Palazzo Nervi, una scatola che sta ingoiando denaro di Gianni Bisio

Palazzo Nervi, una scatola che sta ingoiando denaro Costruito nel '61, è diventato un improprio contenitore multiuso Palazzo Nervi, una scatola che sta ingoiando denaro D Comune poteva acquisirlo nell'82 per 2 miliardi, oggi lo Stato ne chiede 16 Che cosa succede del Palazzo del lavoro di via Ventltnlglia? n grande parallelepipedo di cristallo e cemento, costruito nel '61 su progetto di Luigi Nervi per le celebrazioni dell'Unità d'Italia, a lungo obiettivo di polemiche sulle •opere inutili e faraoniche; continua a soffrire per il suo incerto futuro (e di conseguenza per la scarsità di manutenzione), e per l'uso improprio delle sue strutture, diventate contenitore delle più diverse attività, senza esserne ad esse destinate. Dalla storia dell'edificio, rivisitata alla luce degli ultimi avvenimenti, emergono episodi sconcertanti sulla gestione della cosa pubblica: per esempio, come pagare 16 miliardi quello che due anni prima costava 2. . Dopo aver ospitato dal '65 migliala di giovani del Terzo Mondo, che frequentavano i corsi del Bit (nell'ai sono stati trasferiti nel campus lungo il Po), il palazzo di Nervi ora accoglie gli uffici dell'assessorato al Lavoro, il Centro cartografico regionale, l'Istituto Quazza, il Consorzio per lo sviluppo dell'elettronica e dell'automazione (Osea), aule dell'Università, una sezione dei vigili urbani, alcuni uffici della Promark (e le sue rassegne, quando ci sono), cantieri di lavoro per il catasto. Lo spazio e utilizzato al 70-75 per cento, ma solo come una scatola d'emergenza: si mette 11 quel che non trova collocazione altrove. n palazzo è di proprietà dello Stato: il 28 novembre 1963, l'allora sindaco Anselmetti firmò una convenzione che assegnava il palazzo a Torino per 19 anni (affitto simbolico, 5 mila lire annue) perché fosse destinato al Bit. n Comune peraltro po¬ teva acquisire la proprietà allo scadere dell'accordo •previa l'assunzione in proprio del mutuo con la Cassa depositi e prestiti»: in sostanza, nel 1982, con 2 miliardi e 50 milioni l'immobile sarebbe potuto diventare proprietà della Città. Si decise diversamente, preferendo trasferire il Bit negli adiacenti nuovi padiglioni (6 mila metri quadrati) per risparmiare sugli altissimi costi di gestione. Prima sorpresa nel febbraio '84: il palazzo, nel famoso mpiano delle permute» Etato-Comune-Provincia, è valutato dall'Ute 15 miliardi e 900 milioni: come dire che con la mancata decisione sul vecchio mutuo si sono gettati 14 miliardi. Ma i guai non finiscono con questa perdita secca. Dopo inutili discorsi sulla trasformazione del palazzo in un Centro congressi, si ri¬ piega sul suo uso come «contenitore d'emergenza». Si chiede la proroga della convenzione per due anni: la «non risposta» dello Stato viene interpretata come tacito assenso e il Comune, che nell'84 chiede di avere l'immobile per altri 6 anni, continua a metterci gli uffici più diversi, spendendo per di più centinaia di milioni per la gestione. Ma, a questo punto, l'Intendenza di Finanza manda il conto, e non sono più le 5 mila lire all'anno: 1165 milioni per l'affitto '82-84, 975 milioni per 1*85, altrettanti per ì'86. Anche la Promark si vede recapitare un'ingiunzione di pagamento per 840 milioni: 210 per 1*85. 630 «ver l'occupazione senza fi-, tolo dell'immobile nei triennio precedente». Il contratto con il Bit (a cui la Promark ha versato 360 milioni in 3 anni) viene considerato tir- rilevante» perché il Bit non aveva facoltà di affittare: •E' stata un'utilizzazione "extra legem" — affermano all'Intendenza di finanza — perché è stato concesso ad uso diverso dal previsto. E noi ora chiediamo i canoni risarcitoli». Anche un'agenzia di viaggio, ora trasferita, avrebbe -affittato» al Bit allo stesso modo. Si chiede l'assessore ai Lavori pubblici. Porcellana: «Possiamo spendere oggi miliardi di manutenzione ordinaria e straordinaria per un immobile che non è nostro, anche se avremmo potuto averlo per soli 2 miliardi? Per di più è un palazzo di cui non sappiamo ancora che fare. In ogni caso occorre accelerare il piano delle permute e decidere per un'utilizzazione degna, propria, adeguata. Quella attuale non va proprio bene». Gianni Bisio

Persone citate: Anselmetti, Luigi Nervi

Luoghi citati: Torino