Cambia l'Italia dei campanili volto nuovo per le parrocchie

A settembre in vigore alcune norme del nuovo Concordato A settembre in vigore alcune norme del nuovo Concordato Cambia l'Italia dei campanili volto nuovo perle parrocchie La Conferenza epimoderna - In mon ROMA — Trema l'Italia dei campanili. C'è terremoto in trentamila parrocchie, diocesi, basiliche e cappelle. Entro la fine di settembre saranno di meno e diverse, più grandi o più piccole ma soprattutto più efficienti e moderne. Lo vuole la Conferenza episcopale italiana perché, col Concordato, anche l'Italia dalle mille chiese ritrovi un'ossatura più moderna e adeguata alle mutate esigenze. Dal Piemonte alla Sicilia la maxiristrutturazione è in corso: «soft» quasi dovunque, qua e là con qualche malumore, ma senza «casi» di ribellione e neppure proteste clamorose. Cosi, pressata da nuovi bisogni e proiettata sempre più nel futuro, anche la Chiesa cambia pelle. Paesi di campagna con cinque o sei parrocchie ne conserveranno una, paesoni dell'era postindustriale «scoppiati» dall'immi¬ racino dall'accusa d scopale italiana ha deciso di creare una struttura più agile e tagna molti paesetti, quasi spopolati, saluteranno il parroco grazione avranno il loro campanile, frazioni e centri di montagna con sempre meno abitanti saluteranno il parroco, preti fino a ieri al servizio di piccole comunità non lo saranno più ma insieme ad altri s'occuperanno di zone sempre più vaste. Una vera e propria rivoluzione scuote, non senza conseguenze, le fondamenta dell'intera struttura della Chiesa cattolica. E' cominciata, silenziosa, nel novembre dell'84. Firmati i nuovi patti con lo Stato scompariva la «congrua» che finora poteva essere pagata personalmente e soltanto al titolare di una parrocchia o di un altro bene o ente ecclesiastico. Ma soprattutto s'affacciava un'occasione irripetibile per snellire l'impalcatura estema della Chiesa. Di qui le prime riunioni dei vescovi, quindi gli incontri nelle diocesi, i documenti, i criteri. di aver usato violen le scelte. Non era certo un'operazione facile: cozzava contro i sentimenti campanilistici di molti piccoli paesi e dei centri storici delle città, con i timori che ogni cambiamento comporta, con paure d'incomprensioni. Di qui l'estrema e certosina attenzione con la quale monsignori e preti si sono mossi. •Bisognava rivisitare — spiegano in Curia — 32.357 enti distribuiti in 39 mense arcivescovili, 223 mense vescovili, 4 prelatie nullius, 4 abbazie nullius, 5670 capitoli cattedrali. 214 vìtalie, 151 curatie, 28 cappellanie, 25 coadiutorie e 25.999 parrocchie e ridisegnare una nuova geografia con significativi mutamenti*. « Una potatura — aggiunge mons. Franco Peradotto, vicario generale di Torino —. Il motivo essenziale che va al di là di tutti gli altri za alla Ronconi (Concordato e crisi numerica del clero) sta nella volontà di avere comunità di credenti meglio amalgamate tra di loro, con un più intenso scambio di risorse personali». E ogni diocesi, dal Brennero a Palermo, ha affrontato il problema. Molte perché praticamente obbligate, quasi tutte per varare raffiche di modifiche, qualcuna per cambiare il meno possibile. Gli elenchi, i primi, sono stati consegnati in questi giorni alla segreteria della Cei che li trasmette allo Stato. Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale almeno cinquemila tra parrocchie ed enti verranno cancellati, altri verranno creati in una metamorfosi gigantesca, continua, esaltante. •Delle 230 diocesi d'Italia — dicono alla segretaria della Conferenza episcopale —190 hanno già ultimato il riordino, le altre lo faranno presto». I burocrati della Chiesa, comunque, non andranno in vacanza. Ci sono delicate situazioni da risolvere, decisioni dolorose da assumere. •Proteste si — confida un sacerdote che ha seguito i lavori del comitato Cei — ma nessuna levata di scudi. In fondo la maggior parte delle soppressioni colpisce parrocchie di campagna o di montagna ormai con pochissimi abitanti. Qualche problema in più nei centri storici delle grandi città». Ma la rivoluzione non toccherà solo le parrocchie. Anche le diocesi. E qui non si sa ancora assolutamente cosa possa succedere. I tagli, comunque, saranno limitatissimi. -Certo — dicono negli ambienti vaticani — ci sono casi sui quali non sarà facile intervenire. Tuttavia due situazioni sono già state risolte senza danni. Anzi». Attorno alla diocesi di Viterbo, ad esempio, ne ruotavano altre quattro. Ora dopo un pazientissimo lavoro saranno unite in una sola. Cosi a Civitacastellana dove quattro diocesi saranno una sola. Dovranno essere esaminati casi diversissimi: quattro o cinque diocesi, ognuna costituita in ente ma con un solo vescovo, altre distruibite sotto le più svariate forme previste dalle leggi interne della Chiesa, con non poca confusione. «Cosa succederà non lo possiamo ancora sapere — avvertono con enorme cautela alla Conferenza episcopale — ma ogni mutamento avverrà nel continuo confronto». E soprattutto non sarà ratificato dalla Conferenza episcopale ma dalla Santa Sede. Più diocesi si riuniranno con un solo nome e vescovo, altre resteranno anche nel caso di eventuali fusioni assolutamente indipendenti, altre ancora potrebbero subire aggiustamenti vari sia dal punto di vista giuridico che nei confini. Per ora è impossibile saperne di più. Entro il 30 settembre anche l'elenco delle diocesi dovrà ottenere il «nulla osta» della Santa Sede per essere poi pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Subito dopo alle parrocchie e alle diocesi verranno attribuiti i loro beni. Canoniche, case, oratori e palazzi sono stati infatti contati e catalogati con grande cura. Autunno d'eccezione e sicuramente storico, quindi, per la Chièsa cattolica d'Italia. Codificata la nuova struttura dovrà fronteggiare le altre scosse del terremoto che, dopo le polemiche per l'ora di religione, la porteranno ad avere anche un'ossatura finanziaria diversa con un unico grande organismo amministrativo a Roma collegato coi centri diocesani periferici e a navigare nella società dal 1990 in un rapporto nuovo e diverso con lo Stato. Gian Mario Ricciardi II lì si si S i S.2 il if II

Persone citate: Franco Peradotto, Gian Mario Ricciardi Ii