Tra Messina e Palermo delitti di mafia e droga

Decorrenza termini: liberi novanta imputati Decorrenza termini: liberi novanta imputati Tra Messina e Palermo delitti di mafia e droga Attesa al maxi-processo palermitano per il teste Gianni Melluso accusatore di Tortora - I legami tra cosche e 'ndrangheta PALERMO — Tra dieci giorni, una novantina dei 246 imputati nel processo in corso dal 14 aprile in tribunale a Messina che vede alla sbarra tre cosche di quella che sino a poco tempo fa era considerata una provincia dell'isola non toccata dalla metàstasi mafiosa, torneranno tranquillamente in libertà. Saranno scarcerati per decorrenza dei termini. Tra gli altri tornerà libero il cantante di Ercolano, Bruno Pecorella, 40 anni, una delle voci più acclamate della canzone partenopea, invi- schiato nelle.trame tra mafia' messinese e camorra napoletana, considerato uno dei «pentiti» nel grande processo. n secondo processo alla mafia in ordine d'importanza (l'altro è il maxiprocesso che si celebra a Palermo, nel quale inizialmente erano imputate 467 persone ora ridotte di una quindicina) non sta riservando grosse sorprese. Vi sono, peraltro, alcune differenze, non di scarso peso. A Messina non si procede Napoli, bimba cade in un pozzo E' salvata da suo padre NAPOLI — Una bambina di sette anri, Michela Lanzara, caduta in un pozzo profondo sette metri e con un metro d'acqua sul fondo, è stata salvata dal padre, Agostino. E* accaduto ad Ottaviano, nell'entroterra vesuviano, in un'abitazione di via degli Oleandri. La piccola, andata con i genitori a far visita ad un'amica di famiglia, Giulia Catapano, si era fermata con i figli di quest'ultima nel cortile dell'abitazione. Mentre giocava la bambina si è sporta sul pozzo, perdendo l'equilibrio e precipitando. La piccola non ha perduto i sensi ed ha potato rispondere ai richiami del padre, avvertito dagli altri bambini. L'uomo si è calato nel pozzo con una scala ed una corda, alla quale ha legato la figlioletta, riuscendo quindi a risalire. La piccola ha riportato solo contusioni ed escoriazioni. per omicidio, mentre a Palermo ne sono stati contestati più di novanta e vi sono imputati, come Michele Greco detto il .Papa., incriminati per una cinquantina di delitti. Ed ancora a Messina, i fatti addebitati agli accusati, oltre al traffico di droga, riguardano rapine, estorsioni, attentati. A Palermo, invece, vengono giudicati i più orrendi crimini dei quali l'ex «onorata società» si è macchiata. Ma l'uno e l'altro processo stanno confermando quanto sarebbe indispensabile vigila- re più severamente nelle car- ceri. A Palermo e a Messina infatti vanno puntualmente trovando conferma sospetti di legami ben saldi tra mafia, camorra e 'ndrangheta, 1 vincoli di solidarietà e gli accordi di mutua assistenza fra i tre piti insidiosi filoni della criminalità italiana. E se Bruno Pecorella fece qualche ammissione (magari soltanto per 'Sentito dire») sui collegamenti tra camorra e mafia, ancora nel processo di Messina s'impone sulle altre la figura singolare del giovane Giuseppe Insolito, un «pentito» che a suo tempo riferì una serie di episodi che dovrebbero far preoccupare seriamente i responsabili delle carceri italiane e, chissà potrebbero far saltare più di una testa. Nell'udienza del 4 settembre, dopo le vacanze, a Palermo è atteso Gianni Melluso, 11 mellifluo Gianni .il Bello», di Sciacca nell'Agrigentino che a Milano era diventato un piccolo boss. Melluso, accusatore implacabile di Enzo Tortora nel processo di Napoli, dovrebbe confermare a Palermo le strette interconnessioni tra camorra e mafia. Per presentarsi nell'aulabunker palermitana accanto all'Ucciardone, Gianni «il Bello» ha posto alcune condizioni, prima delle quali la massima sicurezza per lui e per 1 familiari. Tempo fa, a Sciacca, è stato assassinato un suo fratello minore, Angelo, di 21 anni, a detta di Melluso per una vendetta trasversale, secondo gli inquirenti perché era entrato aneli'e gli nel «giro Ma a Palermo c'è grande attesa soprattutto per la deposizione del giovane Nando Dalla Chiesa, che con le sorelle Rita e Simona è parte civile per l'uccisione del padre. Dietro le micidiali raffiche di «Kalashnikov», secondo. Nando Dalla Chiesa non c'erano soltanto gli spietati boss di Cosa Nostra ma un po' tutto il groviglio di interessi politici ed economici che negli anni s'erano andati cementando nell'Isola. A Palermo sarà la prima volta che il giovane sociologo figlio del prefetto-generale avrà l'opportunità di manifestare il suo pensiero sotto giuramento in un'aula di giustizia. Dei 727 tra parti lese e semplici testimoni citati dall'accusa nel maxiprocesso se ne sono presentati una cinquantina. E in netta maggioranza hanno sussurrato tanti «non som e «non ricordo-; soltanto una vedova, una sorella e un padre di vittime della mafia hanno affrontato a viso alto 1 boss senza però fare un solo nome perché le cosche hanno ghermito i loro congiunti senza mai lasciar traccia. Antonio Ravidà