D'Amico ripudiato dalla «sua» Lazio finirà la carriera nella Ternana in C2

D'Amico ripudiato dalla «sua» Lazio finirà la carriera nella Ternana in C2 D'Amico ripudiato dalla «sua» Lazio finirà la carriera nella Ternana in C2 di MARIO BIANCHINI ROMA — Vincenzo D'Amico, giocatore di classe capace sia del «numero» Individuale che del suggerimento illuminante ai compagni, deve cedere anche lui II passo alla legge del tempo. La ribalta laziale ha perduto 1 lustrini, ma costituiva ugualmente una vetrina importante. Però nei programma dell'ennesima ricostruzione della società biancoazzurra non c'è più posto per D'Amico. La caduta è quasi verticale: dalla Lazio, alla serie C2 con la Ternana. Dalle cifre nasce un'ombra di nostalgia: 15 anni nelle file biancoazzurre, interrotti da una stagione a Torino con i granata. Altri numeri del «rapporto d'amore» con il calcio: 345 partite disputate fra campionato e coppe, 51 gol segnati. D'Amico, nato a Latina 11 5 novembre 1954, approdò alla Lazio quando aveva poco più di 15 anni. Dopo il debutto in serie B nella stagione '71-72, l'anno successivo rischiò di lasciare prematuramente 11 calcio a causa di un gravissimo incidente al ginocchio. Fu Il compianto dottor Renato Ziaco. con un coraggioso Intervento chirurgico, a restituire alla Lazio. D'Amico che «esplose» definitivamente nella stagione dello scudetto C73-'74) con la squadra «miracolo» guidata da Tommaso Maestrelli. •Ho vissuto con la Lazio gli anni più belli della mia vita — racconta 11 giocatore con voce velata di commozione — venni a Roma con una valigia piena di sogni. La vita travagliata di questa società mi ha fatto conoscere tanti momenti tristi e pochi felici. Adesso posso rivelare un segreto: nel 1978 Lazio e Inter conclusero la trattativa per il mio passaggio nelle file nerazzurre sulla base di un miliardo e mezzo. Una cifra non trascurabile per quei tempiMi si offriva la grande opportunità nel momento migliore della mia carriera. Però mi spaventai, non volevo lasciare Roma, non riuscivo a chiudere occhio. Ancora una volta l'amico dottor Ziaco, con una serie di stratagemmi, mi aiutò a far saltare l'accordo?. — Perché due anni dopo accettò di andare al Torino? •Ero demoralizzato. La La¬ zio era stata retrocessa, travolta, dallo scandalo delle scommesse. Cercavo la serenità che poteva darmi una società come quella granata. Trovai Rabitti, un vero gentiluomo, troppo corretto per far carriera nel calcio. Ma sentivo che non potevo interrompere più a lungo l'intenso rapporto con la Lazio. Tornai animato da altre speranze. Non cerco alibi, ma i motivi che mi hanno negato un'affermazione stabile, credo che andrebbero cercati nei numerosi periodi di caos in cui purtroppo è caduta la società: •La critica che mi ha maggiormente infastidito — continua D'Amico — è quella dello scarso entusiasmo per gli allenamenti. Ma questo è il momento di chiarire anche una vicenda su cui si è costruito un piccolo romanzo: non è vero che a S. Siro, Chinaglia mi prese a calci nel fondo schiena. Ci fu soltanto una movimentata divergenza di idee.. — Qual è il ricordo più bello della sua lunga carriera? •Non ho dubbi: la conquista dello scudetto, acciuffata all'Olimpico traboccante di folla e di entusiasmo: — L'allenatore che ricorda più volentieri? •Maestrelli per la sua grande umanità, seguito da Vinicio, un tecnico eccezionale». D'Amico ha giocato solo nella nazionale B e nell'Under 21. •Non sono stato convocato da Bearzot per la rappresentativa maggiore — racconta il giocatore — perché avevo detto la verità. Nella Lazio giocavo nel ruolo di tornante sinistro, lui affermava il contrario. Non mi chiamò più: — Qual è il suo giudizio sulla squadra che lascia? •Credo che Bocchi e Calieri stiano per gettare le basi di un solido futuro per la Lazio. Sarei rimasto per due soldi. Ma credo che tornerò fra qualciie anno con altre mansioni: Prima di chiudere, una fr-jccir ta polemica che forse D'Amico aveva nell'arco da tempo: •Chinaglia ci portò dall'America la grande speranza, che si rivelò invece una tremenda delusione con il rischio di affossare la società. La lunga storia in maglia biancoazurra è finita. Me ne vado a Terni, ma non mi sento ancora un pensionato».