La ragazza di Nazareth ha 2000 anni e non li dimostra

La ragazza di Nazareth ha 2000 anni e non li dimostra La ragazza di Nazareth ha 2000 anni e non li dimostra NEL prologo di un lungo e dettagliato saggio dedicato al mito e al culto di Maria Vergine. Sola fra le donne, pubblicato qualche anno fa da Sellerio, l'autrice, la studiosa inglese Marina Warner, riconosceva lo spunto originario, il movente profondo del suo libro in un sentimento che aveva preso corpo negli anni infantili della sua educazione cattolica: il sentimento che la celebrazione di Maria come perfetta donna umana contenesse una sottile denigrazione dell'umanità e delle donne. Da un sentimento analogo, per stessa ammissione dell'autore, ha preso le mosse Maria di Nazareth, di Luigi Lunari. Uomo di teatro, scrittore, saggista, laico praticante, Lunari rintraccia tra i motivi che lo hanno spinto a questa incursione in un campo straniero una fascinazione di fondo provocata dall'ambivalenza dell'immagine di Maria: tra tutte le donne del mito e della storia la più celebrata e la più maltrattata. Maria di Nazareth si occupa proprio di quello che la Warner lasciava fuori dal suo studio (che qui ricordo, tra i tanti studi mariani, perché come nel caso di Lunari si trattava di uno sguardo moderno e laico), cioè della figura storica di Maria, la ragazza di Nazareth di cui dovrebbe proprio ora ricorrere il secondo millenario della nascita. Occuparsi delia figura storica di Maria significa penetrare in una zona di ombre: della madre di Cristo ci sono nei quattro Vangeli canonici, i Vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni, poche e contraddittorie notizie. E si¬ rt gnifica occuparsi di una sproporzione: di fronte a questi pochi dati biografici, l'imponente castello di una leggenda e di un culto che hanno continuato ad arricchirsi anche nei nostro secolo (risale al pontificato di Pio XII, all'anno 1950, il dogma dell'Assunzione, vale a dire l'ascesa al cielo della Madonna con il suo corpo, dogma che chiudeva discussioni durate duemila anni). In questa sorta di biografia per frammenti e per aggiustamenti successivi, nel tentativo di trovare un raccordo tra l'avarizia della storia e l'esuberanza della leggenda. Lunari, da laico rispettoso, propone di volta in volta due possibilità: lo sguardo dell'investigatore agnostico che si sforza di riportare alla verità storica i dati a sua disposizione, l'interpretazione del credente che nel tessuto della fede cerca altre connessioni e altri significati a quei dati. Resta però un filo sot- Particolare da «Sant'Anna e la Mndnniia» di Murillo terraneo nella sua ricerca che sembra congiungere storia e mito: l'immagine di una donna i cui unici sentimenti conosciuti sono la meraviglia — una meraviglia che confina con la diffidenza — di fronte all'angelo che le annuncia la prossima maternità, e il dolore per l'uccisione del figlio. Certo, come fa notare Lunari, grava su Maria il «maschilismo» del mondo ebraico; pesante stando ai precetti, ai detti, ai proverbi, più contraddetto però nelle psicologie e nelle vicende veterotestamentarie, in cui maschile e femminile sembrano allacciati in un intreccio di desiderio e reciproco potere ben più saldamente che nell'antichità classica. Grava la sua condizione umile. Ma la meraviglia, il non capire la piega che prende il proprio destino, e il dolore, sembrano un paradigma femminile al di qua della storia, qualcosa di antico e di familiare, qualcosa che il culto mariano rimuove e rovescia se, come sottolinea Lunari, è tutto basato sulla verginità della Madonna. Verginità che è riparo dai tormenti della concupiscenza e più in generale del rapporto con l'altro, specchio di una lunga sessuofobia. implicita denigrazione e esorcismo della sessualità femminile. Ma anche quello che simbolicamente, contrastando con l'aspetto materno, dà corpo all'ambivalenza affascinante dell'Immagine di Maria, e la colloca, al di là delle dispute e dei dogmi della religione cristiana storica, nel pantheon delle divinità del mistero. Elisabetta Rasy Luigi Lunari, «Maria di Nazareth», Mondadori, 236 pagine, 20.000 lire.