Il falco sfrattato di Giorgio Martinat

Il falco sfrattato L'ambiente urbano seleziona le specie Il falco sfrattato H «pellegrino» un tempo controllava la crescita dei colombi, oggi padroni delle città - Impossibile reintrodurla sono troppo pochi to gentile, distruggendone i nidi e divorandone le uova e i pulcini. La provincia di Cuneo, dopo aver offerto una taglia di cinquemila lire per ogni cornacchia abbattuta (un modo diseducativo e brutale di risolvere il problema), ha quest'anno delegato ai fucili dei guardacaccia il compito di ridurne il numero. E in tutte le città, non solo italiane, i piccioni sono diventati un grosso problema. A Torino, l'ordinanza del sindaco Cardetti, che vieta di dar loro da mangiare, ha scatenato una guerra. Sono una piaga di cui sembra difficile liberarsi. C'è chi propone l'uso di mangimi sterilizzanti, per impedire che si riproducano, ma è una misura di dubbia efficacia per gli specialisti. .Dovrebbero essere somministrati in continuazione — dice Franca Zanichelli — e bisognerebbe essere sicuri che non si cibano d'altro, perché questi mangimi sono come la pillola: un'interruzione vorrebbe dire il ripristino e forse l'accrescimento della fertilità.. C'è chi propone la reintroduzione degli antagonisti naturali: rapaci, corvidi, gabbiani. .Per amor del cielo — insorge Franca Zanichelli — non parliamo di falchi. L'unico adatto sarebbe il pellegrino, ed è già abbastanza raro per rischiare di estinguerlo andando e prelevarlo nel suo ambiente naturale per trasferirlo in città a dare la caccia ai piccioni. E poi, chi ci garantisce che si adatterebbe?.. Incalza Mingozzi: .Ne accorrebbe comunque un numero enorme: ormai la sproporzione fra prede e predatori ha superato ogni livello ragionevole.. Il ricorso ai gabbiani o alle taccole va incontro alla stessa obiezione: «Si rischierebbe soltanto di sostituire un flagello con un altro.. Che fare, allora? .Prima di tutto — risponde Mingozzi — smettere di affrontare il problema all'italiana, cioè su basi puramente emotive. Anche dei piccioni, come di tutto il mando animale, da noi si sa poco. Occorre prima di tutto Chissà se i falchi pellegrini Incoronano ancora con i loro voli la Torre della Giralda, a Siviglia, aggiungendo un pizzico di fascino turistico all'antico minareto. Forse hanno dovuto andarsene, i rapaci non abitano più in città, sui campanili, il loro posto è stato preso dai piccioni. La civiltà industriale, l'urbanesimo, hanno cambiato anche 11 mondo degli animali: molte specie si avviano lentamente a scomparire; altre, commensali dell'uomo, prosperano in questa società che è stata definita dei rifiuti, oltre che del consumo e dello spreco. Dice Franca Zanichelli, della Lega italiana Protezione Uccelli di Parma: .Ormai l'ambiente urbano è per queste specie il luogo d'elezione. I gabbiani invadono le città di mare, anche i passeri stanno diventando un problema, la tortora dal collare è sempre più frequente nelle vie cittadine. Gli storni ne hanno fatto il loro dormitorio invernale, arrivano anche le gazze.. Le cause? La campagna è sempre più inospitale, bruciata da diserbanti, anticrittogamici, concimi chimici, attraversata da una rete sempre più fitta di strade. La cultura intensiva ha fatto scomparire le siepi e i merli sono venuti a ritrovarle nei giardini della città: un fenomeno che Londra aveva conosciuto già due secoli fa. al tempo del decollo industriale, quando i piccoli proprietari erano stati espulsi dalla campagna e si erano inurbati, fornendo alle fabbriche nascenti le prime schiere di proletari. Dice l'ornitologo Toni Mingozzi, docente all'Università di Cosenza: .Scompaiono gli animali più specializzati, legati e rigide condizioni ambientali, prosperano le specie più adattabili, più versatili.. Non sempre le più apprezzabili per la ricchezza e la bellezza della natura: in campagna si moltiplicano grazie all'abbondanza di discariche le grigie cornacchie dal verso sgradevole e, In un circolo vizioso, contribuiscono alla scomparsa dei silvidi dal can¬ studiarne abitudini, alimentari e riproduttive, poi elaborare una soluzione seria. Non credo che vietare di dar loro le briciole di pane serva a qualcosa.. Ma non si potrebbe semplicemente rassegnarsi ad accettarli, tenuto conto che in fondo portano una nota gentile nella solitudine del cittadino prigioniero del cemento? Purtroppo per loro, non si limitano a provocare gravi danni al patrimonio artistico, alleandosi con le loro deiezioni all'atmosfera cittadina carica di veleni corrosivi. Possono rappresentare anche un pericolo diretto per la salute pubblica. Lo ha dimostrato, proprio per Torino, un'inchiesta condotta dalla facoltà di Veterinaria, che ha fornito argomento alla tesi di laurea di Carla Bieler. Dice Gaspare Valenti, docente di patologia e profilassi delle malattie infettive degli animali, che ha firmato la tesi con la studentessa: .E' risultanto che almeno il tre per cento dei piccioni torinesi sono portatori di salmonelle, e la documentazione fotografica allegata, che li riprende sui balconi, sui fili di stenditoi, nei mercati ortofrutticoli, insomma a stretto contatto con l'uomo, dimostra che il pericolo di contagio non è da sottovalutare. L'inchiesta andrebbe approfondita ed estesa ad altri focolai di infezione di cui i piccioni risultano affetti, la toxoplasmosi e Vomitosi. Ma scarseggiano i fondi: qui all'Università ci si scanna per una lira. E manca soprattutto la possibilità di condurre l'indagine non solo sulle deiezioni, come abbiamo fatto fino ad ora, ma direttamente sugli animali. Catturarne qualcuno, anche a scopo di studio, vorrebbe dire suscitare un putiferio.. Cosi, anche per questo problema come per molti altri del mondo animale, dalla gestione dei parchi naturali alla caccia, si va avanti all'italiana: nell'ignoranza, ondeggiando tra opposte reazioni emotive. Giorgio Martinat

Persone citate: Cardetti, Carla Bieler, Franca Zanichelli, Gaspare Valenti, Mingozzi, Toni Mingozzi

Luoghi citati: Cuneo, Londra, Siviglia, Torino