L'antimafia al Banco di Napoli

L'antimafia al Banco di Napoli Dopo la denuncia degli ispettori della Banca d'Italia sui «crediti facili» a camorristi L'antimafia al Banco di Napoli La commissione parlamentare spera di ricostruire il percorso di 411 miliardi dati in prestito senza adeguate garanzie ROMA — Il Banco di Napoli, dopo la Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania: l'indagine della commissione parlamentare antimafia si allarga anche al più autorevole istituto di credito pubblico operante nel Mezzogiorno d'Italia. Al termine della relazione di Giovanni Ferrara, con la quale ieri il senatore repubblicano ha illustrato ai colleglli 1 risultati cui giunsero gli ispettori della Banca d'Italia chiamati ad indagare sui •crediti facili» concessi fino al 1982 dal Banco di Napoli a persone poi finite in carcere o sospettate di appartenere alla camorra, la commissione ha fissato infatti le prime audizioni. Martedì prossimo, deputati e senatori ascolteranno il comandante del nucleo di polizia tributaria di Napoli; il giudice istruttore Paolo Mancuso, titolare di un'inchiesta giudiziaria sullo stesso argomento; l'ispettore della vigilanza della Banca d'Italia, responsabile del rapporto sul Banco di Napoli; il direttore generale dell'istituto di credito, Ferdinando Ventriglia; e il presidente Luigi Coccioli. Dalle loro deposizioni, i commissari sperano di ripercorrere il tragitto di quei 411 miliardi dati in prestito dal Banco senza adeguate garanzie e che non hanno più fatto ritorno. Le posizioni «in sofferenza», come si dice in gergo bancario, alla fine del 1982 erano 4965. Tra queste, quelle relative a Giovanni Maggio, presidente dell'Unione industriali di Caserta; a Domenico Bifolco, ex sindaco democristiano di Pagani e a suo figlio Antonio; a Vittorio Di Donne, amministratore delegato della Italconserve; all'industriale foggiano Vincenzo Pratichizzo. Maggio, i due Bifolco, Di Donne e Pratichizzo sono tutti in carcere. Dove fini anche, per peculato continuato e aggravato, Raffaele Di Somma che fra il 1981 e il 1982 aveva di fatto gestito il Banco nell'interregno tra le dimissioni di Rinaldo Ossola e l'arrivo di Ferdinando Ventriglia. A Maggio, venne concesso •l'abusivo utilizzo di un fido sino a 7 miliardi e 600 milioni nonché di un credito di 35 miliardi e 100 milioni nonostante il suo grave stato di illiquidità: A Domenico e Antonio Bifolco fu consentito di «di' strarre a loro profitto 850 milioni per un mutuo fondiario e 1200 milioni per un credito :uu initiuui jkt uri lieuiiu industriale con prassi anomala.. AU'Italconserve di Di Donne, società inquisita per le quattromila tonnellate di concentrato di pomodoro nauseabondo che stavano per partire per l'Africa nel quadro della lotta contro la fame, fu aperta una linea di credito di 18 miliardi e 700 milioni .nonostante l'esistenza di notevole margine di rischio.. Insomma, .disfunzioni, ritardi, scorrettezze e disordine organizzativo., ha sostenuto ieri il senatore Ferrara, potrebbero aver favorito l'infiltrazione della malavita nel Banco di Napoli, n rapporto della Banca d'Italia, al quale hanno lavorato 15 ispettori per circa dieci mesi, «non esprime — ha sostenuto il parlamentare repubblicano — giudizi di merito su fatti di i — yiuuuzi ut 7r«mtu ou julll ut rilevanza penale, ma si limita a "fotografare" una situazione di estremo malessere orga nizzativo e contàbile, pur sottolineando le potenzialità positive del Banco di Napoli.. E alla commissione, ha precisato, non interessano i problemi di gestione della banca ..ma solo-l'analisi dei fatti utili a comprendere attraverso quali meccanismi la malavita possa oggi incunearsi nel mondo del credito.. Dal dibattito e dalle audizioni che si terranno nelle-prosslme sedute, si è augurato Ferrara, emergeranno .proposte utili per l'eventuale modifica della -legge Rognoni-La Torre, al fine di rendere più Impermeabili le banche alle «attenzioni» di mafiosi e camorristi. Che è poi lo scopo della costituzione e dell'attività della commissione stessa. r. con. r. Culi»