Delitto Peci, Savasta accusa

Delitto Peci, Savasta accusa Al processo di Ancóna si aggrava la posizione degli imputati Delitto Peci, Savasta accusa «La direzione delle Brigate rosse non era d'accordo, Senzani ha fatto di testa sua» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE ANCONA — Nei primi mesi dell'82 l'ala militarista delle Brigate rosse aveva progettato di rapire 11 presidente della. Cotti industrie!,' VlltorRTMèV'-* Ioni. Aveva raccolto informazioni sulle sue abitudini e sugli orari di entrata e uscita dalla sede romana della Confindustria, con l'aiuto di una guardia giurata che prestava servizio In' piazza Vittorio Emanuele, a Roma. Il progetto falli perché, sventato 11 sequestro Dozier, Savasta fu arrestato e l'ala militarista con i successivi pentimenti subì un tracollo. E' lo stesso Antonio Savasta a rievocare questo progetto inattuato dinanzi alla Corte di assise di Ancona, chiamata a giudicare la banda che uccise Roberto Peci, colpevole solo di essere 11 fratello di Patrizio, l'ex brigatista che con le sue rivelazioni fece arrestare più di 250 suoi ex compagni. Antonio Savasta, che appartenne al comitato esecutivo delle Br, entra in aula nella tarda mattinata. Nella gabbia di Senzani i brigatisti detenuti gli Indirizzano qualche commento ironico, che Savasta non raccoglie. Non chiede neppure che siano allontanati i cineoperatori come era accaduto con gli altri perititi. Ha un viso completamente Inespressivo. Nella deposizione è freddo, lucido, esatto, tanto da mettere qualche volta in difficoltà il presidente Rebori che detta a verbale e che commenta un po' ironica quando Savasta puntualizza: -lo non sono brillante come lei dice il presidente. La deposizione di Savasta, citato dal pm Mandrelli, ha notevolmente aggravato le responsabilità di Senzani nell'omicidio Peci. In pratica — ha detto Savasta — il sequestro di Roberto fu una di quelle azioni a sorpresa di cui Senzani era maestro e che accentuò la spaccatura nelle Br già iniziatasi con la gestione del sequestro Cirillo, il vertice delle Br non si fidava di Senzani, abituato ai colpi di testa e a gestire le azioni con comunicati privi di coordinamento, talora in contraddizione con la strategia della direzione. Tanto che — prosegue Savasta — a un certo momento le Br si trovarono alle prese con la gestione di ben quattro sequestri: Cirillo, Taliercio, Sandruccl e Peci. Se all'esterno ciò poteva essere ritenuto ùn segno di forza e di efficienza dei brigatisti, all'Interno era Invece un segno di debolezza e di spaccature che si andavano manifestando e che prima o poi avrebbero portato a passi falsi. Savasta ha poi esposto il punto di vista della direzione Br sulla gestione del sequestro Peci. Avvocato Rocco, parte civile: -Credevate alla teoria del doppio arresto di Patrizio Peci?,. Savasta: -No. Non eravamo d'accordo neppure sulle foto, sul processo proletario filmato e sulla soppressione dell'ostaggio perché parente di un pentito. -Con questa logica avremmo- dovuto rapire e tar* | cidare decina .di' parenti' dì:> pentiti: Jn" realtàvii sequestrò' Peci si presentava bene per noi solo da una angolazione: come punto di appoggio della tesi che il pentitismo era una costruzione della borghesia, della macistratura e della polizia e non un fenomeno endogeno». La «condanna a morte» fu dunque una conseguenza del protagonismo di Senzani. Secondo Savasta poteva essere sospesa in quanto lo scopo principale delle azioni brigatista non era quello di uccidere le singole persone rapite ma di rafforzare la guerriglia e di disarticolare lo Stato. Presidente: -E' vero che Buzzatti tentò di mediare tra voi e Senzani perché Roberto Peci non fosse ucciso?: Savasta: -Conosco Buzzatti da ragazzo. Vivevamo nello stesso quartiere e fummo compagni di lotte studentesche. Ma non era possibile alcun contatto tra Buzzatti e noi dell'esecutivo. Nelle Br c'era la regola della compartimentazione. Ogni rapporto personale era vietato ed era giudicato elemento di grande scorrettezza. Che non ci fosse accordo nella colonna di Senzani lo deducemmo semplicemente dalla lettura dei volantini che emetteva: Si è poi passati ai rapporti con la colonna marchigiana delle Br. Savasta ha ricordato di aver consegnato lui stesso alcune pistole munite di silenziatore alla stazione ferroviaria di Roma Termini a Gino Tommaso Livera ni. Dovevano servire per l'assal'wtelW'se'de 'fe'gftmttlèttèKli&'l tìemwraBià''érfi«làntì •ad"À» 'cena, che iriiaJfct'i avvenne ne! maggio del 79. «JVon era una prova d'esami — ha osservato Savasta —, la colonna marchigiana era ritenuta molto affidabile.. Liverani, già inquisito per azioni eversive nel '77 e poi rimesso in libertà, espatriò in Francia non appena le confessioni di Savasta misero nei guai lo skipper del «Papago» Massimo Oidoni, di Falconara, che aveva trasportato le armi dell'Olp a Venezia insieme con Moretti e con lo stesso Savasta. 'Liverani sarebbe morto di cancro in Nicaragua qualche mese fa. Sul contatti con' Gldonl e gli altri della colonna marchigiana ha riferito nel pomeriggio anche Emilia Libera, altra pentita, che ha in pratica seguito, le tracce di Savasta sulla contrarietà al rapimento e all'uccisione di Peci, che si configurava solo come una vendetta trasversale. Ha anche accennato alla non credibilità della teoria del doppio arresto di Patrizio Peci é alla inopportunità delle foto e dei filmati del processo-proletario. -Tanto è vero ha detto la Libera — che sulla base delle fotografie dell'esecuzione che erano state, diffuse e che subito considerammo-, controproducenti, pensammo a una montatura dello Stato». Ermete Grifóni Ancona. Antonio Savasta, ieri, durante la deposizione dinanzi ai giudici della corte d'assise (Telefoto Ansa)

Luoghi citati: Ancona, Emilia, Francia, Nicaragua, Roma, Venezia