L'avanzata dei colletti bianchi

L'avanzata dei colletti bianchi Gli occupati del terziario in Piemonte hanno superato le tute blu L'avanzata dei colletti bianchi E' il dato più significativo dell'ultima ricerca Ires - Dall'80 all'85 assicuratori, impiegati, bancari e dattilografe sono aumentati di quasi centomila unità, mentre l'industria ha perso 173 mila posti di lavoro e l'agricoltura 40 mila Rallenta l'emorragia demografica nella regione (4.395.000 abitanti), brusco calo tra gli anziani per r«effetto guerra» Il Piemonte ha più colletti bianchi che tute blu: per la prima volta l'esercito degli impiegati supera l'esercito dell'industria. E' il successo del terziario: assicuratori, bancari, segretarie e dattilografe. Quasi centomila posti di lavoro creati negli ultimi 5 anni, i più delicati per il mondo industriale, che ha perso 173 mila addetti, e per agricoltura (40 mila in meno): oggi il terziario guida la graduatoria a quota 811 mila, l'industria è a 736 mila, l'agricoltura a 162 mila. Una svolta storica: « Questa regione cambia pelle, riscopre la competizione, muta le sue posizioni sul mercato*, annuncia Sergio Bonazzi, direttore dell'Ires, spiegando risultati dello studio elaborato dall'istituto che si occupa di ricerche economico-sociali. Ci avviciniamo al modello della Lombardia: «Le imprese si organizsano in base al mercato, non più alla consuetudine. C'è un grande sviluppo tecnologico, ma 'automazione è flessibile e cresce il prodotto lordo per addetto, insieme con i profitti delle aziende-. Il momento è, dunque, favorevole. I germogli della crescita bene sviluppati, an che se nascono da 'dolorose potature* dell'albero-occupazione: -Tra l'SO e V85 il Piemonte ha perso 120 mila posti di lavoro. E' la testimonianza di un travaglio silenzioso: una trasformazione fredda e radicale, ben diversa da quella rumorosa degli Anni 50 e 60*. Le previsioni indicano bel tempo, ma molte cose sono ancora legate agli scenari internazionali, Secondo Terenzio Cozzi, docente di Economia all'Ate neo torinese, dal rapporto Ires si ricavano proiezioni ottimistiche: « Dalla seconda metà dell'84 il nostre prodotto lordo e i consumi di ener- già elettrica per usi industriali aumentano più che in altre regioni. Se crescerà l'Italia, il Piemonte crescerà di più*. POPOLAZIONE — In cinque anni, dall'80 all'85,11 Piemonte ha perso 122 mila abitanti e si è assestato sui 4 milioni 395 mila all'Inizio dell'86. Il calo si è. però, addolcito nell'85: soltanto 17 mila piemontesi in meno (nell'83 erano stati 23 mila). E' il risultato di un altro fenomeno molto importante: il numero dei nati si è stabilizzato Intorno ai 34 mila (39 mila noii'80). mentre il saldo negativo immigrati-emigrati (—6500 nell'81) si è ridotto a —1700. La flessione, seppure mo¬ desta, è omogenea: tutti i comprensori perdono ancora abitanti, salvo Cuneo, che aumenta leggermente. Il discorso non cambia molto (a differenza di quanto avveniva negli anni scorsi) se si considerano le città: segno che la *fuga dal cemento*, la ricerca di residenze lontane dai grossi centri urbani, si è attenuata. Un discorso particolare merita il problema degli anziani: la fascia di età al di sopra dei 65 anni si è ridotta in 4 anni di 50 mila unità. E' l'«effetto-guerra» sulle classi che hanno vissuto il primo conflitto mondiale. Cesserà fra pochi anni, e si verificherà il fenomeno opposto: dai 650 mila attuali si pas¬ serà a 690 mila nel 1991 ed a 736 mila (con un aumento di 86 mila) nel 1996. LAVORO — Dal 1980 all'85 il totale degli occupati in Piemonte è sceso da 1 milione 878 mila ad 1 milione 758 mila. Nell'industria, ad un calo di occupati pari a circa il 20 per cento, fa però da contraltare un aumento lordo (17 per cento) del prodotto per addetto. In altre parole: se nel 1980 cento persone producevano 100 milioni, òggi 80 persone producono 93 milioni. Restando ancora nel campo dei confronti: l'Indice di disoccupazione è passato in 5 anni da 100 a 177. Il fenomeno ha colpito particolarmente i maschi adulti, an¬ che perché è aumentato notevolmente il numero delle donne occupate, che sono passate dal 36.4 per cento al 38,6. Seconda conseguenza, il cospicuo incremento del lavoro autonomo: dal 28,5 al 30,1 per cento in 5 anni. Particolarmente importante lo studio (limitato alle imprese industriali della provincia di Torino) sulle cause che hanno portato all'uscita dalla fabbrica: tra l'80 e T86 l'organico si è assottigliato del 44 per cento. Le motivazioni: su 100 usciti, 63 hanno dato le dimissioni, 15 sono andati in pensione. 9 sono stati licenziati. 1 è deceduto. 1 è diventato invalido; 1 rimanenti sono compresi sotto la voce «altre cause». .. L'esodo è più sensibile nelle grandi città e si attenua andando verso la periferia. Ancora Torino come esempio: dentro la cinta urbana le unità produttive locali sono aumentate del 10 per cento e gli addetti sono scesi del 30 per cento; CASSA INTEGRAZIONE — I dati complessivi Inps parlano di un drastico ridimensionamento nel 1985: 84 milioni di ore in meno (40 per cento), rispetto all'84. Il calo è eccezionale per la Cassa ordinaria (63% in meno), mentre la cifra è ancora elevata per la Cassa straordinaria a «zero ore»: 99 milioni di ore in un anno, pur con un calo di 36 milioni di ore registrato quasi tutto in provincia di Torino. I dati confermano, quindi, l'esistenza di uno «zoccolo duro» di cassaintegrati praticamente stabili: circa 30 mila persone inquadrate intorno al terzo livello, operai e operaie senza qualifica, oltre i 50 anni, che non riescono.ad agganciare la domanda di lavoro e hanno nell'assegno Inps l'unica fonte di reddito.

Persone citate: Cassa Integrazione ? I, Sergio Bonazzi, Terenzio Cozzi