San Francesco «peccò» dando cibo ai colombi

H poverello di Assisi che parlava agli animali H poverello di Assisi che parlava agli animali San Francesco «peccò» dando cibo ai colombi «Uomo ecologico», amò e di Puntualmente, come ogni estate, riesplodono un po' dovunque i più o meno micidiali piani e progetti contro i colombi dei monumenti e delle piasse, contro le torme dei gatti randagi e contro i topi che col caldo escono allo scoperto. La strage, pur per molti aspetti comprensibile, pecca comunque di ipocrisia, di rossezza e di crudeltà, ammantandosi di motivazioni igienistiche ed ecologiche, scomodando magari il rispetto verso i turisti, soprattutto stranieri. A Torino si discute d'adottare un anticoncezionale che gradualmente ridurrebbe l'inarrestabile proliferazione dei colombi incriminati. E questa proposta sembra il minor male. A Roma si formano gruppi spontanei pronti a sterminare i pericolosi portatori ipotetici o reali di epidemie, cioè i gatti stabilitisi fra i monumenti dell'antichità, e nutriti soltanto da pecchine al tramonto o da donne solitarie e frustrate. Il problema è reale, e non va rimosso. Ma come? Esiste forse, da quando se ne parla, in Italia qualcosa di simile ad una adeguata cultura e ad una efficace politica ecologica da parte dei più diretti responsabili? Sinora l'unica sensibilità — purtroppo fra tanti eccessi di vera e propria ferocia contro bestie pericolose certamente dal punto di vista igienico, ma pur sempre .innocenti* — l'ha dimostrata la gente molto più dei politici e degli addetti alla soluzione del problema. Leghe protettive, gruppi ecologici ed ambientalisti, verdi e correnti affini non sono finora riusciti ad ottenere da governi e amministrazioni né una risposta concreta né un aiuto risolutivo. In occasione del convegno mondiale che nel 1982 molti gruppi internazionali, fra cui Italia Nostra, tennero a Gubbio (la patria del «lupo buono» convertito da San Fran cesco), più d'un curioso mi faceva osservare che «per salvare San Marco a Venezia, il Duomo a Milano, il Colosseo a Roma, bisognava trovare il modo di cancellare addirittura la presenza di colombi, gatti e topi e renderli radicalmente inoffensivi». Era, beninteso, gente che poi a Venezia, a Milano e d'ovunque, non manca di farsi fare la foto ricordo nelle piazze e per le strade mentre dà il solito becchime a quei colombi che, poi, tratta da malnati e portatori di malanni. Come quadrare il cerchio tra la necessaria informazione, una vera conoscensa del problema e delle alternative allo sterminio nudo e crudo, il meno motivato e il più disumano? La strage rossa e selvaggia non serve a niente e a nessuno. Daltronde, produciamo già tanti veleni quotidiani e sistematici che viene da domandarsi quale diritto abbiamo ancora di intensificare, con la diffusione d'altri veleni, la scomparsa anche di preziose specie animali insostituibili sulla terra, nell'acqua e nell'aria, per l'equilibrio ecologico. Più d'una volta rondini e cicogne, negli ultimi quattro anni, sono fuggite da regioni italiane. Ottimiste ed innocenti, un lubritiauicrw sotckuiaota OlloFIal puAutoùkmctilcon VSt liuto synmnts. é difese la vita in ogni creatura anno fa le cicogne, quest'anno anche le rondini, hanno provato qua e là a tornare. Resteranno? Contro colombi, gatti e topi la lotta sarà comunque dura. Oltre che. disonorevole, sarà crudele. Gli specialisti della disinfestazione e dell'igiene potranno vincere qualche battaglia settoriale. Ma la guerra? La coscienza ecologica è indubbiamente in sviluppo anche in Italia, ma quali modelli validi per tutti servono ancora? Un ingenuo cronico come il sottoscritto torna da capo a indicare,, in assoluto, Francesco d'Assisi, il vero «amico degli animali», il «fratello di tutti». /I Poverello non fece dell'ecologia; fu lui stesso, totalmente e felicemente, uomo ecologico, ecologia dinamica e creativa in atto. La sua fu amicizia, non programma schematizzato per ricucire equilibri im'cuctbiH. Trattò ogni animale, ed ogni elemento, uno per uno, le piante e le pietre, gli alberi e l'acqua, come gli uccelli e i pesci e il lupo e la cicala e l'usignolo, come creature irripetute ed irripetibili ciascuna; sembra trovasse anche qualcosa come un linguaggio per capirli e per farsi capire. Amò, rispettò, difese la vita, tutta la vita, qualunque e dovunque essa si esprimesse. Per questo un biografo indiano contemporaneo lo ha definito «il più orientale del santi occidentali». E' un segno anche questo che la vera ecologia non può che essere ecumenica, cioè un valore ed una responsabilità che persuadano e coinvolgano tutti coloro a cui sta ancora a cuore l'intera famiglia dei viventi d'ogni specie nessuno e niente escluso; se non altro per interesse, visto che anche l'uomo ne fa parte. Pur vivendo anche Francesco l'ambiguità, più forte e tragica ■allora che oggi, dell'uomo che non può non nutrirsi di carne, anche se è l'ecologo più sincero, e quindi comporta almeno l'accettazione della macellazione, il poverello visse anche lui in questa ambiguità, ma mai si senti padrone assoluto degli animali, mai vi mise compiacenza, capriccio e orgogliosa ferocia, gratuità o gioco, come invece si vantano di fare i cultori della caccia indiscriminata definendola «nobile arte» come la boxe, come la guerra. Questa ambiguità, sancita purtroppo dalla stessa Bibbia, richiede d'essere accettata per essere superata, non consacrata all'infinito; indubbiamente richiederà millenni ancora per scomparire definitivamente. Intanto sarebbe già molto non uccidere lo spirito e l'immagine di Francesco, esemplare «primo cristiano dopo Cristo» anche in questo, profeta, come Isaia, di un tempo in cui il bambino giocherà con lo scorpione, il lupo con l'agnello, un tempo in cui vi sarà «pace in terra» fra gli uomini, gli animali e gli elementi. Ma quando avverrà questo, se sinora, una simile stupenda utopia è stata vissuta soltanto dai profeti, dai poeti e dai santi, e nemmeno da tutti loro? n. f.

Persone citate: Poverello