«I Sei», tavolozze in battaglia di Angelo Dragone

«I Sei», tavolozze in battaglia ACQUI RISCOPRE IL CELEBRE GRUPPO DI MENZIO E CARLO LEVI «I Sei», tavolozze in battaglia DAL NOSTRO' INVIATO ACQUI TERME — Nella scia delle'numerose mostre monografiche dedicate ai protagonisti della pittura italiana contemporanea (da Morlottl a Carrà. dal «difficile» Liei ni a Campigli e alle sue «donne-anfora»), gli ambienti del Liceo Saracco accolgono (sino al 7 settembre) «i Sei» di Torino: un gruppo che ha fatto stòria, per dirla con Edoardo Persico che ne era stato il maggior assertore, con -la prima battaglia che le nuove generazioni hanno dato per iim'arte europea in Italia.. Organizzata da Aurelio Repetto e Francesco Massucco col coordinamento di Federico Riccio, l'esposizione (patrocinata da. Comune e Azienda di cura, col contributo della Regione e della Gas sa di Risparmio) non mancherà di costituire per più d'uno un'autentica scoperta. Basti pensare, come tra la stessa critica, a Milano come a Roma, c'è sempre qualcuno ancora òggi.pronto a mettere tra «i Sei. persino Felice Casorati. al quale il «gruppo» costituito in verità da Jessy Boswell. Gigi Chessa. Nicola Galante. Carlo Levi. Francesco Menzio e Enrico Paulucci — s'era andato invece contrapponendo:^ pur nel rispetto con cui la loro insegna con [Olimpia di Manet poteva inchinarsi, come Persico aveva scritto con una bella immàgine, a quella innalzata da Casorati nel nome di Ingres. L'idea del gruppo, cui il critico napoletano trapiantato a Torino aveva pensato per primo, s'era sviluppata in verità sul terrazzo dello studio di Giulio Cia .Milano, nei suoi colloqui con Gigi Chessa, ma affondava le sue radici in quella realtà rispecchiata a Torino dal •movimento di idee e di interessi spirituali creati negli ultimi anni dal Baretti, dal Teatro di Torino e da quel centro di studi vivi che è la scuola di Lionello Venturi* (Persico), ma non meno dal pensiero che, proprio negli Anni 20. aveva legato tra loro 'taluni uomini, architetti, pittori, letterati o semplici intellettuali venuti da ogni parte del Paese e che cercavano un accordo alle loro diverse tendenze e ai loro temperamenti su un pia¬ no rigorosamente europeo*. Queste aspirazioni, infine, avevano trovato un moderno mecenate nell'avvocato Riccardo Guai ino. disposto addirittura a finanziare un'istituzione che avrebbe dovuto assicurare agli artisti la possibilità di vivere qualche tempo a Parigi. Il progetto in realtà non ebbe seguito, anche se qualcuno dei futuri «Sei» potè in effetti approfittare della generosità gualiniana, per un soggiorno al termine del quale il «gruppo» trovò non senza fatica !a propria fisionomia. . , o o à e » e , e ò a Della Boswell — che aveva frequentato lo studio di Felice Casorati per mostrare più tardi una maggior affinità proprio nei riguardi dei com pagni di gruppo — ad Acqui si rivedono gli ambienti a lei familiari, come ['Interno gaio animato dalla figura e soprattutto dall'intonazione della tavolozza, che ritorna nelle meditate nature morte: nei Fiori come nella felice atmosfera dei Vasi di gerani sul terrazzo. Alcune nature morte e paesaggi, ma anche il Ritratto di Paulucci, riassumono invece la tendenza di Galante a semplificare valori i d'una pittura neppur aliena da certi stupori metafisici. Più esteso, ed era ovvio con la carriera che potevano già invocare, il repertorio degli altri quattro, anche se con autentica ortodossia la mostra ha inteso limitare, pur con qualche debordo, la scelta delle opere al periodo tra il 1929 e 11 '31. riferendosi alla più compatta formazione con cui il gruppo si presentò a Torino. Milano e Genova oltreché nelle rassegne della Biennale di Venezia e della Quadriennale di Roma, dove al di là delle diversità e delle stesse apparenti loro contraddizioni «i Sei» rivendicavano la loro ricerca basata sul colore, con quelle ascendenze che potevano risalire sino a Delacroix, ma da vicino rifacendosi all'attualità della lezione che più dalla periferia che dal centro, avevano colto non in Braque o in Picasso, ma in Derain e Marquet. in van Dongen, Pascin e nella limpida Laurencin e in Dufy, oltreché in Modigliani. I «testi», spesso da museo, sono presenti in buon numero anche in questa mostra (il cui catalogo è aperto da un saggio di Giulio Carlo Argan): : dal Tavolo da gioco e dalla Figura controluce al Nudo rosa disteso di Chessa, aìVAutoritretto e al Nudo rosa di Menzio. dai Ritratti di Spazsapan e di Aldo Garosci di Carlo Levi alle Nature morte, ai Paesaggi e alle Figure intrise di luce di Paulucci che. al di là delle stesse sue opere, alla mostra ha offerto il contributo insostituibile della sua viva testimonianza. Angelo Dragone Carlo Levi: «Eleonora» (1930, particolare) tra le opere in mostra ad Acqui Terme