Monte Verità da Bakunin a Picasso

Monte Verità da Bakunin a Picasso TORNANO AD ASCONA NOVANTAQUATTRO CAPOLAVORI DEL MUSEO DI WUPPERTAL Monte Verità da Bakunin a Picasso ASCONA — A due passi dal confine italo-svizzero sul versante piemontese dell'alto Lago Maggiore: un piccolo centro, oggi, di mondanità turistica internazionale e di alta cultura psico-antropologica e spiritualistica (1 convegni di .Eranos», nati nel 1933 a iniziativa di Olga FrobeKapteyn sotto l'ala di Jung e In seguito di Kerényi e di Boli aiuti); al primi del '900, un villaggio di pescatori poveri intorno a cui si sviluppava, a un livello quasi «magico» e certamente esoterico, un incredibile concentramento di gruppi e di rappresentanti di tutte le utopie libertarie, naturistiche, mìstico-slncretistiche (fra Occidente e Oriente) fra XIX e XX Secolo. Fulcro di questo concentramento, la collina di Monescia sopra Ascona ribattezzata nel 1902 .Monte Verità». Harald Szeemann ne ha raccolto nel 1978 le memorie in memorabili mostra e librocatalogo, con appassionata partecipazione ma anche con rigore interdisciplinare: «A partire dall'ultimo quarto del XIX Secolo nella regione aatorica, pedagogica dell'alto Lago Maggiore fu proclamato, saggiato, vissuto e sofferto un potenziale enorme di utopie e di nuovi progetti di vita, che ha imbevuto di sé il terreno dell'odierna località climatica di Ascona..... Un incredibile concentramento di cultura e individualità comunque «fuori norma»: anarchici da Bakunin a MUhsam a Friedeberg, naturistl come Henri Oedenkoven (con la compagna Ida Hofmann), fondatore e battezzatore di «Monte Verità», e i fratelli Karl e Gusto Graser; teosofi e occultisti, seguaci della Blavatsky e di Steiner; fondatori della danza libera nella natura, la Duncan, Charlotte Bara. Mary Wulgman e soprattutto Rudolf von Laban; proto psicanalisti eterodossi come Otto Oross. E le arti: Lawrence, Joyce, Rilke, Hesse, George. Con la calata degli scrittori nordici anglo-tedeschi verso il mito e la magia del Meridione (per alcuni una tappa, per altri come Stef an George l'ultimo approdo) siamo alla nuova stagione fra le due guerre. Ascona, dove Monte Verità viene acquistato dal banchiere tedesco Eduard von der Heydt, che vi fa erigere dall'architetto Fahrenkamp di cultura Bauhaus i'albergo-resldenza di assoluto rigore razionalista, è un polo delle avanguardie artistiche: 1 dadaisti zurighesi, gli ex membri russi delle secessioni monacensi, Marianne von Werefkin e Alexey Jawlensky, l'amico e seguace di Klee Louis MoiUiet. Klee stesso soggiornò nel 1920, seguito poi. da tutto lo stato maggiore del Bauhaus, Groplus, Mohoiy Nagy, Bayer; Breuer, Schlemmer, che vi progettò nel 1927 con Scherchen una nuova messinscena delle Noces di Strawinsky, poi non realizzata. Questo nuovo clima trovò nello stesso tempo alimento e rispondenza nel singolare, raffinato gusto collezionistico di Eduard von der Heydt, ereditato dal padre August, il cui straordinario ritratto ,'auve di Kees van Dongen campeggia oggi ad apertura d'una delle tre sezioni (quella nel Museo Comunale d'Arte Moderna di Ascona) della mostra, fino al 17 agosto, «Da Marees a Picasso»: una bellissima scelta, a cura di Szeemann, di 94 capolavori del Museo Von der Heydt di Wuppertal in cui sono confluite le collezioni di August e Eduard von der Heydt. Dopo che negli Anni 30 Eduard (il «Budda di Ascona») potè prendersi il gusto di arredare sale da pranzo e addirittura ascensori della casa-albergo di Monte Verità con Picasso, Gauguin, Munch, Toulouse-Lautrec e sculture Khmer, la collezione pittorica confluì nel Museo di Wuppertal iiuitolnto nel 1961 al nome della famiglia, mentre quella extra-europea andò a costituire forse il più ricco museo in Europa- in quel campo, 11 Rletberg di Zurìgo. Oggi un'antologia da Wuppertal è tornata ad Ascona, e offre al visitatore «meridionale» uno spaccato di una cultura collezionisti:?., quella tedesca della prima metà del secolo, meno nota e singolare. Offre soprattutto la possibilità di conoscere, con ricchi gruppi di opere, autori di notevolissimo livello ma di rara frequentazione, se non nei musei tedeschi: come von Marees, uno dei prototipi del classismo simbolista alla pari con Bocklin e Klinger, come Corinth, uno dei santi padri, fra 1 sue secoli, dell'arte espressionista, come la Medersohn-Becker, a sua volta gauguiniana santa madre dei pittori della «Erucke», a cui viene talora annessa nonostante la precoce morte nel 1907, a trentun anni. Fu in effetti l'espressionismo il grande amore contemporaneo di August von der Heydt: lo comprovano qui le opere sceltissime di Nolde, di Kirchner (con il capolavoro delle Donne nella strada cui giustamente è dedicato il manifesto della mostra), di Kckoschka, con il drammatico, l hi a i n el ri e i, e a ei ui oel r e di o ui aco, aggrovigliato Autoritratto del 1917. Sul versante del «Cavaliere Azzurro», due sole opere, ma eccezionali: un Kandinsky del 1908. Chiesa di Riegsee, esattamente in bilico fra le dense fantasie cromatiche della prima fase del pittore e l'astrazione espressionistica degli anni a venire; e un gioiello di Franz Marc, Volpe. A loro confronto, un celebre capolavoro di Jawlensky, Ragazza con peonie. n discorso continua con l'espressionismo neo-oggettivo, •duro», feroce del primo dopoguerra: Dlx. Schad, un gruppo formidabile di opere di Beckmann. Questa prima parte della mostra, in cui prevale il nucleo originario della collezione di August von der Heydt, integrato da acquisti recenti grazie al fondo di dotazione lasciato a Wuppertal da Eduard (fra gli altri, un grande De Chirico •ferrarese» del 1917), è suddijvisa fra il Centro Culturale I Beato Pietro B orno e il Mu¬ seo Comunale. Siamo in mezzo al mondanissimo centro d'oggi di quel villaggio di pescatori che considerava come un altro mondo, della luna o dei folli o dei diavoli, quello degli anarchici, naturisti-nudisti, teosofi su al Monte Verità. E qui, nell'albergo donato da Eduard von der Heydt al Canton Ticino con il mandato, ancor oggi inevaso, di farne un centro culturale, si conclude la mostra con la bella idea di riportarvi, sia pure per soli due mesi, alcune delle opere della collezione di Eduard che già lo arredavano. Innanzitutto la Famiglia di arlecchino di Picasso del 1908, uno dei dipinti di maggior impegno immediatamente successivi alle Demoiselles d'Avignon, e primo precocissimo esempio di «rivisitazione» della fase precedente, il periodo «rosa». Lo affiancano una rarissima opera già acquistata dal padre August, l'Uomo con pellegrina del 1900 (cosi come il guazzo protocubista, Il dono), e due capolavori del secondo dopoguerra di più recente acquisto del museo, un grande Nudo col gatto e l'Aragosta rossa. Intorno, si scandiscono esempi dell'eccezionale gusto di padre e figlio: fra gli altri, sul versante di August, lo splendore cromatico della Natura morta dipinta da Gauguin nel 1902, un anno prima della morte; su quello di Eduard, la preziosità suprema e conturbante dei tre Odilon Redon; accanto a essi, l'indicibile calore-colore della Tovaglia bianca di Bonnard. Marco Rosei Pablo Picasso: «Nudo di donna sdraiata con gatto» (1964, Museo von der Heydt, Wuppertal)

Luoghi citati: Ascona, Canton, Europa, Marianne