Milano galleggia sui liquami

Milano galleggia sui liquami Vertice di amministratori regionali contro l'inquinamento Milano galleggia sui liquami La storia di un depuratore pensato ma non realizzato - Dovrebbe sorgere vicino alla Certosa di Chiaravalle ma il vincolo storico blocca la Regione MILANO — E' stata una tre giorni dedicata alla lotta contro l'inquinamento delle acque, alla conservazione dell'ambiente, al miglioramento della qualità della vita. A dieci anni da Seveso amministratori regionali, provinciali e comunali della Lombardia, del Veneto e dell'Emilia, esperti, persino le aziende che costruiscono impianti per la tutela delle acque e del suolo, riunite sotto la sigla Uida. hanno esaminato e discusso intensamente in questi ultimi giorni di luglio un ponderoso dossier (b^n tre volumi per oltre 300 pagine) messo a punto dall'assessorato regionale all'ecologia. Tutti si sono ritrovati d'accordo sulla necessità di proteggere l'ambiente, di rispettare i vincoli ecologici. Non una sola parola, però, si è levata per risolvere un problema che affligge da sempre la capitale lombarda: la mancanza di un depuratore degno di questo nome. Milano, capitale morale d'Italia, patria de La Scala, della finanza, delle banche, della moda e della cultura nazionale, condivide insieme a Firenze e a Palermo un ben triste primato: galleggia su un letto di liquami, di acque putride e nere, di reflui, di scarichi urbani e industriali che dal sistema fognario cittadino raggiungono il Lambro. e di qui il Po e l'Adriatico, senza alcun trattamento di depurazione. D'estate i miasmi che salgono da quelle fogne a cielo aperto che sono ormai i fiumi e le rogge milanesi. Olona. Lambro. Martesana. Vettabbia etc. ristagnano come nebbie sulla Bassa, intorpidendo i sensi a quanti, sventurati, transitano per quelle zone. Un fenomeno ben noto al cronista milanese Bonvesin della Riva, che già 800 anni addietro riconosceva nel ■Lamber merdarius» la causa prima dei mali. Soltanto 52.000 milanesi hanno i propri scarichi depurati, anche se in forma primitiva, da un piccolo impianto al Nord della città, mentre per gli spurghi dei pozzi neri il Comune è costretto a rivolgersi agli impianti che i Comuni della cintura milanese hanno costruito da tempo. Tutto inizia qualche anno fa, nel 1983, quando il Comune indice una gara d'appalto per la realizzazione dì un impianto di depurazione degli scarichi urbani in grado di coprire le esigenze di un milione e 750.000 abitanti. A tutt'oggi si utilizza ancora il reticolo di fiumi, canali e rogge che entrano in città dal Nord (un tempo puliti, ora già inquinati dopo aver attraversato la Brianza) e ne escono al Sud arricchiti degli scarichi urbani: un sistema studiato, pare, all'epoca degli Sforza, intorno al 1480 e ritenuto talmente efficiente che neppure l'illuminato governo austriaco di Maria Teresa vi pose mano per modificarlo. Milano, pur contando poco più di 1.600.000 cittadini, vanta oggi un carico inquinante di almeno 4 milioni, a causa delle industrie presenti sul suo territorio. L'impianto di Nosedo, in grado di coprire le esigenze di parte della città, dovrebbe sorgere alla periferia Sud-Est, vicino alla roggia Vettabbia. una fogna a cielo aperto che conduce gli scarichi urbani nel Lambro, e nei pressi della Certosa di Chiaravalle. L'appalto del valore di 73 miliardi viene vinto nel 1984 dall'Acqua, la stessa società che ha realizzato a Torino gli impianti del Sangone. Sono però passati due anni e mezzo e del depuratore si parla sempre meno. Prima il Coreco (Comitato regionale di controllo) boccia il progetto dell'Acqua perché troppo vicino alla roggia Vettabbia (-Sarà una fogna» dicono gli ufficiali del Comune, *ma anch'essa ha diritto al rispetto ecologico-). Poi la Regione Lombardia vuole accertare l'impatto del depuratore sull'ambiente. Il Comune allora dà l'incarico di valutare il progetto di Nosedo ad un organismo estero al di sopra delle parti, l'Istituto Battelle di Ginevra. Se ne vanno alcuni mesi e 500.000 franchi svizzeri per uno studio che viene utilizzato sia dai sostenitori che dai denigratori del depuratore. Poi sorge l'opposizione degli abitanti della zona, che avanzano pregiudiziali di carattere storico. «Non ci /Sdiamo di quanto ci ha proposto il Comune — ci dice la presidentessa della Zona 14, la combattiva Marcellir.a Merli — siamo già rimasti scottati con la discarica dei rifiuti: ci avevano promesso che non avrebbero ricoperto più di 20.000 metri quadrati di terreno qui da noi, e invece sono arrivati a 440.000 sema colpo ferire, con tutti gli inconvenienti del caso. E adesso vogliono rifilarci un mostro industriale, inquinante, che puzza, che ricopre 42 ettari, che renderebbe la vita impossibile ai 20/30.000 abitanti della nostra area-. Mentre i funzionari del Comune non sanno a cne santo appigliarsi per risolvere i problemi dell'inquinamento delle acque (infiltrazione di residui organici nei pozzi artesiani, miasmi, invasione di topi), entra in vigore la legge 513. meglio nota come legge Galasso, che impone alla Regione la stesura dei piani paesaggistici. Guarda caso, il depuratore di Nosedo dovrebbe sorgere vicino alla Certosa di Chiaravalle, rientra dunque nella giurisdizione regionale. A questo punto il Consiglio di zona abbassa la guardia, il rischio del depuratore si allontana sempre di più. Ci dice infatti l'assessore regionale per l'ambiente, Ricotti: «Sarà il piano paesaggistico a stabilire dove sorgerà il depuratore: non credo comunque che potremo rispettare i limiti della legge, che ci impone di terminare la stesura dei piani entro il 31 dicembre prossimo. Sa, ne abbiamo allo studio ben 45. E poi, non vogliamo correre il rischio di sbracare su un argomento delicato come questo. Non siamo contro i depuratori, ma Chiaravalle rappresenta un vincolo storico di rilievo». Gianfranco Modolo

Persone citate: Galasso, Gianfranco Modolo, La Scala, Maria Teresa, Merli, Ricotti, Sforza