Perché il sorrìso è una «grazia»

L'umorismo al cattolico è necessario per vivere con serenità e forza la propria fede L'umorismo al cattolico è necessario per vivere con serenità e forza la propria fede Perché il sorrìso è una «grazia» Teresa di Calcutta: Giovanni, all'elezio Senza fede non c'è umorismo. L'ho sempre pensato, e mi fa piacere che ora la «Civiltà Cattolica» confermi un valore che purtroppo è di solito ignorato o irriso soprattutto dai cristiani, e che si rivela più che mai necessario per poter vivere con serenità e forza la propria fede. Ricordo lo scrittore cattolico scozzese Bruce Marshall che negli Anni Cinquanta, ogni volta che lo incontravo, mi ripeteva: «C/ti non è pronto a sorridere anche della propria fede, non è degno di professarla*. Marshall ha anche detto più volte, in quei romanzi che ebbero tanto successo nel primo dopoguerra, che lo preoccupa la sorte delle chiese e della religione «per il fatto che i conventi non tremano più come un tempo dalle grandi risate*. L'umorismo è una «grazia» in parte naturale e in parte conquistata. Senza di esso, diretto o indiretto che sia, diventi parola o resti fervido ed ilare silenzio, l'esercizio della fede è molto più arduo. L'umorismo è figlio della chiarezza dello sguardo su se stessi e sugli altri, e del coraggio di sdrammatizzare situazioni difficili e dissolvere equivoci E' anche figlio di quel talento naturale e di quella disciplina interiore che porta a non prendere mai troppo sul serio se stessi. Lo stimolo della «Civiltà Cattolica» giunge al momento giusto, visto che ai vertici come alla base nel mondo, su tutti 1 versanti, nonostante i progressi di tipo scientifico e tecnico, l'autoldoìatria, mini omasi che sia, torna su di giri e si esprime con sovrana, ottusa ed intransigente intollerabilità. La Chiesa, in alcuni dei fi «Ai poveri potete dare ne: «Se ha scelto me, suol papi e del suoi santi, nella sua storia bimillenaria, ha spesso praticato e onorato l'umorismo. Ma dopo le battute storiche di papa Lambert ini, è necessario arrivare fino a Giovanni ~Xxiii per scoprire, quasi con incredulo e felice stupore, che anche un papa sa sorridere di sé e di noi, dei contrattempi e dei paradossi, senza turbarsi lo spirito, anzi sorridendoci su e rasserenando anche . gli altri. Ogni volta che un santo come Bernardino da Siena, Filippo Neri, don Bosco sanno ridere coi ragazzi, coi pellegrini, con gli umili e coi potenti, c'è nella Chiesa un'irruzione di teologia reale e spontanea, anche se essa è per lo più subito avvertita e goduta non dai dotti, ma soprattutto da coloro che ne sono la fonte quasi inconsapevole. E' la grazia più rara e ignorata. Mi viene in mente madre Teresa di Calcutta. L'ultima volta che l'ho ascoltata In una cattedrale stipata di suore d'ogni velo e tipo, diceva: •Per i poveri potete dare anche la vita, ma se non lo fate con un sorriso non date nulla*. Ricordiamo ancora tutti che cosa successe all'elezione di papa Luciani. Il giorno dopo l'elezione, per 11 rituale saluto ai fedeli vicini e lontani di tutto il mondo dalla loggia di San Pietro, invece del solenne 8 ieratico linguaggio d'obbligo usato da tutti 1 predecessori, Giovanni Paolo I attaccò, con l'asciuttezza arguta di un cronista veneto: «/eri sono andato a votare alla Sistina, e mai mi sarei aspettato quello che mi è capitato L'applauso, fiorito di stupefatta felicità, scoppiò nella piazza e nel mondo. anche la vita, ma se non lo fate sorrìdendo non date nulla» Papa si vede che Io Spirito Santo ha deciso di governare da solo» Anche papa Wojtyla, a casa o attraverso 1 paesi di tutto il mondo, gli applausi più gioiosi e spontanei 1! coglie quando fa un'improvvisa battuta di spirito: è allora che scocca la scintilla e il dono dell'umorismo. Ma indubbiamente il «sacramento» dell'umorismo, se cosi posso dire, ci è stato rivelato soprattutto da papa Giovanni XXIII. Quella grazia lo sostenne sempre nella vita. A Sofia, a Istanbul, e in Grecia, fra guerre e popoli disperati e decimati, quando più che mai egli si ritrovava con le mani vuote di fronte al dovere d'alleviare il dolore della gente, soleva rifugiarsi sempre in un pronto e sereno umorismo, oltre che nella preghiera. Non se ne dimenticò nemmeno quando fu trasferito dalla Bulgaria a Parigi, nel 1945, come nunzio apostolico, n segreto con cui rasserenò se stesso davanti agli altri potenti, e che gli consenti di scongelare la freddezza iniziale persino di De Gaulle, fu l'elogio sorridente di un bel mazzo di rose sul. tavolo del liberatore della Francia. E fu sempre anche con tutti gli altri il suo coraggioso e spontaneo spirito. Ad un amico l'annuncio della nomina, ricordandosi del «latino maccaronico» di Merlin Cocai, lo diede scrivendo questa battuta: *Cosa vuoi? Obi de/iciunt aequi, trottant aselli*: se mancano 1 cavalli, trottano gli asini. Quando seppe della propria elezione a pontefice disse subito: «Si vede che lo Spirito Santo ha deciso di governare la Chiesa da solo*. E un giorno, dovendo trovare la soluzione ad un difficile problema di sua esclusiva competenza, non essendo venuto a capo di nulla, disse serenamente: .Bisogna che domani ne parli al Papa*. Poi rise di gusto, ricordandosi che non aveva scampo, perché il Papa era lui. Nei miei ricordi personali c'è anche la constatazione di quanto due grandi Papi come Roncalli e Montini fossero diversi di fronte all'umorismo, al sorriso, all'alta ironia. Prima che fosse Papa, durante una visita ad Assisi, un giorno, a tavola, il cardinale Roncalli si versò un po' di minestra sulla porpora. Pronto, data la casuale vicinanza, riuscii a pulirgliela alla meglio. Sorrise, arguto: •Niente paura: ai bambini e ai vecchi succede spesso*. Più arguto ancora, a quanto raccontano, fu durante l'ingresso a Venezia come patriarca. Durante il solenne corteo sulla gondola d'onore per la presa di possesso dui patriarcato, un gabbiano a volo radente gli sporcò la porpora. Gelo fra gli astanti Ma lui, sorridendo: «Sarebbe stato molto peggio se le mucche volassero*. L'unica volta che incontrai papa Montini per qualche istante dopo la sua elezione, mi domandò, dopo aver ricordato la Missione di Milano, che cosa avrebbe potuto fare per me. Osai dirgli: •Santo Padre, ci regali un sorriso mercoledì prossimo, quando lo vedremo in tv nella cronaca dell'udienza generale*. Mi fissò, accennò un coraggioso barlume di sorriso e disse: «Ci proverò*. Ma il mercoledì non vi riuscì. L'umorismo, anche per la Chiesa, è un lievito di forza. Un giorno Gandhi confessò: «Se non avessi il senso dell'umorismo, mi sarei suicidato da un pezzo*. Ionesco asserisce che «dove non c'è umorismo non c'è umanità*. Dostoevskij sostiene che «si conosce un uomo dal modo come ride*. Ed Harwey Cox sostiene che «12 riso è l'ultima arma della speranza*. C. M Schultz è convinto che •l'umorismo è prova di fede e la prova che, nonostante tutto, con Dio andrà tutto bene*. Di questa fede doveva sapere tutto per pietà, coraggio ed esperienza San Tommaso Moro, il cancelliere martire di Enrico Vin (del quale santo è tanto devoto anche il non sempre sorridente presidente Cossi ga) il quale, apprestandosi a salire la scaletta del patibolo, chiede l'aiuto del boia ma lo rassicura, sorridendo, che per discenderne noti avrà più problemi. Già con la testa sul ceppo, ci ripensa un istante, scansa la barba in modo che la scure non tagli anche quella. Spiega: 'Lei, il re non l'ha tradito*. n.f.