Challenger, vivi dopo lo scoppio

d<®p<& flg seéppim La Nasa: azionarono l'ossigeno d<®p<& flg seéppim NEW YORK — L'equipaggio del Challenger può aver vissuto per vari secondi dopo l'esplosione del traghetto spaziale 11 28 gennaio, e le prove raccolte fino ad ora dal periti Indicano che almeno alcuni degli astronauti cercarono di attivare rifornimenti di emergenza di ossigeno. Lo ha dichiarato ieri la Nasa, V Ente spaziale statunitense. In una conferenza-stampa tenuta a sei mesi dall'Incidente. Nel corso dell'Incontro con 1 giornalisti è stato ufficialmente affermato che la causa della morte degli astronauti non può essere stabilita iri modo conclusivo. La Nasa, ha distribuito ai giornalisti irascrlzlòni di registrazioni dei discorsi dell' equipaggio durante il lancio. Come era stato previsto, dai discorsi emerge che gli astronauti erano all'oscuro del loro destino fino a 73 secondi dopo l'esplosione, quando il copllota Michael Smith ha esclamato questi suoi ultimi monosillabi: «Uh..oh...». Secondo i risultati di un'analisi effettuata dall'exastronauta Joseph Kerwln, direttore di un settore del Centrò spaziale Johnson di Houstpn.'e resi noti dal contrammiraglio Richard Truly, capo del programma Shuttle, l'impatto del compartimento dell'equipaggio con la superficie dell'Oceano è stato cosi violento che le prove di danni prodottisi nei secondi seguiti all'esplosione sono state alterate.^ Sempre secondo lo studio, la causa precisa della morte degli astronauti non può essere stabilita In modo conclusivo. Le forze alle quali l'equipaggio é stato esposto durante l'esplosione non erano probabilmente sufficienti a provocare la morte degli astronauti o il loro ferimento. E' possibile quindi, ma non certo, che l'equipaggio abbia perso conoscenza nei secondi dopo l'esplosione del traghetto per via della perdita di pressione del modulo dell' equipaggio.

Persone citate: Johnson, Joseph Kerwln, Michael Smith, Richard Truly

Luoghi citati: New York