Cosi vacillò Gorbaciov

Cosi vacillò Gorbaciov I sei giorni di Cernobil ricostruiti da Harrison Salisbury Cosi vacillò Gorbaciov La crisi, le ansie, l'isolamento del leader sovietico, tra i colpi bassi dei suoi avversari Harrison Salisbury, il più famoso veterano del giornalismo americano, ha pubblicato numerosi libri ed inchieste sul mondo comunista. Questo articolo appare simultaneamente sul supplemento domenicale del New York Times e, per l'Italia, su La Stampa. In una vecchia skazka (fiaba) russa, una donna deve lavarsi le mani per l'eternità, nel tentativo di togliere il sangue del marito che ha ucciso. Per tutta questa estate, le autopompe gialle hanno spazzato la polvere radioattiva dalle strade di Kiev e dalla cintura di centri abitati intorno al reattore nucleare danneggiato di Cernobil. Si spera che per l'autunno la maggior parte della polvere se ne sia andata. Non così per il fallout politico, che è tutt'altra cosa. Dieci giorni di colloqui in Urss, e l'accurato controllo delle mosse della diplomazia e della propaganda sovietiche, non mi lasciano molti dubbi: il disastxo nucleare di Cernobil ha messo in pericolo la «nuova linea» del leader sovietico Mikhail Gorbaciov. Che è passato energicamente al contrattacco; ma proteggere, man¬ tenere la sua posizione di primus ititer para nel PoUtbjuro richiederà forse tutta la sua abilità politica, che è notevole. Secondo molti alti esponenti sovietici, Cernobil ha costretto Gorbaciov su posizioni dure per parare i tentativi di scalzarlo fatti dall'irriducibile vecchia guardia del Cremlino. Quei funzionari ritengono che il problema di mantenere il potere al Cremlino — l'agone politico più duro del mondo — dominerà la linea di Gorbaciov sia sul piano interno, sia su quello internazionale, al di sopra del vertice o non vertice, delle manovre della Osa Bianca, delle offensive propagandistiche, dei negoziati sul disarmo, dell'unità o delle divisioni dell'Occidente. Per tradizione, il segreto avvolge la politica sovietica; ma il trauma di Cernobil ha costituito una rara occasione per fare alcune nuove valutazioni, rivedere certi cliché e dissolvere le illusioni su molti punti. Nessuno a Mosca indica che Gorbaciov sia stato irrimediabilmente danneggiato, o che sia già sorta un'attiva coalizione di oppositori: ciò che si dice è che la vicenda ha fatto il gioco di personaggi come Andrei Gromyko, l'ultimo del¬ la vecchia guardia nel PoUtbjuro, e di esponenti militari quali l'imprevedibile maresciallo Nikolai Ogarkov. Questo servizio si basa quasi integralmente su colloqui avuti a Mosca nelle ultime settimane. Gli incontri, a titolo confidenziale, si sono svolti tra l'altro con quattro alti funzionari del Comitato Centrale e della Segreteria del partito comunista che hanno tutti rapporti diretti con Gorbaciov. Ci sono stati colloqui anche con alcuni consiglieri a livello inferiore, di quelli che preparano le relazioni e le racco- mandazioni che possono essere 0 non essere sottoposte dai loro superiori alla considerazione del PoUtbjuro, e con parecchie persone che conoscono 1 rapporti politici e personali all'interno di quell'organismo. Tutte le persone che ho ascoltato, al di là delle loro opinioni politiche e del loro pùnto di vista, hanno concordato su un punto: la tragedia di Cernobil ha aperto un periodo di crisi interna a Mosca. La maggior parte di coloro che hanno espresso un parere ritiene che Gorbaciov manterrà il potere: ma a quale prezzo? Uno ha ricordato l'incidente dell'U-2, il 1° maggio del 1960, quando l'abbattimento dell'aereo-spia americano su Svcrdlovsk mandò all'aria il progetto del presidente Eisenhower di andare in Unione Sovietica. Il defunto Nikita Kruscev resistette quattro anni come leader dell'Urss, ma confessò a un amico americano: «Non ho mai recuperato il mio potere politico. Da quel momento sono stato trascinato in una dura lotta». Kruscev fu costretto a ridimensionare i suoi piani di riforme per mantenere l'incarico; e da ultimo venne silurato. Prima del maggio di que¬ st'anno, Cernobil diceva beri poco alla maggior parte dei russi. Così chiamata per un arbusto aiste e polveroso che cresce dalla terra calcarea alla vicina confluenza dei fiumi Dnieper e Pripyat, Cernobil era una cittadina tranquilla. E' stato questo angolo appartato e pigro di Russia, ora butterato da un formidabile complesso di centrali atomiche, a monopolizzare l'attenzione di Mosca nei «sei giorni di maggio», il periodo dal 28 aprile al 4* maggio durante il quale, secondo un collaboratore di Gorbaciov, né il leader sovietico né altri nel PoUtbjuro seppero quando, come o se il disastro atomico potesse essere riportato sotto controllo. All'epoca, un collega di Gorbaciov disse: «Francamente, ci sentivamo sul filo». Cera il timore che gli Stati Uniti cogliessero l'occasione per una manovra antisovietica, e la preoccupazione che gli oppositori di Gorbaciov sfruttassero la crisi. Questi timori, hanno fatto capire i collaboratori di GorHarrison Salisbury Copyright «The New York Times Mogazine» e per l'Italia «La Stampa» (Continua a pagina 5 in prima colonna)