deve rivolgerle la parola «con voce alterata e più cupa». Quindi, più che un tenore eroico, di squillo, va bene qui quello che i francesi chiamano un • ténor-baryton-, usandolo per Pelléas. Un po' come se noi ci decidessimo una volta a fare una Traviata con Lu- ciana Serra nel primo atto e con Mirella Freni nel secondo e nel terzo. Ma Sigfrido, nell'ultimo atto, quando fa ai compagni di caccia il racconto della sua vita e perciò la lunga ricapitolazione di tutta l'azione, ha bisogno d'una voce strepitosamente eroica e infaticabile, e qui Manfred Jung, ch'era bravo come Loge, non ce la fa. Non c'è più Wotan, nel Crepuscolo, e si perde cosi la salda presenza baritonale di Niemsgern. Ma ritroviamo, dall'Oro del Reno, il bravo Hermann Becht come Alberi' co; Hanna Schwarz, ch'era Fricka, ora è Waltraute e la seconda delle Nome; le altre sono Anne Gievang e Gabriele Schnaut, già apprezzate come Erda e come ottima, toccante Sigimela. I personaggi «nuovi» sono Gunther, sua moglie Gutrune e il torvo Hapen: decorosi Franz Mazura e Lisbeth Balslev, potente 11 basso Aage Haugland. il calendario di quest'anno, che viene ripetuto cinque volte, si chiude col trionfale ritorno dei Maestri Cantori nella messa in scena ormai istituzionalizzata di Wolfgang Wagner. Il successo irresistibile che regolarmente arride à questo spettacolo ultra-tradizionale, e col quale non si può fare a meno di concordare, sembra opporre una pericolosa ipoteca contro ogni velleità di rinnovamento della scena wagneriana. Unica innovazione, e abbastanza strana, l'abitazione di Hans Sachs: un interno bianco, luminoso, tra ospedaliero e conventuale, che stacca, per non dire stona, sul medievalismo gotico del primo atto. Nell'ultimo, grande festa popolare intorno a un enorme tiglio. Insomma, tutto secondo la regola. Ovviamente, sarebbe un po' difficile prendersi delle confidenze con la messa in scena del Meistersinger, opera che non si svolge nella libertà fantastica del mito, bensì in una precisa dimensione storica e geografica. Il risultato è entusiastico: Norimberga è a meno di cento chilometri di qui; è come se gli spettatori vedessero se stessi, i propri usi, quasi le proprie case sulla scena, In una gloria di orgoglio municipale. L'esecuzione è tenuta nelle salde mani di Horst Stein (che la sera prima ha diretto Capriccio di Strauss a Salisburgo e alle quattro del pomeriggio sale sul podio qui!), il largo coro diretto da Hermann Balatsch va bene, Hans Sachs è un misurato e posato Bernd Weikl, di bella voce gradevole, Eva è Marie Anne Hàggander, Manfred Schenk, Kurt Schrelbmayer, Martin Egei e Helmut Pampuch alcuni tra 1 numerosi Maestri Cantori. Il tenore Siegfried Jerusalem non ha interamente rinnovato là buona impressione lasciata come Sigmundo nella Walkiria: poco rilievo ha dato al nobile Walther von Stolzing, e francamente, la vittoria nel torneo dei Maestri non se l'è molto meritata, Invece l'eroe della serata, il superprotagonista, lo spettacolo nello spettacolo, per cui questi Meistersinger sono una cosa da non perdere, è Hermann Prey nella parte dell'antipatico Beckmesser. Questo finissimo liederista possiede certe doti di caratterizzazione scenica che travalicano i limiti dell'opera in musica e lo farebbero grande in qualunque forma di teatro. A cominciare dall'aspetto che si combina, tortuoso, grottesco, basso, insinuante, divorato dall'invidia, alle modulazioni incredibili del timbro vocale, tutto subordinato all'odioso, ma soprattutto ridicolo carattere del personaggio, è una figura che resterà in un Immaginario museo del teatro mondiale. Nel suo Beckmesser c'è di più dell'irrisione che ci ha messo Wagner. Sembra un Beckmesser riveduto e corretto da Gogol. Io che detesto il vezzo di trovare risvolti patetici nei personaggi comici, devo dire che per il Beckmesser di Hermann Prey ho provato pietà e quasi tenerezza. Un personaggio tutto studiato e rivoltato dall'Interno, sottoposto alla lente di un'invenzione creativa. Massimo Mila Richard Wagner visto da Levine (Copyright Opera Mundi e per l'Italia «La Stampa») pc

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