Un'ora di religione non vale una rissa

Il pedagogista Gozzer esamina le radici di un dibattito tra laici e cattolici Il pedagogista Gozzer esamina le radici di un dibattito tra laici e cattolici Un'ora di religione non vale una rissa stato maggiore generale: una operazione — scrive Rochat — «la cui riuscita lo avrebbe innalzato al secondo posto nel regime*. Un Balbo capo di stato maggiore sarebbe stata una posizione che non solo ne avrebbe esaltato i poteri enormemente (e pericolosamente per Mussolini), ma avrebbe turbato gli equilibri fra regime e monarchia. Quindi, il duce bloccò Balbo, frustrandone la massima ambizione; anche se non lo silurò affatto, poiché la nomina a governatore della Libia era una carica di grande rilievo. 'Mussolini mirava ' ad un sistema di potere, all'interno del fascismo e fra i regime e monarchia, che gli consentisse di restare lui unico arbitro in una posizione non sfidatale. Balbo poi fu «frondista» sia perché non caldeggiò la politica antisemita e sia perché avversò l'alleanza con i tedeschi (i due aspetti si saldavano). Rochat mostra come Balbo nel primo caso fini per accettare la politica del regime e nel secondo fosse troppo inadeguato politicamente per dare una prospettiva strategica ad un antitedeschismo che non superava i limiti di una mentalità legata alla tradizione risorgimentale e alla prima guerra mondiale. Nonostante la sua indipendenza personale, Balbo rimase sempre entro il gioco di cui Mussolini era il regista, e àgi rispettando le regole della dittatura della quale era uno dei massimi espónenti. Questo il sintetico giudizio di Rochat: «Diciamo che Balbo dimostrò in campi diversi grandi capacità di trascinatore di uomini, di organizzatore e di geniale propagandista; non ebbe doti altrettanto grandi di statista e di dirigente politico, ma, con indubbio fiuto, seppe contemperare la sua affermazione politica con la accettazione della leadership politica di Mussolini a livello nazionale e del ruolo dominante degli agrari a livello ferrarese*. Massimo L, Salvador. Giorgio Rochat, «Italo Balbo», TJtet, 429 pagine, 45 mila lire. PER chi, interrogandosi sulla dibattuta questione della religione nella scuola, vuol difendersi dal gioco corto e interessato del «visto da destra» e -visto da sinistra» c'è adesso un libretto di Giovanni Gozzer, primo volume di una nuova, piccola editrice romana, l'Avicia. In L'ora di religione: avvalersi o non avvalersi?, le competenze storiche e pedagogiche, e l'esperienza anche amministrativa di Gozzer concorrono per presentare un quadro non di maniera-, non risaputo, del complicato problema. Qualunque ne siano, in concreto, le vicende spicciole sul terreno dei confronti nostrani fra ideologie e partiti, il problema è in realtà comune a molti Paesi, ed anzi è esploso da noi in tutta la sua complessità, dopo essere stato a lungo congelata in una specie di limbo, solo con una ventina d'anni di ritardo. Non si può dire comunque che altrove — Io dimostra l'ultimo capitolo, Insegnare religione: come, negli altri Paesi — il problema sia stato risolto. Gozzer ripercorre puntualmente i momenti essenziali del dibattito svoltosi da noi tra l'anno scorso e quest'anno, ma collocandolo nel suo più che secolare contesto storico. A leggere le gazzette l'impressione è che tutta la questione si riduca a polemiche tra invadenza del potere clericale e risentimenti laicisti. Gozzer ha il merito, anziu tto, di riportare il dibattito al livello delle aie ragioni storiche e culturali. Il vero problema non è di schieramenti e interessi contingenti contrapposti, ma del come sia possibile recuperare il senso delle radici religiose che hanno alimentato due millenni della nostra storia: senza reciproche sopraffazioni, nella consapevolezza delle esigenze attuali. Dietro la superficie delle risse e dei dispetti, c'è il profondo travaglio di una cultura -laica» che è certo lontana, ormai, dal respingere la religione come qualcosa di arcaico e superato, e di una cultura religiosa, cattolica in particolare, che dopo il concilio vede l'angustia della difesa ad oltranza di una presenza della religione nella scuola fondata sull'astuto mantenimento, almeno parziale, di privilegi, rivelatisi, fra l'altro, infruttuosi. Si pensi alle posizioni del cattolico Pietro Scoppola, per il quale l'insegnamento confessionale appare oggi improponibile, e si deve tendere a untLireliglone-matet \;ria comune'a càraltèt'è ètorìco-cùiturà-, le». Gozzer esamina le diverse soluzioni proposte, è fa bene a non aggiungerne del .passato, il possesso di tutte le nozioni umanamente acquisibili, lo sviluppo di straordinarie facoltà artistiche... Si trattava di Sapere Assoluto, ma con una precettistica anche concreta, comprendente indicazioni dietetiche ed esercizi di ginnastica. Visionario e un po' scienziato. Steiner fu molto amato e molto criticato dai contemporanei. Wilson stésso, nel narrarne la storia, a volte manifesta alcune riserve: lo stile — dice — è troppo astratto, le conclusioni troppo estreme e affrettate. Nel complesso, l'antroposofia di Steiner appare ricca di promesse, ma inquietante. L'idea di una umanità onnipotente e felice (sia pure nell'esclusivo dominio dello spirito) intimidisce e confonde. E' facile allora condividere il giudizio di Kafka che, chiedendosi se accettare o meno le teorìe ant;oposofiche, si disse: «Temo che me ne derivi una nuova confusione, la quale per me sarebbe molto grave, poiché già la mia presente infelicità è tutta fatta di confusione». Franca D'Agostini Colin Wilson, «Rudolf Steiner. Introduzione alla vita e alle opere del fondatore dell'antroposofia», Longanesi, 181 pagine, 20.000 lire. un'altra, la sua. Prima delle soluzioni viene infatti, anche se l'insofferenza vorrebbe saltare la tappa, l'adeguata impostazione del problema. Gozzer è ottimista almeno sul fatto che il problema, per quanto difficile, ammetta soluzioni, anche se non immediate: Forse molti suoi lettori, come è accaduto a me, rimarranno invece con l'amara impressione che più si discute più si sprofonda in distinzioni sottili, che allontanano sempre più la soluzione. Il -principio della non discriminazione» per esempio, che acutamente Gozzer vede subentrare nelle nostre società al principio.dell'accettazione della volontà della maggioranza, sembri fatalmente esasperare le suscettibilità e rimettere contìnuamente in discussione tutto. Che si tratti di stabilire chi e in che forma debba esprimere la volontà di avvalersi o non avvalersi dell'-ora di religione», o di decidere le modalità di insegnamenti -alternativi-, o di altro, tutti e' ciascuno si considerano sempre, a turno,' qualunque strada si tenti di percorrere* discriminati dalla furbizia altrui. A j § Sergio Quinzio Giovanni Gozzer, «L'ora di religione: avvalersi o non avvalersi?», Anicia, 158 pagine, 16.000 lire. pire, ad approfondire, a districarsi fra i vari modelli'. Spiccano, naturalmente, numerosi esempi illustrati. Si va dagli orologi più antichi (si portavano in una borsa al fianco, in sacche, o alla sella del cavallo) che avevano una sola lancetta e per i quali la variazione di un'ora al giorno era già considerata buona. E si procede lungo la strada dell'inventiva: già nel 1550 erano frequenti quelli a suoneria o a sveglia perché allora «accendere una luce non era facile né, talvolta, prudente-. Ecco poi certi capolavori del '700 con smalti e pietre preziose, con carillon e automi. Si passa dalla carica a chiavetta al cosiddetto «remontolr» sulla corona (inventato da Roskopf nel 1868). Dalle cipolle alle casse sottili, poi di nuovo rigonfie. Finché, con la fine dell'Ottocento, si chiude anche il periodo artigianale. Il libro, elegante e seijematlco. è una specie di mappa per chi cede alla scoperta di un «pezzo» di antiquariato. Ma è anche una testimonianza spicciola dell'avventura di imprigionare il tempo, e. g. Un manuale per collezionisti

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