Una vendetta chiamata «Cinq» di Barbara Spinelli

Una vendetta chiamata «Cinq» Un gioco di poltrone dietro la sentenza di morte per la tv di Berlusconi Una vendetta chiamata «Cinq» Polemiche anche in Francia per la decisione di Chirac - A nulla è valso il successo commerciale della rete e l'aumento degli indici di ascolto - Quel che Mitterrand ha fatto, la destra disfa DAL NOSTRO INVIATO PARIGI — Strano modo di procedere, quello dei neo-liberali che governano oggi la Francia. Nel marzo scorso, quando Chirac divenne primo ministro, avevano promesso di agire diversamente dai socialisti: avrebbero evitato la caccia alle streghe — cosi garantirono — e per quanto riguarda radio e televisione si sarebbero lasciati guidare da criteri puramente professionali, non politici. Invece sabato scorso il governo ha pronunciato una sentenza di morte nei confronti della «Cinque» di Silvio Berlusconi che ha l'inequivocabile sapore di un regolamento dei conti. Non è in causa la qualità più o meno gradevole della rete nata un anno fa, non conta il suo Ìndice d'ascolto. Berlusconi cade perché cosi vuole il gioco al massacro fra destra e sinistra, fra Chirac e Mitterrand. Con fare regale, il presidente socialista aveva concesso la Cinq all'imprenditore italiano, il 20 novembre 1985. Con fare altrettanto regale, il premier gollista disfa adesso quel che l'Eliseo aveva deciso, per meglio dimostrare quanto fragile sia il monarca, e quanto giustificata la propria pretesa a rimpiazzarlo. Per l'occasione, Chirac disfa anche la nuova rete musicale: la Sei. Forse perché ha in testa progetti alternativi? Tutt'altro: è per poter giocare più liberamente con le poltrone che il governo di centro-destra scaccia i padroni della Cinque e della Sei, nello stesso momento in cui annuncia la privatizzazione del primo canale pubblico. Cosi i contatori saranno azzerati per tutti: potrà cominciare il balletto delle nomine e a danzare saranno invitati gli amici politici di Chirac e i beneficati di Mitterrand, Robert Hersant e Silvio Berlusconi. I progetti degli uni e degli altri sono di secondarla importanza — tanto si sa che Hersant non farà cose differenti da Berlusconi, che Hachette o RTL o Goldsmith sono candidati senza programmi —. Ma tutti devono sentirsi tributari del nuovo potere, e non di quello vecchio. Questa è la bizzarra regola del gioco imposta dai neo-liberali: privatizzare è la parola d'ordine, ma quest'ultima non ha più rapporto con la realtà. In realtà la Cinque e la Sei non sono più vere e proprie reti private. Il loro successo commerciale diventa marginale. Solo il potere politico ha su di esse diritto di vita e di morte, esattamen¬ te come accade nella televisione di Stato. Di qui la sorpresa della stampa, all'indomani del verdetto. Perfino i giornali che avevano diffidato di Berlusconi — «Liberation», «Le Monde» — si meravigliano per l'assenza di un vero processo, e per la condanna sommaria. Criticano la frettolosa impreparazione mostrata a suo tempo da Mitterrand, ma sono non meno severi con Chirac il killer. Quanto ai giornali filo-governativi, l'esultanza è gran- de ma le analisi scarseggiano. Finalmente abbiamo fatto fuori la tele-spaghetti di Mitterrand», si entusiasmano patriotticamente in coro. Ma nessuno ha l'ardire di fare un bilancio serio di questa prima esperienza di televisione privata in Francia. Di capire come mal l'indice d'ascolto della «Cinq» si è ultimamente rigonfiato (15 per cento nelle zone che captano la rete), perché il 69 per cento dei telespettatori si sono dichiarati contrari alla rottura del contratto. E come mai alcune categorie (artigiani, commercianti, casalinghe, giovani) preferiscano guardare le private più che le tre pubbliche. In altre parole, il caso Berlusconi sta a dimostrare quanto poco Sia cambiata la Francia politica, con l'avvento di Chirac. Come anzi si stia irrigidendo. Non a caso l'affare della «Cinq» in simultanea con una crisi grave dell'..Express-, il settimanale che fu di Raymond Aron. Anche qui tira aria di vendetta, è giunta l'ora dei killer. Cosi vuole Jimmy Goldsmith, l'ex liberale divenuto militante. Montano i giornalisti di battaglia, e di potere. E' licenziato per oscuri motivi il capo redattore della cultura Philippe Meyer, professionalmente ineccepibile, apprezzatissìmo dal pubblico ma politicamente incontrollabile. •Non aggiogatile», come voleva Raymond Aron. Ma non è decisamente Aron, il modello dei nuovi padroni di Francia. Barbara Spinelli

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