Un bel Sigfrido ma non si vede di Massimo Mila

a Bayreuth l'opera diretta da Schneider e celebrazioni di Liszt a Bayreuth l'opera diretta da Schneider e celebrazioni di Liszt Un bel Sigfrido/ mg non si vede il dramma musicale wagneriano è anche spettacolo, e da guardare non c'è quasi mai mente perché è sempre tutto buio Nell'ultimo atto Brunilde guerriera aerobica - Piena luce invece per il concerto diretto da Barenboim: un trionfo DAL NOSTRO INVIATO BAYREUTH — Dal punto di vista musicale, senz'altro un bel Sigfrido. Nel personaggio centrale di Wotan, il baritono Niemsgern mantiene alto il livello della sua prestazione vocale e interpretativa; vere lezioni di eloquenza i suoi dialoghi con Mime, con Alberico, con Erda e col giovane, irriverente Sigfrido (quest'opera è quasi interamente un seguito di conversazioni a due). Hildegaard Behrens forma una Brunilde sempre piti vibrante; il Mime di Peter Haage è un modello di tenore querulo, piagnucoloso, ai limiti del grottesco. Soltanto Hermann Becht. indisposto, dovette farsi sostituire, come Alberico, dopo il primo atto. La Erda di Anne Gievang è cosi nobile e ben scandita nell'emissione vocale, da rendere quasi sopportabile l'interminabile dialogo con Wotan. L'opera richiede uh nuovo tenore, nientemeno che il protagonista, e Toni Kramer uno dei migliori Siglridi che si possano oggi sentire: regge il confronto coi grandi del passato. E' aitante di voce, ha squillo, un vero Hcldentenor, e tuttavia senza gigioneria. Raggiunge gli acuti con facilità, e ciò permette un ascolto tranquillo, riposato, senza che si debba star lì a chiedersi con timore: ce la farà, non ce la farà? Infine la direzione di Peter Schneider è una forza, una sicurezza. Forse si potrebbe solo desiderare un po' più di scatto, un po' più di frenesia nell'entusiasmo, come ci sanno mettere al momento opportuno Barenboim nel Tristano e Sinopoli nel Tannluiuser. Un gran bel Sigfrido, dunque, se non fosse che l'opera — e soprattutto il dramma musicale wagneriano — è an- Nell'ultimo atto ritroviamo Brunilde addormentata in mezzo al suo tavolato di legno circolare. Anche quella parca corona di luci che Loge vi aveva suscitato intorno, quasi fiammelle a gas, sul finire della Walkiria, è sparita. Devono essere passati i pompieri e hanno spento tutto. Sigfrido entra scavalcando un piccolo scalino che non presenterebbe difficoltà nemmeno per un ottuagenario. Brunilde, ridesta, si tira su a sedere e compie alcuni movimenti dì ginnastica aerobica. Giusto: è una guerriera, e si preoccupa di ricuperare la forma atletica. Liberata dall'elmo e dalla corazza, resta in calzoni lunghi di cuoio nero e maglietta bianca. Come si fa a credere nell'entuslasmante «Heil dir, WelU. salute a te. o mondo, quando lo intona con bellissima voce? che spettacolo, Schauspiel. «Schauen», salvo errore, vuol dire «guardare», e qui da guardare non c'è quasi mai niente, perché è sempre tutto buio. Quel poco che si vede è triste, vecchio, meschino. Eccettuato l'interno della casa di Hunding nella Walkiria. non s'è vista una scena che suggerisse qualcosa, che collaborasse all'espressione cosi generosamente dispensata dalla musica. Negli esterni, cerchi invano la selvaggia virulenza della foresta tedesca. Paesaggi che stanno tra Poussin e Fontanesi: autunnali, malinconici, tanto «poetici» e spirituali. Perfino la caverna dove dimora Fafner il drago, si ha l'impressione, per quel po' che si vede, che sia ubicata in un grazioso giardinetto all'inglese. Forse era il caso di ricordarsi che ci sono stati pittori come Van Gogh e il Doganiere. La «prima» a Taormina del lungo spettaco Nella consueta conferenza annuale agli Amici di Bayreuth, Wolfgang. Wagner ha spiegato che le insufficienze sceniche di questo «Ring inglese», giunto con quest'anno a terminazione, si debbono al fatto di aver dovuto rinunciare all'originaria concezione unitaria a causa di problemi tecnici che non permisero di attuare l'ideale wagneriano dei cambiamenti di scena a vista, per i quali ci sarebbe voluta una piattaforma da muovere idraulicamente. * * Ritorneremo, se mai. su questi aspetti in sede di bilancio conclusivo. Ora occorre ricordare che il Festival wagneriano si è interrotto il 31 luglio per lasciar posto alla celebrazione di Liszt. morto qui cent'anni or sono. Cerimonie solenni, deposizione di corone sulla tomba in Duo- lo con la Gassman mo, ricevimento di delegazioni ungheresi, discorsi d'autorità sugli aspetti europei <> cosmopolitici della vita di Liszt. Era previsto un concerto sinfonico al Festspielhaus. diretto da Pierre Boulez e con Daniel Barenboim al pianoforte nel secondo Concerto. Poi Boulez non potè venire. Niente paura. Barenboim. che pochi giorni prima aveva sostenuto per conto suo un concerto pianistico nel bellissimo teatrino settecentesco della città, con la Sonata in si minore e le Années de pélérinage. questa volta lascia il pianoforte e sale sul podio. Accompagna nel Secondo Concerto il giovane e ottimo pianista Christian Zinimermann, poi continua con la Faust-Symplionie nella versione definitiva, quella con raggiunta di un Finale vocale per tenore e coro maschile. Non sono due capolavori assoluti di poesia musicale: sono saggi di alta eloquenza. Nel teatro stipato fino all'inverosimile, con orchestra e direttore emersi una volta tanto dal golfo mistico e piazzati bene in vista sul palcoscenico sacro agli eroi nibelungici, col massimo d'illuminazione in sala, poiché qui si fanno le opere al buio ma i concerti in piena luce, la serata è stata trionfale: per il pianista, per il tenore Robert Schuak (il Melot del Tristano e il Walter von der Vogelweide del Tannhauser). per l'orchestra e per il coro, ma soprattutto per Barenboim. questo versatile musicista che non sai se ammirare di più alla testa di un'orchestra o alla tastiera d'un pianoforte, e che qui a Bayreuth ha dato, e soprattutto quest'anno sta dando la piena misura delle sue molteplici possibilità. Massimo Mila

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