Computer lampada di Aladino di Gianni Riotta

Computer lampada di Aladino TRA I PIRATI ELETTRONICI ITALIANI: LA PAROLA AGLI PSICOLOGI Computer lampada di Aladino «Quando sono depresso, mi collego con Harvard» - Il vìdeo «sembra concederti più gambe, più occhi, più cervello» - Tutti, i supertimidi o i D'Artagnan della tastiera, vi cercano quel «dialogo» che gli manca co! mondo esterno - Per i ragazzi, la macchina è il Genio delle fiabe - Perché si diventa bucanieri telematici ROMA — Un hacker, un pirata dei computer che si diverte a violare le banche dati più riservate, difficilmente ispirerebbe a Stevenson 2Isola del tesoro informatico. Per quanto si cerchi non ci sono tra i bucanieri telematici troppi personaggi carismatici come Long John Silver, o crudeli come il Capitano Flint. 1 pirati odierni non dispiegano il «Jolly Roger» con il teschio e le tibie, ma più modestamente video e tastiera. Sono quusi sempre timidi, introversi, con le occhiaie e il viso pallido di chi spende dodici ore al giorno davanti al monitor. «Mezza giornata di lavoro è 11 minimo», dice Alex Di Gennaro, a diciassette anni re dei giovani informatici romani, «ma sarebbe inutile parlare di fatica, perché quando lavori dentro la macchina il tempo passa in fretta e non te ne accorgi». Steve Wozniak, l'idolo di questi ragazzi, l'uomo ette ha disegnato /'Apple, il primo dei personal computer, racconta nei suoi diari della felice alba della rivoluzione informatica «quando passavamo tutto il tempo a preparare circuiti e programmi. Una volta per risolvere un problema ci chiudemmo in un garage riemergendo solo a soluzione raggiunta. Erano passati due o tre giorni, era il 27 dicembre, avevamo persino dimenticato il Natale». In una soffitta del Massachusetts Institute of Technology, a Harvard, lavorano ogni notte i virtuosi del computer: ragazzi che hanno rinunciato a stipendi da favola per il gusto introverso di affinare il proprio talento, in un gioco per pochissimi, noto soltanto a se stessi, agli intimi e naturalmente alla macchina. Se Alex Di Gennaro fosse nato a Boston passerebbe le sue ore lassù, ma è nato in Italia e allora succhia il suo chinotto con la cannuccia..sul .lungomare di Ostia e sogna. «America. America, sospira, tutti dicono di voler partire e nessuno lo fa». Le giornate di Alex si dividono dunque fra il negozio ACS, dove funge da consulente, l'istituto informatico «Giovanni Paolo 77», e gli amati computer. Non ti imbarazza saperne di più dei tuoi professori? La replica è modesta, da vero «virtuoso»: «No, perché magari io conosco meglio le macchine, ma loro mi insegnano un sacco di cose sulla storia e l'italiano». Conoscere la macchina e penetrarne i segreti sono i desideri dell'appassionato di computer, ancor prima che diventi un hacker. Alex ha passato ore a smontare Apple, Ibm, Commodore per impararne bene i percorsi della memoria elettronica. L'esperienza lo rende perciò una specie di timidissimo eroe tra i suoi coetanei, ma guai a farglielo capire, altrimenti scompare, «vado a leggermi un volume di enciclopedia, ad ascoltare i Tears for Fear o a convincere i miei a regalarmi una moto». Al negozio Alex è prodigo di consigli con i più giovani e schivi: così potete disegnare, cosi far musica, così giocare, scrivere, copiare, moltiplicare e, naturalmente, frugare nel nascosto. Non c'è possibilità che il computer non ci dischiuda, predica sommessamente ai suoi fedeli teen agers. «La moltiplicazione delle forze», spiega la psicologa e saggista Manuela Fraire, «è la prima nota di seduzione che il computer opera sui nostri ragazzi. Sembra concederti più gambe, più occhi, più cervello». Alex racconta che spesso sono i timidissimi a voler subito imparare a «dialogare» con la macchina, come se le chiedessero quel colloquio che sentono negarsi dal mondo esterno. E' stata proprio una studiosa del Mit, la psicologa Sherry Turkle, a mostrare nel suo volume II secondo Io come ciascuno dei ragazzini si rivolga al computer con una domanda differente. Le bambine lo usano per rapporti di fantasia, i maschietti lo impiegano con maggiore aggressività, non c'è mai in due individui diversi un identico approccio. Luca Ridarelli, studente di informatica, è, per esempio, l'opposto di Alex, in lui non c'è traccia della timidezza, che sembra comune a tutti i patiti della tastiera. Luca è un guascone, un D'Artagnan del video, pronto a raccontarvi le sue imprese con gusto e allegria. Ma anche Luca è d'accordo: «In un computer cerchi il dialogo, sempre. Prima con te. stesso, chiedendoti, ce la farò o no a risolvere questo problema?: poi con gli altri riuscirò a comunicare?; infine, per chi si lascia travolgere dalla pirateria, con il mistero, chi mi risponderà, a quali pericoli andrò incontro?». i Due vecchie volpi dell'informatica, oggi stimati professionisti, come Daniele Cassin e Roberto Mastroianni, ricordano i tempi del loro vagabondate sulla strada te- Le dita sulla tastiera, gli occhi perduti nel video: «Per i ragazzi il computer è una difesa» tematica: «Una volta, dice Cassin, lavoravo a Firenze collegato con una banca dati di Milano. E poco a poco, con una serie di contatti casuali, mi son trovato in ambienti elettronici sempre più lontani, finché, via, satellite, non sono arrivato in California. Mi mancava il fiato». E Mastrqianni: «E' davvero emozionante trovarsi collegati via computer con macchine e persone che non conosci, magari lontani un continente o due». Per Ridarelli è tutto semplice: «Quando mi sento depresso mi collego con Harvard». Un computer, spiega Manuela Fraire, è per gli adolescenti una macchina dialogante, si fa una domanda e si ottiene^ una risposta, sempre. Come il Genio delle fiabe? «Esattamente». 77 computer sarebbe quindi il prolungamento del corpo, una difesa dal mondo degli adulti. «I ragazzi vedono il computer come un filtro contro le intenzionalità distruttrici degli adulti. Se pensa a certe pagine di Rainer Maria Rilke si accorge come da sempre gli adolescenti abbiano messo in atto difese contro quelli che percepiscono come i codici violenti del mondo: il computer è la difesa di oggi». I grandi critici del rapporto affettivo tra teen agers e macchina osservano che in fondo la pirateria è solo un caso patologico, ma che l'ossessione del computer rischia di isolare migliaia di adolescenti, di alienarli dai propri compagni e di tarparne le fantasie. Chi vive dentro il mondo dei computer fin da ragazzo, come Cassin. o come Francesco Rutigliano della società Databank, ride di cuore di preoccupazioni del genere. Cassin a Firenze e Rutigliano a Potenza hanno organizzato dei billboards, delle lavagne elettroniche il cui compito è proprio quello di mettere in contatto e far socializzare i patiti del personal. «Il mio billboard, racconta Rutigliano, si chiama Fido, e funziona all'americana: io metto a disposizione nel computer uno spazio in cui i seicento aderenti possono memorizzare messaggi. Ho soci in tutta Italia e ognuno di loro dice la sua. collegandosi via telefono. Per lo più ci scambiamo programmi gratuiti e informazioni sul computer, ma nel futuro vedremo». Negli Stati Uniti i billboards servono a far comunicare tra loro teen agers di ogni tipo: ecologisti e neonazisti li usano per la propaganda, i cuori solitari per chiedere un appuntamento, i secchio-ili per far circolare formule matematiche. Per chi cerca il supporlo della carta stampata c'è in Italia la rubrica «Micromeeting' ospitata dalla rivista Microcomputer.' nel numero in edicola a luglio Pellegrino de Girolami cercava soci per un billboard romano, Silvano Funghi li reclutava per la zona dei Castelli, Domenico Pappalardo chiamava a raccolta gli informatici ruspanti di Torre del Greco e il Commodore Computer Club di Masara del Vallo offriva duemila programmi ai soci, emulato dai club in formazione a Monza e Torino. Radicati nelle città, sparsi sul territorio nazionale e ben collegati, i giovani del computer non sembrano temere l'isolamento e si ammantano di nomi fantasiosi, «Club del Caos Informatico-, «Softpirate*. «Tanto meno, scherza il solito Ridarelli, devono preoccuparsi i pirati, perché quelli si agganciano a un telefono, scroccano la teleselezione e comunicano anche con l'altro mondo». Resta il problema della fantasia: secondo il saggio della Turkle non c'è da temere, perché gli adolescenti investono le proprie emozioni dentro la macchina, sema esserne traditi. «Un giovane pirata del computer, dice la psicologa Fraire, non perde affatto le sue fantasie. Non ha il senso di essere massificato, al contrario sente esaltata la sua individualità nella sfida alla macchina. La vive davvero come personal computer, come qualcosa di proprio, di intimo». In fondo, Alan Turing, il matematico che molti considerano il padre del computer, era proprio un eterno adolescente, un pirata che combatteva contro i codici segreti dei nazisti, un omosessuale che nascondeva la sua condizione alla madre e ìChe non seppe mai integrarsi nella società degli adulti, morendo suicida in Un finto incidente. Due generazioni più tardi però i nipotini di quel genio sembrano condividerne solo a tratti la tragedia. C'è chi dice di fare il pirata sedotto dalla «sfida contro l'ignoto... chi più modestamente «per passare il tempo» e chi, infine, come il cinico e indaffaratissimo hacker di una città lucana ammette: «Io? Io il pirata Io faccio per sfizio». Gianni Riotta (Fine - Oli articoli precedenti sono apparsi il 27 e il 30 luglio).