Quella immagine di Trieste nel salotto di Anita Pittoni

Quella immagine di Trieste nel salotto di Anita Pittoni Quella immagine di Trieste nel salotto di Anita Pittoni TRIESTE — / primi anni del secondo dopoguerra furono per Trieste particolarmente difficili. La guerra era finita, ma pareva continuasse nella città adriatica e nella Venezia Giulia, contesa fra l'Italia e la Jugoslavia. In tutto il mondo si discusse allora della -questione di Trieste', che impegnò a lungo la diplomazia internazionale e fu risolta appena con il Memorandum d'intesa di 'Londra dell'ottobre 1954, il quale stabili il confine tuttora esistente. Mi sono soffermato su queste considerazioni storiche perché senza tenerne conto non si può comprendere la situazione di Trieste in quegli anni e, in ispecie, quella straordinaria fioritura di giornali, riviste, libri, iniziative editoriali che la contraddistinse e che intendeva anche contribuire, coti gli strumenti della cultura, alla soluzione del problema dell'appartenenza politica della città e del suo territòrio. ■ Fra le iniziative editoriali di carattere italiano de¬ mocratico spicca «Lo Zibaldone» di Anita Pittoni. Esso nacque nel 1948 con lo scopo di «fissare i lineamenti complessi di Trieste e della sua regione allineando in una collana svelta e agevole opere originali di ogni tempo che, nella varietà degli argomenti, potessero dare un quadro oggettivo della fisionomia della terra giulia»; e volle essere «fedele specchio di Trieste porta d'Italia aperta all'Europa»: ossia di una Trieste italiana, ma non chiusa in uno sterile e orgoglioso isolamento nazionalistico, bensì inserita in un contesto europeo o, come si sarebbe detto più tardi, «mitteleuropeo». Questa finalità, che ri• fletteva la posizione ideologica, oltre che della Pittoni, di Giani Stuparich. scrittore antifascista di spiriti mazziniani, neorisorgimentali, europeizzanti, fin dall'inizio collaboratore autorevole dello «Zibaldone», renne intelligentemente perseguita per oltre un ventennio. In particolare la In secondo luogo «Lo Zibaldone» provvide alla ristajnpa di alcuni libri noti e non più reperibili sul mercato, come le Riflessioni sul porto di Trieste del Giuliani e La Buffa di Giulio Camber Barni; ed affidò ad alcuni studiosi locali, esponenti di una storiografia di lontane origini rossettiane e hortisiane.'la cura di scritti di carattere storico-erudito, come Vienna nel '400, desunta dalla Storia dell'imperatore Federico in del Piccolomini (papa Pio II), per alcuni anni vescovo di Trieste; e Impressioni su Trieste di vari autori. Infine l'editrice triestina si rese benemerita nel far conoscere e -lanciare» le opere dei nuovi poeti e narratori di Trieste, come Assedio di Luciano Budigna, La gioia è dura di Seroio Miniussi, Noi vegnaremo di Claudio Grisancich e II campeggio di Duttogliano di Tullio Kezich; cui sono da aggiungere gli scritti della medesima Pittoni, e cioè le liriche dialettali di piccola ma altamente qualificata casa editrice triestina, che stampò complessivamente una quarantina di volumetti di rara e preziosa bellezza tipografica, si propose innanzitutto di pubblicare alcune opere dei maggiori e già -classici» scrittori triestini, come Uccelli e Quello che resta da fare ai poeti di Saba, Versi e Appunti mutili di Giotti, il Diario per la fidanzata e le Lettere alla moglie di Svevo. le Poesie, L'isola. Ricordi istriani e Sequenze per Trieste di Stuparich. .1 Fermite con mi, l'autobiografia interiore Le stagioni e i racconti di Passeggiata armata. Bastano queste citazioni di titoli ad attestare la fondamentale importanza delle edizioni dello «Zibaldone»; le quali, attraverso le voci di scrittori largamente affermati in campo nazionale e internazionale, di autori del passato ingiustamente dimenticati e di giovani esordienti di sicuro avvenire hanno proposto l'immagine di una Trieste colta, civile, insieme italiana ed europea. Un'immagine che giovò certamente nel periodo travaglioso del secondo dopoguerra, dal 1948 al 1954; ma che anche oggi conta, e costituisce una sempre valida alternativa all'attuale decadenza economica della città. E una testimonianza — e quasi un simbolo — di una Trieste creativa, originale, moderna, che continua a rimanere un necessario punto di riferimento e un luogo privilegiato della cultura contemporanea. Bruno Maier