E' morto il mitico Baloncieri

E9 morto il mitico Baloncieri Grande mezzala dell'Alessandria, del Torino e della Nazionale E9 morto il mitico Baloncieri La scomparsa a Genova a 89 anni - Capitano azzurro, smise di giocare nel '32 GENOVA — E' morto ieri pomeriggio Adolfo Baloncieri, uno dei più famosi calciatori degli Anni Venti. Tra pochi giorni avrebbe compiuto 89 anni. Il decesso è avvenuto in seguito ad una broncopolmonite che lo aveva colpito pochi giorni fa. Lascia la figlia Florio, ima sorella e un fratello. I funerali avranno luogo domani alle ore 8,15 nella chiesa parrocchiale di San Pio X, in via Orsini. Lo chiamavano cavaliere, lo rispettavano molto, ancora qualche anno fa gli chiedevano in tanti, giornalisti e appassionati, di esaere testimone';dcl passato,-'osserva-! tore del presente e oracolo del futuro, e lui invano diceva che il tempo si era portato via i ricordi: lo reputavano, giustamente, un saggio totale, da non lasciare inattivo. Adolfo Baloncieri è morto a ottantanove anni, era andato a molti funerali di compagni anche celebri, di Libonatti morto aveva saputo in ritardo, proprio dal nostro giornale che aveva raccolto, in Argentina, un necrologio simile a quello mandatoci ieri dai suoi parenti. . Baloncierì-Libonatti-Rossetti: fu quello il trio d'attacco di un Torino forte e meraviglioso, campione d'Italia nel 1928 ed anche l'anno prima, quando però il titolo venne revocato per l'affare-Allemandi. Ma 11 primo trio d'attacco vedeva Janni mezzala al postò di Rossetti (che era spezzino, prese una •esse» in più nel trasferimento, anno 1926, e se la tenne). Poi Janni passò centromer'iano, duro e sicuro, e davanti giocarono Baloncieri il fuoriclasse saggio, Libonatti (un argentino) il fuoriclasse matto, Rossetti il forzuto anche acrobatico. Baloncieri era alessandrino di Castelceriolo, dove era nato il 27 luglio 1897. Aveva esordito in A con la squadra dei grigi nel 1914, contro il Milan, due anni dopo il ritorno al paese dall'Argentina, dove i suoi, emigrati per lavoro, lo avevano portato nel 1904. Fu subito bravo, bravissimo. Fisico esile, molto talento. Cominciò come ala sinistra, divenne subito mezzala. Nel perìodo bellico passò prima al Pastore di Torino, poi al fronte, come io e nuovo l'Alessandria, mezzala destra con Papa II e Papa III a fare trio d'attacco. Giocò anche con 1 grandi Brezzi e Banchero e con il grandissimo Giovanni Ferrari, I Aveva già ventotto anni quando lo volle (20.000 lire, ma si disse di altre 50.000 sottobanco) il Torino del conte Marone Cinzano. Ad Alessandria lo dissero traditore, lo proclamarono finito. Aveva già giocato ventidue volte in Nazionale, nel perìodo del Torino, concluso nel 1932, giocò altre venticinque partite azzurre. In totale ventisei gol, e ventotto volte la fascia di capitano. Il Baloncieri granata superò quello alessandrino, che pure era già grande. Professionista perfetto, pagato bene giocò bene, sem¬ pre. Dal 4 ottobre 1925 al 5 giugno 1932 fece 191 partite in maglia granata, segnando 94 reti. Il trio fu detto «delle meraviglie», lui, Libonàtti e Rossetti si completavano in -maniera perfetta per il ' Torino e angosciosa per gli avversari. Ai Giochi di Amsterdam 1928, Uruguay-Italia 3 a 2. contro i grandi rioplatensi di Andrade, Scarone e Petrone lui, 11 signor Adolfo, fu definito il migliore in campo. Aveva talento e conosceva la praticità. Sbagliava poche partite, era regista e faceva pure i gol. Il Torino intitolò a lui la sua del gióvani, erano, boys», subito bravi Lo hanno intervistato tante volte, sino a pochi anni fa, quando si chiuse nella vecchiaia piena. Diceva cose sagge, rispettate, probabilmente inutili. Parlava di un calcio elegante e intanto pratico, il suo, un mistero. Chiedeva per il Torino, diventato squadra sua più ancora dell'Alessandria, quello scudetto che lui aveva vinto sul campo, anche con i suoi gol (14). Come allenatore ebbe grosse squadre, una svoltasi soprattutto a Genova (Genoa e Samp) e diramatasi anche a Roma, alla Roma. Lui era molto onesto, poco o niente marpione, era di quei gentiluomini completi 1 quali credono e vogliono che tutti gli altri siano come loro. Gian Paolo Ormexzano