Delitto Peci le Br cercavano di far dimettere Palla Chiesa di Ermete Grifoni

Delitto Peci, le Br cercavano di far dimettere Palla Chiesa Parla il superpentito Bozzati e gli irriducibili abbandonano l'amia Delitto Peci, le Br cercavano di far dimettere Palla Chiesa DAL NOSTRO CORRlSPONDSWrE ANCONA — Eccolo. Roberto Suzzati, brigatista pentito, jeans, maglietta chiara e scarpe da tennis. Entra nell'aula delle assise di Ancona con passo atletico mentre gli irriducibili, con Senzani in testa, abbandonano in gruppo le gabbie. Una protesta che ha l'esplicito tono del disprezzo. «Non abbiamo niente da ascoltare», annuncia Senzani. Buzzati. invece, ha molto da dire e fin dalle prime battute premette che, raggiunto il riscatto con il pentimento, dopo lungo travaglio, non ha alcun interesse a travisare la realtà oppure a distorcerla col suo racconto. Vive agli arresti domiciliari in una località sconosciuta. Ora lo circondano quattro carabinieri, anche lo spiegamento della sorveglianza in aula è rinforzato. Nessuno lo può fotografare. Via dall'aula anche i registratori — avverte il presidente Rebori —: la voce di Buzzati, molto caratterizzata nei toni metallici, potrebbe farlo identificare. A guardarlo bene, con quei baffi e il viso tirato sugli zigomi, lo sguardo un po' vitreo, si pensa che forse è ricorso al trucco. Ricorda con distacco, ma non senza tradi¬ re talora una certa emozióne, la spedizione punitiva che aveva per obiettivo Roberto Peci, fratello di Patrizio, il più famoso trasfuga delle Br. Gli viene contestata l'aggravante di un disegno criminoso a fini eversivi, ma Buzzati non si scompone. Si dilunga a chiarire il senso di quella assurda e crudele vendetta trasversale sollecitata dai carcerati delle Br e attuata in modo spietato da Senzani. Spiega anche che Roberto Peci, vivo o morto, aveva lo stesso peso per le Br che si ripromettevano di avere da lui soprattutto la confessione del «doppio arresto» del fratello. Nel «processo proletario» Roberto lo ammise, ma in una prigione delle Br (che era poi la casa di Buzzati in via di Tor Sapienza a Roma) i condizionamenti, anche psicologici, sono incalcolabili e ogni ammissione equivale a una estorsione. Senzani, con Petrella e Di Rocco,' assistiti da Susanna Berardi e da Natalia Li gas che fungeva da stenografa conduceva gli interrogatori. E cosi Roberto contessa che il generale Dalla Chiesa aveva catturato Patrizio Peci e lo aveva poi rimesso in libertà perche assumesse altre informazioni e guidasse i carabinieri addosso ai compagni in clandestinità. Quindi Patrizio sarebbe stato arrestato di nuovo. Queste dichiarazioni dell'ostaggio Roberto Peci, diffuse con i comunicati brigatisti avrebbero dovuto provocare le dimissioni di Dalla Chiesa e del giudice Caselli. Insomma, uno scandalo. Invece non avvenne nulla: gli stessi contrasti tra le forze politiche sulla linea da tenere per cercare di salvare la vita al povero ragazzo non sfociarono in dure contrapposizioni. Spiega Buzzati: a quel punto l'operazione Peci era fallita, restava il monito da dare ai pentiti e per Roberto non ci fu più scampo. Si consumò cosi l'inutile e cinico epilogo dell'assassinio tra 1 rifiuti di una casupola della periferia romana all'alba de! 3 agosto 1981. Buzzati ha spiegato anche come la campagna contro i pentiti avviata con il sequestro Peci si risolse in una profonda crisi che decretò il suo distacco dall'organizzazione e il suo «totale ravvedi mento». Spiega le lotte di potere e di interessi personali di Senzani, «manovre — dice — che dovrebbero essere conosciute da coloro che hanno creduto, o credono cl&tk'-Br siano qualcosa di nuovo e di diverso nella politica e nella lotta armata». Fino a giungere alla rottura con il criminologo che nel concertare il rapimento di Cesare Romiti, amministratore delegato della Fiat, a suo dire, aveva dato prova di una pericolosa improvvisazione. Il «Fronte delle carceri», infatti, fu sgominato proprio mentre indagava su Romiti. Quanto ai particolari del sequestro, Buzzati ne rivela alcuni anche inediti. All'inizio si pensò addirittura a una irruzione nel negozio dove Roberto lavorava come elettrotecnico, ma si cambiò idea perché c'erano ostacoli perula fuga col rapito. Il commando — dice — era composto da Senzani, Di Rocco, dallo stesso Buzzati che aveva il compito di intervenire eventualmente con il mitra per coprire la fuga, da Gidoni e da Stefano Petrelll. Questi è un professore di educazione fisica di Falconara che si proclama del tutto innocente e vittima di un equivoco. Buzzati gli ha puntato il dito contro, non ha dubbi: «E'proprio lui: guidò anche la moto che faceva da battistrada». Ora toccherà a Petrelli risponderei Ermete Grifoni

Luoghi citati: Ancona, Roma