Il dollaro si muove sul filo del rasoio di Ennio Caretto

Il dollaro si muove sul filo del rasoio Perché Washington non ha ancora preso contromisure per frenarne la caduta Il dollaro si muove sul filo del rasoio Tutto fa pensare a un piano per dare all'export Usa la spinta necessaria a ridurre l'enorme deficit commerciale - Cè il rischio che la manovra diventi incontrollabile DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON — Il previsto rallentamento della crescita del prodotto nazionale lordo americano nel secondo trimestre di quest'anno, l'I.l, per cento in termini reali — ma il dato del ministero del Commercio è provvisorio —, ha ieri accentuato la flessione del dollaro sui mercati internazionali, facendolo chiudere marginalmente al di sopra del 155 yen a Tokyo, il minimo del dopoguerra, e al di sotto delle 1460 lire a Milano. Come ormai d'abitudine, la banca centrale del Giappone è intervenuta in modo massiccio per impedire un ulteriore apprezzamento del'a propria moneta, apprezzamento che in 18 mesi circa è stato del 64 per cento, contro il 26 per cento di media del paniere delle valute forti. Ma a Washington la Riserva Federale è rimasta inattiva, sebbene il governatore Volcker abbia manifestato il timore che a lungo andare il declino del dollaro degeneri in una caduta libera: tutto indica che le autorità monetarie americane desiderano che per qualche tempo esso continui a deprezzarsi gradualmente. • Questo, ci ha detto l'economista di Harvard Martin Feldstein, l'ex consigliere del presidente Reagan, «è il motivo principale della svalutazione del dollaro: gli altri Paesi industrializzati si sono resi conto che gli Stati Uniti lo stanno spingendo verso il basso.. Esistono anche ragioni obiettive della debolezza della moneta Usa, e sono gli enormi deficit della bilancia commerciale e del bilancio dello Stato, nonché la stasi degli investimenti. «Ma i fattori più delicati dei mercati monetari sono quelli psicologici, ha aggiunto l'ex sottosegretario al Tesoro Fred Bergsten, dichiarandosi d'accordo con Feldstein. «/ nostri partners sospettano, non a torto, che noi vogliamo fare scendere il dollaro di un altro terzo circa.. A parere dei due economisti il \ perché è ovvio: -A quei livelli il. mode in Usa tornerà corre. pentivo;' e quindi le nostre esportazioni aumenteranno, mentre i prodotti provenienti dall'estero diverranno troppo cari, e quindi le importazioni diminuiranno.. Due anni fa. Martin Feldstein dovette dimettersi dal consiglio economico della Casa Bianca per aver propugnato la svalutazione media del dollaro del 35-40 per cento: rallora ministro del Tesoro Regan, oggi capo di gabinetto del Presidente, giudicò •eretica, l'idea. Il suo successore Baker l'ha invece cooptata e formalizzata con l'accordo di New York del 22 settembre scorso tra le cinque grandi dell'economia, •Il disavanzo commerciale. ha asserito Volcker «riduce il nostro prodotto nazionale lordo.. Le statistiche del se¬ condo trimestre di quest'anno hanno quantificato la sua affermazione: le importazioni, salendo di ben il 20 per cento contro il modesto 3 per cento delle esportazioni, hanno sottratto al prodotto nazionale lordo' 20 miliardi di dollari. Sarà solo tagliando il disavanzo che l'economia Usa decollerà. Col deficit degli scambi a 150 miliardi di dollari nell'05 (e quest'anno minaccia di salire) e coi prezzi del petrolio cosi bassi da annullare l'effetto inflazionistico del deprezzamento del dollaro, il giorno in cui la Riserva Fede¬ rale interverrà a sua difesa è ancora lontano. Feldstein e Bergsten prevedono che il deficit incomincerà a diminuire solo nell'87: 1 loro colleghi del simposio organizzato la scorsa settimana dalla rivista Time hanno sottolineato che gli importatori devono prima esaurire gli «stock» ordinati in precedenza, e che i prodotti di Paesi come la Corea del Sud e Taiwan, che hanno mantenuto le loro monete invariate rispetto al dollaro, rimangono molto convenienti. Ma sul made in Japan l'effetto dollaro si fa già avverti¬ re: in media, i prodotti nipponici sono rincarati del 10 per cento. Per favorire questa manovra, Volcker insiste però che occorre anche restringere i consumi interni, e incentivare il risparmio che sbocca negli investimenti. In questa situazioni, né la Casa Bianca né Wall Street danno segno di panico. La Casa Bianca è anzi partita al contrattacco, annunciando che i d ? xi definii vi sul prodotto nazionale lordo nell'ultimo trimestre dell'85 e nel primo dell'86 sono risultati assai superiori a quelli preliminari: crescita in termini reali del 2,1 per cento anziché dello 0,7 per cento, e del 3,8 per cento: anziché del 2,7 per cento. •Poiché da un lato si sono quasi esauriti gli inventari. ha dichiarato il portavoce Speakes «e dall'altro il tasso di sconto è stato abbassato al 6 per cento, noi anticipiamo una solida crescita economica nella seconda metà di quest'anno.. Nell'85, l'aumento del prodotto nazionale lordo è stato del 2,9 per cento, ha concluso il portavoce, per adesso nell'86 sembra del 2,5 per cento, ma potrebbe superarlo. Più che a questi dati, Wall Street ha guardato alla disponibilità della Riserva Federale a ridurre vieppiù gli interessi per manifestare analogo ottimismo. Ma è chiaro a tutti che l'America sta correndo col dollaro sul filo del rasoio. Ennio Caretto Il deficit dello zio Sam (Bilancia commerciate USA in miliardi di dollari) 1874 jjiS 197 1877 197» H7» IMO IMI 1M2 1M3 1S8« 1985 Fonte: Dipartimento del Commercio Usa -145 Paul Volcker