Caso Peci, dubbi sul pentito di Ermete Grifoni

Caso Peci, dubbi svi pentito Le «verità» di Buzzatti contestate dai difensori Caso Peci, dubbi svi pentito 1 legali di Petreìli: «Il professore è estraneo alla vicenda; nei giorni dell'operazione insegnava regolarmente)) - Annunciato un teste-chiave - Discordanze sulle modalità del sequestro ANCONA — Dice proprio tutta la verità il pentito Roberto Buzzatti, che da tre giorni racconta alle assise di Ancona come avvenne il sequestro e l'assassinio di Roberto Peci? Risponde con fredda sicurezza ad ogni domanda, portando elementi avuti per cognizione diretta o per sentito dire, non lascia insoluto un quesito, appare persino un po' monotono quando ogni tanto ripete: •Non voglio coprire nessuno-. ' Ma ieri la verità di Buzzatti. che ha dato certo un contributo determinante all'istruttoria e lo sta dando anche nella fase dibattimentale, ha subito l'assalto delle contestazioni, soprattutto da parte di alcuni difensori. Ci sono un paio di punti deboli nel racconto di Buzzatti sul sequestro: riguardano la posizione di Stefano Petrelli (Riccardo), un professore di Falconara che si dice vittima di un errore e che Invece il pentito indica come appartenente al commando che sequestrò Roberto. Petrelli a bordo di una grossa moto avrebbe fatto da staffetta ai sequestratori, avrebbe partecipato alla stesura del plano, poi. «congelato» per qualche mese l'omicidio Peci, avrebbe raccolto la pesante eredità di coordinatore della colonna marchigiana e abruzzese delle Br. Buzzatti racconta di essere arrivato in treno da Roma due giorni prima del sequestro, narra di una telefonata di sondaggio fatta da Gidonl a Roberto Peci, che era l'elettrotecnico del negozio «D'Anna- di San Benedetto del Tronto («Sono un ingegnere di Macerata. Sono qua in vil¬ leggiatura con la famiglia. Verrebbe dopodomani sera alle 18,30 a Installarmi un'antenna in via Botto 6?-). Narra infine Buzzatti di una riunione dell'intero commando la sera precedente in un ristorante sambenedettese. C'erano, dice. Senza ni, Petrella, Di Rocco, Gidoni, Petrelli e lo stesso Buzzatti. Il luogo era stato scelto da quest'ultimo, che aveva partecipato alle ricognizioni. Ma i difensori di Petrelli (avvocati Pecorella e Belardinelll) dicono che in quei giorni il professore era impegnato a scuola. Fece lezione, partecipò al consiglio d'istituto, la sera precedente il sequestro non era a San Benedetto ma al ristorante «Pierina» di Falconara. La difesa annuncia che verrà fuori anche un teste-chiave: un genitore dirà che nei primi dieci giorni di giugno Petrelli dava lezioni al figlio. Come poteva il professoreguerrigliero trovarsi a San Benedetto per pedinare Roberto? Legittimo chiedersi: allora perché Buzzatti lo accusa con tanta determinazione? Non si sa. Buzzatti ripete solo: -C'era anche lui, non voglto coprire nessuno-. L'udienza, infatti, si chiuderà con un duro confronto Petrellì-Buzzatti, col professore che esordisce dicendo di non essere uno stinco di santo, ma di non aver mai aderito alle Br. E Buzzatti che gli ricorda, allora, un colloquio nel carcere di Ascoli Piceno: -Ti esortai a pentirti e tu mi dicesti infame come Roberto-, Altro punto controverso della deposizione-fiume del pentito le modalità del sequestro. Anche la sentenza istruttoria dice che c'è qualcòsa che non quadra. Buzzatti ha confermato in udienza che Roberto fu attirato nel tranello dalla telefonata di Gidoni. Il giovane, con la sua Panda, andò all'appuntamento di via Boito e vi trovò Senzani e Di Rocco con le armi spianate. «Siamo delle Br. Seguici-. Cedette la guida dell'auto a Senzani finché non fu legato, imbavagliato e rinchiuso nella 127 di Di Rocco, con cui fu portato a Roma. Roberto Peci tenne un atteggiamento remissivo, non si spaventò più di tanto. Anzi disse: «Afi avete proprio fregato bene, voi!-, senza immaginare quel che lo attendeva Sull'episodio, la versione Buzzatti si scontra però con testimonianze raccolte durante le indagini, secondo cui Roberto non sarebbe uscito solo dal negozio bensì accom pagliato da tre sconosciuti che avevano grossi borselli, tre persone le cui caratteristiche richiamano Gidoni. Senzani e Di Rocco. Mentre i tre erano nel negozio, stazionava fuori una Bmw con a bordo una donna bionda e poco più in là c'era una 127 bianca con una ragazza bruna. La Bmw, rubata a Pescara, sarà ritrovata in fiamme la stessa sera sulla A14 vicino a. Fermo; la 127 aveva sicuramente la targa falsa. Ma Buzzatti ribadisce in udienza: -Non c'erano donne nel commando-. I casi allora sono' due: o il pentito vuol proteggere le donne sottraendole alla grave accusa di aver partecipato al sequestro seguito da omicidio oppure la regola Iella compartimentazione esistente nelle Br gli impedì di conoscere il dispositivo di copertura dell'operazione. Ma chi era la donna bionda? In istruttoria si adombrò l'ipotesi che fosse Lucia Reggiani, amica di Gidoni, oggi latitante in Francia. La bruna sarebbe stata Marina Muzzi. pure latitante.- Terzo punto controverso su cui è intervenuto il pubblico ministero Mandrelli: i rapporti tra l'ala militarista di Savasta e quella movimentista di Senzani e il contrasto in ordine alla soppressione dell'ostaggio. La decisione sarebbe stata presa da Senzani. sentite le varie componenti delle Br coinvolte nella terribile decisione. I militaristi rifiutano però questa tesi, loro erano per l'Immediata esecuzione. Savasta e la Libera verranno il 29 a deporre su questa circostanza. Ermete Grifoni ctsSgBbugafAaid

Luoghi citati: Ancona, Ascoli Piceno, Francia, Macerata, Pescara, Roma, San Benedetto Del Tronto