Baldovino, tranquillo re borghese di Fabio Galvano

Baldovino, tranquillo re borghese Il sovrano festeggia domani i trentacinque anni di regno sul difficile trono del Belgio Baldovino, tranquillo re borghese Vita privata ineccepibile, gusti semplici e colti, una regina, Fabiola, che ispira bontà • Una monarchia austera che suscita le simpatie di un Paese con alle spalle una storia tormentata - La pesante eredità del padre, Leopoldo III, travolto nel dopoguerra dalla «questione reale» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BRUXELLES — Né fuochi d'artifìcio né cerimonie pubbliche hanno segnato giovedì i 35 anni di Baldovino sul trono del Belgio: tutti i riti di una monarchia che non ha corona né trono sono riservati semmai alle celebrazioni — domani — della festa nazionale, che segna i 1SS anni d'indipendenza del Belgio e di questa sua dinastia priva di titoli altisonanti. E' forse da questa riservatezza, fluente nel grigiore di cui il Belgio si compiace, che la famiglia reale trae la sua forza: la sua popolarità non é entusiastica ma rispettosa. Che Baldovino sia oggi il decano dei sovrani europei è indice di stabilità interna; e testimonia un apprezzamento per questo re borghese («un pò in pantofola', dice la gente) che ha saputo cancellare le asprezze della storia. La tremenda «questione reale» che nell'immediato dopoguerra travolse suo padre Leopoldo III, accusato di collaborazionismo con i tedeschi; le incertezze che accompagnavano il giovane erede — il «re triste», lo soprannominò qualcuno — scaraventato appena ventenne a parare l'abdicazione del padre; le perplessità che per anni circondarono l'esuberanza di suo fratello Alberto, spinto sulle pagine dei rotocalchi dopo il matrimonio con Paola Ruffo: sono tutti momenti del passato, irriconosci' bili nel Baldovino e nel Belgio di oggi. Il rigore di una vita privata ineccepibile, la simpatia per una regina Fabiola che ha sempre rifuggito le frivolezze delle quali si beava suo fratello Don Jairne, la passione popolare per il giovane principe Filippo (primogenito di Alberto e Paola e futuro erede al trono), tutto ciò ha favorito la riconciliazione nazionale con la famiglia reale. Basta sentire il giudizio espresso giovedì dalla Libre Belgique, giornale francofono, che dedicava un'intera pagina fotografica all'anniversario: «Lungo un regno fecondo, i/1 Belgio ha imparato a conoscere l'illuminata sollecitudine del re; un re sensibile, attento, .semplice, ammirevolmente assecondato da una regina? che emana bontà. Trentacinque anni durantgj quali re Baldovino è vissuto a contatto con la popolazione belga, condividendone dolori e gioie». Il tono, inimmaginabile dieci o vent'anni fa. segna una svolta definitiva. Non é piaggeria, è semmai il tono, di un'opinione pubblica che deve farsi perdonare qualcosa. Non a caso, forse, l'altro quotidiano francofono — Le Soir — ha celebrato l'anniversario in modo indiretto: pubblicando un'ampia recensione di un libro inglese che difende il ruolo di Leopoldo III durante la guerra e riabilita in parte la figura di quel «re del silenzio», fratello di Maria José, morto tre anni fa. Baldovino aveva quattro anni quando suo padre diventò re, nel 1934, e cinque quando sua madre — la regina Astrid — mori in un incidente automobilistico in Svizzera. Visse la fanciullezza attraverso gli orrori della guerra e dell'esilio, tornò in Belgio quando la question royale faceva supporre imminente la fine di una monarchia che invece, al referendum del marzo 1950, ottenne il 58 per cento dei suffragi (ma il «no» vallone e di Bruxelles furono determinanti nel quadro dell'abdicazione di Leopoldo). Quegli anni e quegli avvenimenti segnarono profondamente la vita di Baldovino, plasmandone il carattere ma costringendolo a «inventarsi» un ruolo. Sarà anche merito del tempo che tutto cancella; ma stato soprattutto il metodico impegno di questo re a creare il nuovo clima di entente fra Belgio e monarchia. Autodidatta per necessità, Baldovino si è plasmato a immagine del proprio Paese, quasi mimetizzandosi con la sua società. U motto reale. L'union fait la force, suona quasi come una bat¬ tuta in questo Belgio cosi profondalmente diviso fra valloni e fiamminghi; ma a Baldovino va riconosciuto il merito di avere fatto ogni sforzo per superare barriere linguistiche e storiche, addirittura di avere adottato lo spagnolo in famiglia — spagnola é la regina Fabiola — per non far torto a francofoni o neerlandofoni. Instancabile commesso viaggiatore dell'azienda-Belgio, il suo vero trono è la scrivania dove, davanti a un caminetto di marmo rosa su cui troneggia il modellino di un veliero, imposta la strategia dei suoi impegni pubblici. Lo si descrive come uomo di gusti semplici, amante delle passeggiate nel verde («Ha il piacere delle cose intatte», dice il suo addetto-stampa Claude de Valkeneer), con una particolare predilezione per la letteratura, la musica e le scienze, più a suo agio fra personaggi della cultura che dello spettacolo: sua passione «segreta» è la fotografìa notturna dei movimenti stellari e, in genere, di tutti i fenomeni astrali. Lo sport di famiglia — l'alpinismo — gli fu proibito per il tragico incidente di cui fu vittima nelle Ardenne il nonno Alberto I; e per gli stessi motivi — la fine della madre — fu tarpata in lui anche la passione per le auto sportive. Giocatore di golf finché si accorse che quello sport gli «rubava troppo tempo», passò allo squash; ma anche a questo dovette rinunciare, dopo un attacco cardiaco nel 1980. Ora si accontenta di nuoto e pesca d'altura, soprattutto quando é a Motril, la villa spagnola a Sud di Granada dove da anni trascorre le vacanze. II suo stile di vita — semplice per un monarca — si riflette in questa sua scelta di vacanze spagnole, nell'essersi ristretto — a Bruxelles — in una parte del palazzo di Laeken per contenere la «lista civile» — l'appannaggio di Stato — che tocca già i cinque miliardi di lire. Quella belga è una corte dal fasto molto limitato: si sottolinea, per esempio, che Fabiola è l'unica sovrana europea a non avere dame di compagnia. E ciò spiega in certa misura la simpatia dei belgi, costretti dall'austerità del governo Martens a tirare la cinghia del bi¬ lancio familiare. Ma piace anche la trasformazione del Baldovino giovane e impacciato in un maturo signore sicuro di sé; il cedimento dei rigori protocollari, nella sua vita quotidiana, con la sempre più frequente scomparsa di gessati e divise in favore di giacche sportive e maglioni girocollo. A questa trasformazione ha contribuito non poco Fabiola. Aristocratica spagnola legata alle famiglie di Aragona e di Navarro, con il suo matrimonio — 1960 — ha portato nel palazzo di Laeken raffinati gusti artistici e musicali che prima mancavano. Ex-infermiera in un ospedale di Madrid, ha portato a Bruxelles anche una pietà e una compassione che non esita a elargire di fronte a qualsiasi calamità e che l'hanno subito fatta benvolere. Non é certo una sovrana brillante, né elegante, né legata alla mondanità: é più facile vederla fotografata in campagna (Baldovino ha una tenuta nella Campine, presso il confine olandese), con uno scialle o un Burberry, che a palazzo con i lustrini dell'abito da sera. Parlano, i giornali belgi, di «una coppia felice»: «L'intensità di uno sguardo o la spontaneità di una mano che cerca un'altra mano non si costruì scono protocollarmente», osservava Le Soir nel dicembre scorso, in occasione delle loro nozze d'argento. Fabiola ha certamente dato al Belgio un delicato apporto di misura e riservatezza; ma non un erede al trono. Ed è qui che Alberto e Paola di Liegi tornano d'attualità. Non più per quelle che furono definite «le intemperanze latine» della principessa, che squassarono la tranquilla corte belga, ma perché da quel ramo cadetto verrà il sesto sovrano belga. Alberto é molto legato a Baldovino; più che in passato. Nella sua carica di presidente dell'Ufficio per il Commercio estero, coordina con il sovrano quella che è l'attività in favore deU'azienda-Belgio. Gli resta, delle passioni giovanili, quella della motocicletta; e due anni fa ebbe, in Francia, un incidente abbastanza grave, che lo costrinse ad andare con il braccio al collo al matrimonio della figlia Astrid. Paola, che resta la più elegante e dinamica fra le donne di casa reale, é sempre più impegnata in funzioni pubbliche. Da quando poi è nonna, anche le residue perplessità sembrano dissipate: è stato nel febbraio scorso, quando Astrid, 24 anni, mise al mondo Amedeo. Astrid è una ragazza spigliata e moderna, schietta, capace di una conversazione brillante e ironica, con studi «europei» a Ginevra e tirocinio d'infermiera nel Michigan. Nel settembre '84 ha sposato l'arciduca Lorenz d'Austria Este, un Asburgo di cui Amedeo d'Aosta è zio e l'imperatore Carlo d'Austria era nonno, di professione bancario (a Basilea). Ma Astrid non è che la secondogenita di un terzetto che catalizza le simpatie dei belgi. A parte Laurent, appena ventiduenne, al centro di questa nuova attenzione è Filippo, il primogenito. Ventisei anni, occhi azzurri, alto, biondo, con una laurea californiana, ufficiale della reale scuola militare e pilota di caccia, potrebbe in un futuro non lontano regnare su questo Paese, se — come si dice — suo padre Alberto intende davvero rinunciare al trono. Sorridente, alla mano Filippo è coccolato dalla stampa e dalla tv; si parla anche insistentemente di un suo legame con Fiammetta Frescobaldi. L'Italian connection, si direbbe, è vizio di famiglia; e questa volta i belgi sembrano più disposti ad applaudire. Fabio Galvano Bruxelles. Baldovino e Fabiola del Belgio l'anno scorso durante la festa per le «nozze d'argento»