Jack Lemmon un povero tiranno

Jack Lemmon/ un povero tiranno In «prima» a Londra «Un lungo viaggio attraverso la notte», di O'Neill Jack Lemmon/ un povero tiranno LONDRA — n regista Inglese Jonathan Miller — del quale tanto si è parlato In Italia per la sua Tosca fiorentina — era a New York quando uno dei grandi impresari gli chiese chi avrebbe scelto come protagonista per Un lungo viaggio attraverso la notte di O'Neill. «r/no come Jack Lemmon., rispose in modo sorprendente. .Ami, Jack Lemmon stesso.. .Bene, è fatta., rispose l'impresario. E cosi venne montata la commedia che ha raccolto Tony Awards e code. Adesso lo spettacolo è arrivato a Londra, all'Haymarket, ed ha aperto con un cast totalmente americano ad un pubblico di attori, curiosi, fotografi e critici, tutti con gli occhi puntati sul grande attore americano che sembrava più portato alle parti comiche che a quelle tragiche. E forse non c'è protagonista più tragico di James Tyrone, il despota, l'ex grande attore che beve troppo, che ha sedotto la giovane figlia di un amico, Mary, e che ora se la ritrova vecchia, tre figli più tardi (uno morto), un fragile relitto. Nell'ambiente cattolico-irlandese non si parla del fatto che Mary (Bethel Leslie) è appena uscita da una clinica, che è tossicodipendente. La morfina che un dottoretto le dava per calmarle i dolori dopo la nascita del terzo figlio, Edmund, non l'ha più lasciata. E non appena ritorna all'ambiente claustrofobico della famiglia, torna alla morfina, torna ad essere un fantasma che tormenta gli altri con la propria pre- senza, .un fantasma che tormenta il passato., dice di lei Jamie, quel primogenito che odia tutti perché odia se stesso e disprezza il padre alcolizzato e beve anche lui. Tutto va a rotoli sul palcoscenico disegnato da Tony Straiges, l'odio esalta le parole, i momenti di tenerezza durano pochi secondi. Edmund (Peter Gallagher) è malato di tisi, tutti lo sanno ma nessuno lo vuole sapere. I quattro protagonisti continuano a tormentarsi l'un l'altro, scavando dentro le piaghe che ognuno dì loro ha. L'interpretazione di questa compagnia esalta la grandezza del testo. Il regista Jona¬ than Miller tratta Tyrone, il tiranno della casa, con mano leggera: la sua figura non troneggia. Jack Lemmon esplode in momenti di verità, ritornando poi ad essere il meschino, povero se stesso. E' un ex attore, un ex bell'uomo, un bullaccio, degno di continuo disprezzo e perde la dimensione del tiranno, del leone. Per la maggior parte degli spettatori era impossibile dimenticare l'ultimo allestimento di questo dramma di O'Neill a Londra nel quale Laurence Olivier era il padre-padrone e la Cummings — nella parte di Mary — spariva, minuta, tiranna nella mntbArq malattia, con la sua parlantina nevrotica. La Leslie (molta televisione, film e una buona carriera teatrale in America) non riesce ad essere la protagonista che, anche quando non è sulla scena, tiene gli altri sul filo del rasoio. Quando, nell'ultimo atto, scende le scale come un orrendo fantasma, il suo vestito di nozze sbrindellato addosso (.scena della follia: entra Ofelia, declama freddo il figlio Jamie), strappa una risata al pubblico mentre quell'apparizione dovrebbe raggelare il sangue e quella frase cadere nel silenzio. Kevin Spacey è Jamie, il figlio che ha tanto odio in sé e tanto ne dissemina. Spacey è un grande attore che ha una lista di ottimi lavori tanto nel cinema quanto nel teatro. Ma è Lemmon il punto di forza di questo difficile testo. I capelli bianchi gonfi (se li riempie di gelatina), un pettinino sempre in mano, sperando che gli altri membri della famiglia non notino la sua patetica vanità, Lemmon si specchia contro i vetri neri della notte che lo scenografo ha appostato nel semplicissimo scenarlo, tra quei famosi lampadari che 11 despota nella sua avarizia non vuole mai accendere, e quelle scale che portano al primo piano, all'interno, alla morfina. E' un grande attore nell'osservazione del personaggio, anche se, come si diceva, segue una regia che diminuisce il tiranno, lo rende troppo meschino. Questa regia ha avuto l'idea di tagliare un po' il testo nei primi due atti (ma lo spettacolo dura tre ore e tre quarti) accavallando le frasi dei dialoghi: tanto ognuno in quella famiglia parla da solo. .Non ho mai recitato a Londra — ha detto Lemmon al Times — e mi sento come un ragazzino*. Questo attore dalla vena agrodolce, che Wilder usò cosi bene in A qualcuno piace caldo, ha aggiunto: .E' la prima volta che recito O'Neill.. Ci ha lavorato moltissimo, ha cesellato la parte di James Tyrone e gli applausi londinesi hanno confermato che Jonathan Miller aveva avuto ragione. Dopo Broadway, grande successo della storia di una famiglia che va a rotoli. Un cast tutto americano, ma il regista è l'inglese Jonathan Miller. L'attore ha detto «Non avevo mai recitato a Londra, mi sento emozionato come un ragazzino». Jack Lemmon per la prima volta recita un dramma di O'Neill

Luoghi citati: America, Italia, Londra, New York