All'asta i «gioielli» di Francia di Enrico Singer

All'asta i «gioielli» di Francia Banche, industrie, assicurazioni: obiettivi e limiti della «privatizzazione imperfetta» di Chirac All'asta i «gioielli» di Francia Sessant «cinque in vendita: il pacchetto più folto è quello delle imprese nazionalizzate dalla «gauche» - Un patrimonio di 70 mila miliardi che dovrà essere ceduto col contagocce - Si dovrebbe cominciare con Saint-Gobaine Cge - La Cee già protesta per le barriere contro gli stranieri PARIGI — C'è uno spettocolino televisivo in Francia che si chiama •Cocoricobov' in cui i protagonisti della politica appaiono trasformati in pupazzi. Mitterrand è una rana, Chirac un avvoltolo, Barre un orsacchiotto, il segretario dei sindacati comunisti Krasucki un granchio. A Parigi si dice che per la ripresa delle trasmissioni, dopo la sosta estiva, l'inventore di questo teatrino abbia in mente di accogliere un altro personaggio: il ministro dell'Economia e delle Privatizzazioni, Edouard Balladur, che dovrebbe apparire con i pizzi e i merletti del grande Intendant des Finances del Re Sole, quel Jean-Baptisie Colbert che, attorno al 1660, teorizzò che la potenza di uno Stato si misura in base a quanto possiede. Forse è soltanto una battuta, ma è uno specchio delle nuove polemiche che stanno montando sulla campagna di snazionalizzazioni che il governo si appresta ad avviare. Finora, lo scontro tra il centro-destra e la sinistra è stato tutto politico. La «coabitazione» tra 11 presidente socialista Mitterrand e il primo ministro neogollista Chirac ha tremato: il capo dell'Eliseo ha rifiutato la sua firma sotto il decreto che avrebbe reso da subito possibile la vendita di 65 tra industrie, banche e compagnie di assicurazioni oggi pubbliche; il premier è stato costretto a ripiegare su una legge organica che dovrà essere approvata dal Parlamento. Adesso che la tempesta istituzionale si è placata, dal mare delle dichiarazioni di principio cominciano a emergere gli scogli economici. Che cosa sarà venduto, come, a chi? Di fronte alle snazionalizzazioni decise dal premier inglese Margaret Thatcher, quelle francesi si annunciano come una valanga. Ma i vincoli che Chirac e Balladur vogliono imporre, soprattutto all'ingresso dei capitali stranieri, non sono forse il segno di una «privatizsazione imperfetta» che contrasta sia con il promesso vento liberi- sta, sia con le norme della Comunità europea? La legge, che dovrebbe essere approvata entro l'estate, risponde soltanto in parte a queste domande. C'è, naturalmente, la lista delle 65 imprese da privatizzare: tutte quelle •concorrenziali» che il governo socialista aveva nazionalizzato tra la fine dell'81 e l'82, dopo la vittoria di Mitterrand nelle presidenziali, e anche otto gruppi che sono nel settore pubblico da oltre quarant'annl. Ecco 11 primo argomento di polemica: il nuovo governo non vuole solo «riparare» una mossa della gauche che, già dai banchi dell'opposizione, aveva giudicato 'disastrosa e paralizzante- per l'economia francese, ma intacca anche un patrimonio tradizionale. Rovescia scelte compiute dallo stesso generale Charles de Gaulle. Se la Renault, nazionalizzata subito dopo la guerra, non è nella «lista delle 65» (anche perché, in considerazione del suo deficit, sarebbe difficile trovare dei compratori senza arrivare a una svendita), nell'elenco ci sono le tre banche più importanti di Francia — Banque nationale de Paris, Société generale e Crédit Lyonnais — e le tre più grandi compagnie di assicurazione — Uap, Agf e Oan — nazionalizzate nel '45 e nel '46. Tra le «vieilIcs», le «vecchie» come le chiamano i francesi, ci sono poi la società di pubblicità Havas (pubblica dal '40) e la petrolifera Elf-Aquitaine, n «pacchetto» più folto, tuttavia, è quello delle nazionalizzate dalla sinistra. L'elenco sarebbe lungo: soltanto le banche (tra le quali quella della famiglia Rothschild) sono trentotto. E ci sono anche le due grandi compagnie finanziarie Paribas e Suez. Ma le più importanti sono le industrie: Cge (elettrica), Saint-Gobain (vetro), Pechiney (metallurgia fine e chimica), Rhone-Poulenc (chimica), Thomson (elettronica). Oltre ai gruppi nel quali lo Stato aveva acquistato la maggioranza di controllo: Bull (Informatica), Matra (meccanica), Dassault (aeronautica). E' un complesso di imprese enorme, valutato circa 350 miliardi di franchi — cioè oltre 70 mila miliardi di lire — secondo stime non ufficiali ma credibili. Ecco subito altri due problemi: come definire esattamente il valore delle società da vendere e come diluire la loro offerta sul mercato perché questo possa assorbirle, n successo delle privatizzazioni si misurerà pro¬ prio su questi due parametri. La legge Chlrac-Balladur prevede che ' la stima delle privatizzande sia affidata a sette «saggi»: una commissione imparziale, secondo 11 governo, un gruppo influenzabile dalle pressioni dei candidati all'acquisto, secondo l'opposizione di sinistra. Ma questo fa ancora parte della polemica politica. Più complesso, e serio, è il problema del «dosaggio» delle privatizzazioni per evitare che il mercato finanziario francese sia sconvolto. Secondo i calcoli del ministro Balladur, la capacità reale di assorbimento è di 40 miliardi di franchi l'anno. In questo caso i «giganti pubblici» potrebbero essere venduti al ritmo di due ogni anno. Per fare qualche esemplo, la Banque nationale de Paris è stimata attorno al 27 miliardi di franchi, la Paribas attorno ai 30, la Pechiney e la Cge sui 12 miliardi II processo sarà, dunque, lungo. E già si fanno le ipotesi su quali società saranno privatizzate per prime. Il governo ha promesso di annunciare, entro ottobre, i nomi delle due imprése-pilota. Le Indiscrezioni indicano Saint-Gobain e Cge. Ma una delle due potrebbe essere sostituita con una banca, più facile da piazzare sul mercato. Certo, Chirac e Balladur sceglieranno delle imprese concorrenziali, i «gioielli» del settore pubblico. Saint-Gobain e Cge rispondono in pieno a questi requisiti. Nel febbraio dell'82, quando fu nazionalizzata, la Saint-Gobain aveva una cifra d'affari di 40 mila milioni di franchi, un utile di 900 milioni di franchi e 163 mila dipendenti (la metà impiegati nelle filiali all'estero). Stesso volume di affari per la Cge (con 250 milioni di franchi di utile) e 180 mila dipendenti, dei quali 30 mila nelle filiali estere. Ma come privatizzare? La legge che il Parlamento francese si Appresta ad approvare (Chirac può contare su una maggioranza assoluta, sia pure di tre soli seggi), non si affida completamente alle regole del mercato. In Borsa finiranno una parte delle azioni, sono previsti dei limiti, dei vincoli. Anche delle «garanzie dell'indipendenza nazionale-, il tema di cui tanto si è discusso nei tre giorni di quasi-crisi tra presidente della Repubblica e primo ministro. E sono queste regole che fanno parlare di «privatizzazione imperfetta', di «nostalgia del colberUsmo: Fino a far nascere il dubbio che la componente gollista del governo sia, al fondo, in¬ certa di fronte ad una reale rivoluzione liberale* dell'economia. Lo Stato si riserva molti poteri di veto. Quello più delicato investe la libertà di acquisto delle privatizzande da parte del capitale non francese. Agli «stranieri» è concessa una quota massima del 15 per cento. Un tetto che ha sollevato irritazione nella Cee. Lord Cockfield, commissario europeo incaricato del mercato interno della Comunità, ha già scritto una lettera al ministro Balladur: la limitazione è in contrasto con gli articoli 52 e 58 del Trattato di Roma che assicura la libera circolazione dei capitali e degli investimenti. E lord Cockfield, ex membro del governo Thatcher, è uno specialista di privatizzazioni: la Francia ha commesso almeno un errore di forma, un'ingenuità. In Inghilterra la «tutela» pubblica sulle imprese privatizzate è stata assicurata con il sistema del «golden share-: azioni (rimaste allo Stato) che garantiscono il diritto di avere l'ultima parola nella scelta dei dirigenti e della struttura del capitale. Ma il •golden sharem vale di fronte a tutti gli altri azionisti: nazionali come stranieri. E' una precauzione abile e non una discriminazione contraria agli accordi Cee. come quella prevista — per ora — all'articolo 10 della legge francese. L'aspetto internazionale della polemica ne sta innescando anche uno interno che si comincia ad avvertire tra i politici e sulla stampa: l'indipedenza nazionale si difende davvero impedendo che dei capitali europei entrino nelle imprese da privatizzare senza tetti governativi? Per di più, tutti 1 Paesi della Cee si sono impegnati a realizzare il «mercato unico europeo' che dovrebbe vedere la luce nel 1092. Ma in Francia, oggi, sia Mitterrand sia Chirac sembrano guardare ad una scadenza molto più vicina: le elezioni presidenziali dell'88. Enrico Singer

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