La Malaysia al voto rischia gli ayatollah di Renata Pisu

La Malaysia al voto rischia gli ayatollah OSSERVATORIO La Malaysia al voto rischia gli ayatollah In Malaysia oggi gli elettori sono chiamati alle urne e si prevede una forte affluenza perché durante la campagna elettorale tutti i maggiori partiti hanno gridato «al lupo!»: e il «lupo», per i malay-malesi, il 53 per cento della popolazione, sono i cinesi; per i cinesi, che su 15 milioni di abitanti ammontano al 34 per cento e che possono contare su un 9 per cento di pavidi ma sicuri alleati indiani, il «lupo» sono i malay-malesi. Questo Paese multirazziale in cui una razza, la malay, è per diritto di Costituzione «privilegiata>> da quando ha ottenuto l'indipendenza, nel 1957, è sempre stato governato ialYUmno. una coalizione, o Fronte nazionale multirazziale che alle ultime elezioni, nel 1982, ha conquistato i due terzi dei seggi in Parlamento, una maggioranza assoluta ma su basi precarie, sempre rimesse in discusssione dalla questione razziale: e qui, come altrove ma con margini numerici assai ristretti e con una diseguale distribuzione della ricchezza, è la razza che decide del credo politico. Soltanto alle elezioni del 1969 YUmno non riuscì a ottenere la maggioranza dei due terzi e per una settimana si scatenò un pogrom contro i cinesi, mercanti, bottegai e grandi business-men, che costò la vita a migliaia di persone. Oggi si vota dunque in Malaysia e molto probabilmente la coalizione dell' Umno, guidata dall'energico Primo Ministro Mahatir che ha indetto questa consultazione elettorale con 11 mesi di anticipo sulla scadenza prevista, riuscirà a prevalere, almeno stando alle previsioni ufficiali, cioè a quanto conti¬ nuano a ripetere giornali, radio e televisione, ossequiosi al potere e poco disposti a dare spazio alle voci dell'opposizione. Non si nasconde però il timore che i risultati di queste elezioni ricalchino quelli del 1969, quando i vari partiti di opposizione ottenere insieme circa il 50 per cento dei suffragi: in tal caso Mahatir sarebbe costretto a dimettersi dalla carica di Primo Ministro e di presidente dell' Umno. E potrebbe scatenarsi la violenza di piazza, proprio come accadde nel maggio del 1969. Oggi però la situazione politica e razziale malese si è andata complicando con l'avvento del Pas, il partito integralista islamico che gua dagna sempre maggiori consensi, appoggiato anche dai non musulmani, cioè dai cinesi che finora, per paura dell'estremismo religioso alla Khomeini predicato dal Pas, hanno sempre dato il loro voto o al partito di governo malay o al Dap, il Partito di Azione Democratica, moderatamente progressista ma, quel che più conta, tutto o quasi «cinese». Il partito «cinese», forte prevalentemente a Kuala Lumpur e negli altri grossi centri urbani, ha declinato ogni offeita di alleanza con gli estremisti del Pas che vorrebbero fare della Malaysia, dove già l'Islam è religione ufficiale, uno Stato confessionale. Il leader del Partito di Azione Democratica, Lim Kit Siang, durante la campagna elettorale ha messo bene in chiaro che i malay di origine cinese non intendono più essere discriminati come «cittadini di secónda classe», cosa che oggi viene sancita dalla Costituzione, e che la comunità cinese, 29 anni dopo l'indipendenza, 17 anni dopo il sanguinoso pogrom del maggio '69, ha il diritto di affermare senza costrizioni il proprio ruolo politico e economico. Ma mentre il Dap corre per conto proprio, contro il governo, contro il Mca, cioè l'Associazione cino-malese, il partito che dovrebbe rappresentare gli interessi dell'etnia cinese all'interno della coalizione dell'Omo e contro i fondamentalisti islamici del Pas, assai potenti nelle zone rurali, a livello di villaggio, molti cinesi sono inclini a una «innaturale» alleanza con il Pas. La loro logica è che le cose stanno andando male ormai da troppo tempo e che il Pas predica l'avvento di uno Stato islamico «giusto» e non «razzista», basato sugli insegnamenti del Corano. Siccome la comunità di origine cinese non può aspirare a formare un proprio governo, l'unica è tentare un «ricambio» appoggiando un partito — e una fede — che tra i malay-malesi autentici è tanto popolare. Questo il ragionamento dei leader di alcune formazioni politiche «cinesi» che sperano, alleandosi'al Pas, di «rafforzare la democrazìa», non di certo l'Islam. - Si tratta chiaramente di un'alleanza «tattica» che potrebbe però rovesciarsi a tutto svantaggio cinese in caso di un'affermazione consistente del Pas. In conclusione oggi la grande battaglia è tra Umno, la coalizione multirazziale governativa, moderatamente islamica, accusata di corruzione e di una quasi «débàcle» economica, e Pas, il Partito islamico che vuole stabilire il regno degli «incorruttibili», degli ayatollah e non dei politicanti. Renata Pisu

Persone citate: Khomeini, Mahatir

Luoghi citati: Kuala Lumpur