Attenti alle amnistie di agosto di A. Galante Garrone

Attenti alle amnistie di agosto Attenti alle amnistie di agosto E' chiaro a tutti che l'amnistia, preannunciata da troppo tempo, non può essere rinviata alle calende greche. Si deve anzi far presto: e non tanto per il timore di fermenti e agitazioni nelle carceri, quanto perché promesse come quelle, fatte solennemente a tutti i livelli, vanno mantenute, per elementari ragioni di serietà e coerenza. Ma non illudiamoci che basti questo ad affrontare, in modo imponente e duraturo, il problema del sovraffollamento delle carceri: che è il motivo più comunemente addotto a favore dell'amnistia. 11 sollievo sarà in ogni caso modesto, e di breve durata: mentre proprio quel problema si fa sempre più grave e assillante. Abbiamo sentito, nei giorni scorsi, descrizioni allucinanti del reclusorio di Poggioreale, con una ventina di detenuti stipati in una sola cella, e condizioni di vita subumane. Una vergogna nazionale. E' di ieri la notizia di un'interrogazione parlamentare dei liberali. Ma far presto non vuol dire far le cose alla carlona; e, peggio ancora, togliere a pretesto l'urgenza della situazione, per tentar di strappare, approfittando dell'euforico clima vacanziero e della legittima ansia di un po' di riposo, qualche emendamento del progetto del decreto di amnistìa, presentato dal ministro Martinazzoli. (A proposito, c'era proprio bisogno di sostituire, nell'ultimo minirimpasio, uno dei migliori guardasigilli della nostra storia repubblicana?). Parliamoci chiaro. E' inutile nascondersi il pericolo di qualche trabocchetto, o astuto colpo di mano, per allargare le maglie del decreto. Sono queste le mire di coloro che vorrebbero introdurre, di soppiat to e all'ultimo momento, all'italica insegna del volèmose bene disposizioni a favore di pubblici funzionari corrotti, di ingordi corruttori, petrolieri, elargitori di fondi neri; di tutu' coloro, insomma, che sono ormai comunemente designati come «ladri di Stato». Signori deputati e senatori, tenete gli occhi ben aperti, non assopitevi in quest'afa agostana; sventate le insidie di quei — speriamo pochi — vostri colleghi che parleranno di pacificazione, di doverosi macigni sul passato, di rigenerazione ormai avviata del costume dei partiti e della classe dirigente in genere, della necessità di far giustizia di accuse sommarie e globali, accolte da una magistratura troppo credula Non sarà un dibattito semplice; perché — come diceva Martinazzoli — «esistono vari contrasti da eliminare tra chi vuole un provvedimento più restrittivo e chi, invece, desidera che sia più ampio». Non so se abbia ragione Stefano Rodotà, su la Repubblica, di suggerire uno slittamento della discussione in aula al principio di settembre, previo un tassativo impegno dei partiti. Ma è certo, e in questo concordiamo con lui, che il prowedimento va meditato con estrema attenzione, e senza cedimenti in extremis. Non vediamo la necessità di ulteriori emendamenti restrittivi, che tra l'altro deluderebbero speranze già legittimamente sorte. Un solo, sostanziale chiarimento ci par necessario, prima del voto. I benefici non possono essere estesi ai più alti funzionari della Guardia di Finanza, a imputati come i generali Giudice e Lo Prete. Sarebbe un privilegio inammissibile, inesplicabile. Quanto al resto, al vasto campo della corruzione pubblica, alle collusioni tra potere politico, partiti, affaristi di ogni risma, qualsiasi cedimento offenderebbe la coscienza dei cittadini onesti, sa¬ rebbe una resa definitiva del mondo politico all'immoralità della vita pubblica. Su questo punto essenziale, Rodotà ha ragioni da vendere. Di una cosà siamo certi: che non siamo in pochi a pensarla così. Non è da «ingenui» ostinarsi a credere nella supremazia della coscienza morale, «in questa voce disinteressata alla quale non puoi non obbedirti: come diceva un uomo politico di altri tempi, caro alla nostra memoria. Rifletta dunque il Parlamento sulle sue responsabilità, prima di decidere il suo voto sull'amnistia E ciò anche per due ragioni fondamentali: in omaggio al Capo dello Stato che è, in definitiva, il supremo titolare di questo potere d'indulto; e per rispetto dell'opinione pubblica, che non è poi così ignara, insensibile, scettica o rassegnata, come certi politici s'immaginano. A. Galante Garrone L'insidia degli emendamenti a favore dei «ladri di Stato»

Persone citate: Giudice, Lo Prete, Martinazzoli, Rodotà, Stefano Rodotà