Schirinzi solitudine di guitto

Schifimii, solitudine di guitto Ad Asti «Il teatrante» di Bernhard con lo Stabile di Bolzano Schifimii, solitudine di guitto E' l'ultimo lavoro dell'autore di «Muletti» - Grande tensione espressiva del protagonista DAL NOSTRO INVIATO ASTI — Incluso all'ultimo istante nel cartellone di Asti Teatro 8, per rimediare ad una marachella del. Teatro dell'Elfo, Il teatrante di Thomas Bernhard, prodotto dallo Stabile di Bolzano, per la regia di'Marcò Bernardi, protagonista Tino Schirinzi, non ha certo fatto sfigurare i solerti organizzatori della rassegna. E' l'ultimo dramma di Bernhard', lo ha presentato l'anno scorso a Salisburgo il suo plU fedele regista, Claus Peymann, che ora s'appresta a riproporlo nell'austera sala del Burgtheater di Vienna, di cui è il neodirettore. Bernardi, che nell'acquisto dei diritti è di mano lesta, se lo è accaparrato, come aveva già fatto con Minetti, portato per due stagioni con successo in tournée con Gianni Galavotti. Di quel Minetti questo Teatrante è in qualche modo un seguito: del resto una grossa parte della produzione scenica di Bernhard è monotematica: riflette sul teatro, sull'impossibilità di tradurne appieno tutte le prodigióse e misteriose valenze, e sul fascino, terribile e mortale, di codesto scacco. Il 'eatrante del titolo è tal Bruscon originario di Bergamo, guitto itinerante in paesini sperduti delle vallate austriache, nelle cui fumose e maleodoranti sale d'osteria mette in scena una sua commedia ciclica (da proporre, se davvero esistesse, a Ronconi), La ruota della storia, con Federico II e Voltaire, Napoleone e Metternich, Churchill e Einstein, tra le dramatls per sonae. Bruscon non è solo, ma è come se lo fosse: recitano con lui un figlio svanito, una figlia ottusa, una moglie cronicamente infermlccia: e, comunque, anche se i suoi famigliari fossero di tutfaltra stoffa, non saprebbero scalfire neppure per un istante, la mostruosa megalomania e misantropia del loro capofamiglia. 1 ■ ■■.■1*S&K:. Qui il discorso di Bernhard sul teatro si allaccia a quello, in lui complementare, sull'esistenza, vissuta come irreparabile alterità, come atroce solitudine: e mentre sul versante metateatrale, il testo (come sempre, in versi lessinghiani, assai ben tradotti da Umberto Gandini) non propone, mi sembra, novità sostanziali rispetto al già citato Minetti, su quello esistenziale c'è una carica di sgomento in più, che sfocia in bellissime trovate di comicità nera: segno che dietro quell'angoscia claustrofobica c'è una gran voglia di comprensione e d'amore. Il regista Bernardi vtarca un punto a suo favore nella sinistra ambientazione della vicenda, che lo scenografo Gisbert Jakel ha calato in unatetra «stube» di montagna, il soppalco nerastro a portelli, le pareti umide tappezzate di corvi neri impagliati e del non dimenticato dagherrotipo del FUhrer. Meno ci persuade la regia nella ritmica della messinscena, che ci pare, almeno per ora (siamo òlla quarta replica), slegata, con non comprensibili allentamenti: e il ritmo in Bernhard è tutto, le sue sono in qualclie modo partiture, da siglare e rispettare come quelle musicali. Questa . osservazione non vale, per fortuna, per il protagonista, che o per virtù autoctona o perché il regista ha concentrato su lui i maggiori sforzi, una tempistica se l'è già trovata e ne fa sfoggio per due ore piene con mirabile disinvoltura. Tino Schirinzi ha di Bruscon, voglio dire allo stato di natura, un'almeno apparente riottosità, un aristocratico fastidio per la mediocrità, un tutto suo e tutto solitario approdo all'espressività. Questo particolare modulo espressivo (la finta indolenza, lo strascica: talvolta fa' battuta, le impercettibili variazioni tonali, gli estri continui di una gestualità minimale è nel suo Bruscon potenziato al massimo, con esiti di una tensione rara: sino a quel commovente finale, tutto in chiave di delirio, quando il teatrante muore, dopo aver geU tato un ultimo sguardo sulla sala vuota. Pubblico molto attento, caldissimi applausi a Schirinzi e compagni, che sono la Lumini, la Mida, la LóscKla Fingerle, e tra gli uomini, il Sansavini e l'Emeri. Guido Davico Bonino

Luoghi citati: Asti, Bergamo, Bolzano, Salisburgo, Vienna