Il superteste ha paura

" superieste ha paura " superieste ha paura Palermo, Chebel Ghassan non si presenta al maxiprocesso Il libanese scrive dal carcere: «Mi vogliono uccidere» - L'udienza analizza il patto fra clan catanesi e palermitani - Le ombre sui «cavalieri del lavoro» DAL NOSTRO INVIATO PALERMO — Non si presenta al pretorio del processo alle cosche il libanese Boti Chebel Ghassan. E' l'uomo che preannuncio senza essere creduto, l'autobomba preparata per uccidere il consigliere istruttore Rocco Chinnici ed ora. dal carcere di Ancona, -fa sapere che tenie d'essere ucciso. Ghassan è un testimone importante. La corte si chiude in camera di consiglio: gli avvocati di parte civile chiedono di ascoltarlo ugualmente. Il presidente Giordano, nell'ordinanza, afferma che ci si limiterà a leggere in aula la deposizione Istruttoria. Accetta invece la testimonianza del cavaliere del lavoro di Catania Carmelo Costanzo. L'assenza di Ghassan indirizza il dibattimento sugli ambienti imprenditoriali di Catania. Escono di scena i misteri di Villa Pajno subito dopo il delitto del generale Dalla Chiesa e tutta l'udienza punta sulla saldatura tra mafia catanese e palermitana. Si lavora su t l'intuizione del prefetto-generale, la stessa, forse, che lo portò alla morte. E la conferma viene dal maggiore dei carabinieri. Giampaolo Ganzer. E' l'uffi¬ ciale che ha raccolto le confidenze di due giovani terroristi. Racconta dei brindisi e dello champagne nel carcere calabrese di Palmi, alla notizia dell'assassinio di Dalla Chiesa. Ma il capitolo che più appassiona è quello sui cavalieri del lavoro catanesi. L'istruttoria ha scavato a fondo sul nomi più in vista dell'isola, senza però arrivare a conclusioni penalmente rilevanti. Sfilano gli ufficiali della Guardia di finanza. Si fa il nome di Rendo e di Costanzo, di Graci e di Finocchiaro. S'adombrano collusioni e interferenze politiche. L'ex comandante del nucleo di polizìa tributaria, colonnello Elio Pizzuti, conferma le pressioni dell'allora ministro delle Finanze Formica. Ma tutto e molto vago ed ecco il colonnello Di Bartolomeo che arriva a smentirlo: -Il ministro — afferma l'ufiiciale — si limitava ad assumere informazioni su un'indagine in corso sul cavaliere del lavoro Gaetano Graci: nessuna interferenza, nessuna richiesta velata o palese di bloccare un'indagine-. Il dibattimento si estende, in chiusura, sino alla strage di Bologna. Tornano in primo piano le indagini che il gli venne, in seguito, da un altro pentito. Galali che parlò di un patto -di mutua assistenza tra clan palermitani e catanesi-. La deposizione del colonnello Pizzuti ha preso buona parte dell'udienza. L'ex comandante del nucleo di polizia tributaria della Sicilia condusse, all'inizio degli Anni 80. un'inchiesta serrata sui patrimoni e le aziende dei cavalieri del lavoro di Catania. Ha parlato di tangenti, di evasioni, di fatture false. •Più volte — ha detto l'ufficiale — t miei uomini mi fecero presenti difficoltà e resistenze-. Ha ricordato quindi una telefonata giunta a Catania, nell'ufficio del tenente colonnello Francesco Giulio. Era il colonnello Antonio Di Bartolomeo. Chiamava da Roma, chiedeva notizie sull'indagine -Graci-. La telefonata dalla capitale fu interpretata dal colonnello Pizzuti come un'interferenza. Secondo Di Bartolomeo ad informarsi non era il ministro ma il sottosegretario Francesco Colucci. -Mi era stato chiesto — ha spiegato — di fare una domanda ad un collega. Nulla di più. Non ebbi risposta e tutto fini li.. Francesco Santini prefetto di Palermo stava conducendo personalmente. Si toccano i rapporti con l'ex comandante dell'Arma dei carabinieri. Valditara. L'alio ufficiale si presenta al pretorio e dichiara: -Con il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, i rapporti erano di chiara e ampia collaborazione-. Valditara ha aggiunto che dopo la strage della Circonvallazione nella quale perse la vita il boss Alfio Ferlito lu avanzata l'ipotesi del raccordo criminale tra le cosche di Palermo e quelle di Catania. • Per la strage di Bologna — ha spiegato — non è vero che l'indagine di Dalla Chiesa raffreddò i nostri rapporti; mi limitai a raccomandare al generale di non coinvolgere il comando dei carabinieri in una partecipazione diretta e personale perché questo sarebbe stato quanto meno irrituale-. L'alleanza mafiosa tra Palermo e Catania e stata esaminata in modo ancor più completo nella testimonianza del maggiore Giampaolo Ganzer. L'ufiiciale dell'Amia ha ricordato le confidenze del terrorista Luciano Bettini. «A confermare l'alleanza sono stati — ha detto — alcuni detenuti catanesi... La certezza